Politici omofobi e coronavirus. Come si fa a non notare certe coincidenze?
Riflessioni di Massimo Battaglio
Come si fa a far finta di niente quando si apprende che il ministro israeliano Yaakov Litzman si è ammalato di coronavirus? Aveva accusato le persone omosessuali di aver causato la pandemia; adesso ne è coinvolto lui. Brutta notizia, certo, ma singolare.
E come si fa a non notare che la banda degli omofobi istituzionali italiani – Salvini, Meloni e allegati Pillon e Brosio – è la stessa che ora spara cretinate sulla necessità di riaprire le chiese per Pasqua? I vescovi sono stati chiarissimi: hanno accettato i limiti imposti dalla situazione e hanno invitato a studiare nuove forme di preghiera comunitaria virtuale. Giusto o sbagliato che sia, è l’indicazione, ragionata e discussa, presa non a cuor leggero e quindi attuata da tutti. Tranne che da loro, finti devoti che, di Chiesa, dimostrano ancora una volta di non capire niente. Esattamente quanto capivano di omosessualità. Per loro, ogni argomento, ogni emozione, sono buoni unicamente per far colpo.
Mi vengono due battute, una seria e una gotica. Cominciamo da quella gotica, così ci prepariamo la bocca: vadano loro, in chiesa a Pasqua, sani e malati, in massa. Poi vediamo tutti insieme l’effetto che fa. E quella seria è: eravamo abituati alle ingerenze della Chiesa sui governi; non avevamo ancora visto quelle sulla Chiesa da parte dell’opposizione. Sembra una fregnaccia ma corrisponde a un’altra ancora più grande.
Ancora: come si fa a ignorare che i “pieni poteri” di Viktor Orbán hanno avuto come primo effetto, come primo provvedimento preso, non un piano contro il coronavirus ma una specie di editto in cui si vieta alle persone transessuali di compiere il loro percorso in Ungheria? Sembra che omofobia e dittatura vadano a braccetto: l’una trova nell’altra il suo nido; non si capisce qual è l’uovo o la gallina; fanno coppia fissa.
E di nuovo: da dove arrivano gli applausi? Dai medesimi che vogliono aprire le chiese a Pasqua nonostante il coronavirus.
“Oggi, in Europa, quando si cominciano a sentire discorsi populisti o decisioni politiche di tipo selettivo non è difficile ricordare i discorsi di Hitler nel 1933, più o meno gli stessi che qualche politico fa oggi”.
Sono alcune delle parole di papa Francesco pronunciate durante un’intervista rilasciata l’8 aprile a La Civiltà Cattolica. Dicono tutto ma, per maggior chiarezza, vengono articolate subito dopo:
“Questa crisi ci tocca tutti: ricchi e poveri. È un appello all’attenzione contro l’ipocrisia. Mi preoccupa l’ipocrisia di certi personaggi politici che dicono di voler affrontare la crisi, che parlano della fame nel mondo, e mentre ne parlano fabbricano armi. È il momento di convertirci da quest’ipocrisia all’opera. Questo è un tempo di coerenza. O siamo coerenti o perdiamo tutto”.
Le persone lgbt, caro Yaakov Litzman, caro Viktor Orbán, non c’entrano niente. Come al solito.