Piacere sono Marco, sono gay e oggi sono sereno
Testimonianza inviataci da Marco, 11 agosto 2013
Ho spesso percepito che la gente associasse gli omosessuali a maschi meno maschili, eccentrici negli usi e nei costumi, nella migliore delle ipotesi; vere e proprie disgrazie di famiglia o bestie da circo, quando poi a parlare erano ancor peggio, gli ignoranti.
Ignoranti, nel senso che ignorano che anche gli omosessuali, sono anzitutto persone, e come tali vivono emozioni, hanno sentimenti, sono cresciuti con un’educazione, hanno degli ideali, e come tutti, serbano nel proprio cuore il desiderio di realizzare i propri sogni.
Ciao a tutti, mi chiamo Marco, ho ventinove anni e sono omosessuale. Nella routine della vita, se qualcuno avesse aggiunto quest’ultima informazione, avrei risposto, “e chi se ne frega!” … ma, dirlo forse, può essere utile, a ricordare a chi appunto ignora, che gli omosessuali esistono.
Ho capito la mia omosessualità all’età di undici anni, quando in quinta elementare si presentò a noi tutti, un ragazzo, più grandicello di noi, alto, biondo, occhi verdi, ed io che rimasi li’ imbambolato a guardarlo, nella speranza che i miei pensieri potessero finirla di sussurrarmi quanto fosse bello..
Ero naturalmente ingenuo e niente ne capivo di sessualità, se non qualche frase per così dire sconcia che di tanto in tanto sentivo da qualche compagno un po’ più “scapestrato”… Intanto io guardavo questo nuovo compagno che presto divento’ il mio amico di banco, e per me, fu poesia.
Di cosa fosse l’amore, e di quali fossero le mie tendenze, non ne ero affatto consapevole. So solo che da quel giorno, in poi, il mio cuore si riempiva sempre di più di sentimento, quello più puro, quello cavalleresco, oggi oseremmo dire.
Cosi, alle scuole medie, conobbi un altro ragazzo, fidanzato con una mia amica, a cui dedicavo queste mie attenzioni, ovviamente non corrisposte. E poi, ancora, un altro, e ancora un altro… Già, i famosi amori adolescenziali, ricchi di passioni, di sogni, e di delusioni…
Nulla di nuovo se non fosse che, mi resi conto ad un certo punto che… si, la mia condizione, quella di essere attratto dalle persone del mio stesso sesso, mi faceva sentire a disagio. Anzi, il disagio nasceva piuttosto dal fatto di sentirmi diverso, di sentirmi strano, di sentirmi sbagliato. Infatti, come ben presumibile, i miei coetanei andavano in cerca di ragazze, e le ragazze ridacchiavano del fatto che io potessi essere “dell’altra sponda”.
Cosi, molti miei comportamenti non erano ben compresi, fra cui l’isolamento un po’ voluto e un po’ forzato; così come il circondarmi di poche persone, verso le quali però non ho avuto mai abbastanza fiducia al punto di rivelare, cosa nel mio cuore, stesse accadendo.
Durante il liceo riuscii a parlarne soltanto al quarto anno, con poche persone, un compagno e due ragazze sapevano di me. Il resto, era ignaro della mia tendenza.
Marco era un ragazzo simpatico, intelligente, divertente, un po’ strambo, talvolta depresso. Ma mai che a qualcuno sia venuto in mente di chiedersi, chi fosse veramente Marco.
Eppure Marco era un ragazzo normalissimo come tutti gli altri, con i suoi hobbies e le sue passioni; amavo le scienze naturali, tanto da esser oggi un biologo, Marco era uno scout, che ha vissuto le tappe di crescita dal reparto fino ad essere arrivato al primo anno di comunità capi, Marco era (e continua ad esserlo) innamorato di Dio, al punto da saperlo riconoscere negli altri, negli amici, nella famiglia, nel prossimo, e nella natura.
La mia omosessualità non l’ho sempre vissuta bene: c’erano periodi che mi vergognavo alla luce del mondo che mi circondasse e che seppur involontariamente, riusciva a farmi sentire un verme, un codardo, “un poco di buono”.
Con il primo anno di università, trasferendomi in una sede diversa da quella in cui ho sempre vissuto, e quindi cambiando “aria” come si suol dire, lasciando il quartiere, la parrocchia, la gente che mi aveva conosciuto per cosi dire, fin a quel momento, ho intravisto un mondo completamente diverso, un mondo che, non faceva che urlarmi quanto io fossi bello!
Bello, non di aspetto, ma bello di carattere, bello nei modi di fare, bello di cuore, bello al punto di non sentirmi mai più giudicato. Lo dico non per vanto, ma perché la bellezza nasce dall’essenza di una persona, che si presenta semplicemente per quella che è.
Piacere, sono Marco, ho ventinove anni e sono omosessuale. Non lo sbandiero ai quattro venti, non ha senso, ma quasi generalmente a chi mi chiede se ho moglie o se ho la zita, dico che ho un ragazzo, e che seppur a distanza, intrattengo con lui, un rapporto eccezionale. Senza imbrogli, senza troppi giri di parole, senza vergogna alcuna.
Negli anni dell’università ho iniziato a capire chi fossi veramente, l’accettazione è stata la cosa più difficile e forse però più soddisfacente da raggiungere. Accettazione che da buon cristiano è nata dalla riflessione che Dio è Amore, e che “Egli mi ha amato prima ancora che io nascessi “ (per chi non lo conoscesse, si legga Geremia, capitolo 1 ) . Già, sono un cattolico cristiano, e amo Dio, sebbene sulla chiesa, in quanto istituzione, avrei da ribattere su più di qualcosa..
A proposito dell’accettazione, tappa fondamentale erano i primi confronti: il primissimo, e forse il più difficile da affrontare, per ragion di logica, era quello con la famiglia. La mia famiglia, peraltro piuttosto numerosa, fra fratelli e sorelle, chi più, chi meno aveva intuito già qualcosa, col trascorrere del tempo; eppure, riuniti a quel tavolo, tremavo come una foglia al vento. Fui però diretto, avevo ben in mente che girare intorno al discorso non sarebbe servito a nulla. E come in ogni famiglia, qualcuno fu felice per me per essermi liberato di questo “peso”, qualcun altro, fece fatica, inizialmente a comprendere le mie parole..
A ruota così, cominciai a parlarne anche con i miei amici, qualcuno della “casa dello studente”, qualche collega d’università, qualche vecchia amicizia conservata nel tempo.
Dall’accettazione così, passai alla fase di consapevolezza, di me, dei miei interessi, del fatto che a me piacessero vivamente i ragazzi.
Rare sono state le occasioni di vivere anche con il corpo la mia natura. E questa è stata una scelta. Una scelta che è in coerenza con il mio essere cristiano. Perché senza un sentimento, non riesco a coinvolgermi in alcuna maniera, e poi perché l’Amore per Cristo è sempre stato al primo posto.
Si, perché ho sempre creduto nell’Amore in tutte le sue forme, senza pregiudizio e senza limite alcuno; Amore che sol quando sentivo fosse vero, reale, verso qualcuno, allora si è tramutato anche in un contatto o coinvolgimento fisico. E mi piace sottolinearlo, perché noi omosessuali, non siamo degli animali in calore, ma sappiamo avere anche noi, il raziocinio.
Per diverse ragioni, soprattutto nell’età del liceo, son stato in cura da diversi medici, luminari del cervello, psicologi e pseudo tali. Soffrivo dei famosi per così dire “attacchi di panico”.
Paura, sudorazione, blocco della respirazione per costrizione dei muscoli intercostali, ansia, pianti, svenimento. Ne ho sentito parlare, da chiunque, in classe o alle riunioni di clan, con attribuzione di significati di vario genere.
Eppure, non si intuiva che semplicemente potesse essere il desiderio di sentirmi libero, libero dal pregiudizio altrui, libero dalla prigione del mio segreto che spesso mi soffocava, libero dalla vergogna al punto di dovermi isolare.
Già, nel tempo ho invece sentito dire che noi omosessuali abbiamo una fin troppa spiccata sensibilità. Non so se è vero, so solo che l’emarginazione è il castigo che forse mi è più duramente pesato.
Riuscivo solo senza timore a guardare quella Croce, e a rivolgermi a Lui, dicendo che in fondo la mia pena fosse di poco conto. Ma nel mio sguardo, tornando a casa, l’amarezza si riaccendeva di quel nero che si può paragonare ad uno scarico industriale.
Crescendo sempre più, gli interrogativi cambiano, così ci si chiede, come vivere nella società la propria condizione? Sul lavoro? Nella comunità parrocchiale? Con gli amici?
Per fortuna i tempi stanno cambiando e l’omosessualità non è più un dramma sociale; spesso continua ad esserlo solo per il singolo individuo che deve compiere i primi passi.
Ma oggi, a ventinove anni, ringrazio Dio per avermi creato così per come sono, per avermi messo accanto delle persone che mi amano realmente, la mia famiglia e i miei Amici, in maniera assolutamente incondizionata.
Per avermi accettato e per avermi accolto considerando solo ciò che sono diventato, indipendentemente dal mio orientamento.
Gli attacchi di panico, oramai sono solo un ricordo, vivo in me perché mi hanno permesso di crescere. E sebbene, molta gente che ho conosciuto, si sia allontanata e abbia voluto “disconoscermi”, la ringrazio, perché mi ha permesso di capire cos’è giusto e cosa non lo fosse.
E continuare a nascondermi, credo non lo fosse, perché in fin dei conti, nulla di male ho fatto, alla società né al mondo.
Piacere, sono Marco e sono omosessuale. Significa semplicemente che amo una persona del mio stesso sesso. E’ questo ciò che realmente conta, e che mi fa’ essere una persona come tutte.
Amo. Con i miei limiti, con i miei pregi e con i miei difetti.
Questo è sufficiente, questo è forse l’essenziale.
Amare. Avere il diritto di poterlo fare, senza colpe alcune, senza remore, senza timori, senza giudizi. Amo il mio ragazzo, e amo, seppur in forma diversa, naturalmente, anche i miei amici, per me una seconda famiglia.
Piacere, sono Marco e sono omosessuale. Infine desidero dire che sono una persona serena. E forse è questo che veramente importante, perché è la serenità del proprio cuore che ci guida e ci accompagna nel fronteggiare le varie circostanze della vita, anche quando questa talvolta ci sembra essere avversa.
Spero questa piccola testimonianza personale di vita possa essere stata interessante per qualcuno. Buona vita e siate voi stessi, persone libere e felici, con Dio nel cuore sempre.
Marco