Populismo, politica, paure e cristianesimo evangelico
Riflessioni di Carlos Osma pubblicate sul suo blog Homoprotestantes (Spagna) nel novembre 2018, liberamente tradotte da Stefano M.
A me il concetto di “politici cristiani” fa accapponare la pelle, e mai mi verrebbe in mente di votare per un partito politico che pretendesse di modellare la Costituzione e la democrazia alla sua specifica lettura della Bibbia.
So che in altri luoghi si vive in modo diverso, però in Europa abbiamo una certa allergia a questo tipo di proposte, dato che la nostra esperienza storica non è stata positiva. D’altra parte, siccome la maggior parte delle “politiche cristiane” si basano sul riaffermare i diritti degli uomini eterosessuali bianchi, ricchi e conservatori, un uomo gay come me le vive come una minaccia. E, infine, penso che, se la strategia più evangelica di trasmettere la buona novella di Gesù passasse attraverso detenere il potere politico sufficiente per poterle imporre, Dio stesso avrebbe fatto nascere Gesù in casa dell’imperatore Cesare Augusto.
Sembra che il movimento “evangelicale” non la pensi nella stessa mia maniera, e dato che è ufficiale che la sua strategia consiste nell’arrivare ai Parlamenti dei rispettivi Paesi, non si limita a esigere rispetto per le sue convinzioni religiose, bensì cerca di imporre al resto della società la sua visione machista, etero-normativa e contro i diritti riproduttivi delle donne.
Questi sono solo alcuni esempi, anche se ne potrei aggiungere molti altri, perché la tabella di marcia delle politiche ”evangelicali” ha a che vedere col dire alle persone cosa possono (o soprattutto, cosa non possono) fare della loro vita, così limitando la libertà individuale.
Un altro loro campo di battaglia è l’istruzione, in realtà preferirebbero che i loro figli apprendessero geografia, storia, sessualità o biologia in chiesa, e che la Bibbia fosse l’unico libro di testo. Però, siccome non possono (ancora) imporre a tutto il mondo l’obbligo di far parte della chiesa, fanno di tutto per cercare di sradicare i centri educativi, tutto ciò che abbia a che vedere con il potenziamento della capacità critica, il rispetto per la diversità, la capacità di parlare di qualsiasi cosa… Lo fanno per salvare i propri figli e le proprie figlie. O così dicono, perché è evidente che si tratta di codardia, di paura che i loro figli abbiano l’opportunità di scegliersi un mondo diverso dal loro… Detto in altro modo, vogliono impedire ai loro figli la libera scelta del Vangelo. E senza libera scelta, si può parlare di Verità (quella che conoscono sapendo leggere alla lettera), ma non di Vangelo.
Quello che risulta più incomprensibile, o, in base a come si guardi la questione, quello che mostra l’essenza “dell’evangelicalismo”, sono i compagni di viaggio che si è scelto per raggiungere il prima possibile i suoi scopi.
Negli Stati Uniti, per esempio, si sono alleati con Donald Trump, di cui tutto il mondo conosce i rapporti a pagamento con prostitute, che ha chiamato animali le persone immigrate senza documenti, o che ha scritto tweet con insulti razzisti nei confronti di varie persone afroamericane, affermando che hanno un basso quoziente intellettivo.
In Brasile ha portato alla presidenza di Jair Bolsonaro, che si è posizionato a favore del libero commercio di armi, della tortura, che ammette di aver sbagliato con il suo quarto figlio perché gli è uscito di sesso femminile, e che pensa delle persone che vivono nelle “quilombas” (comunità di discendenti degli schiavi africani) che non servono nemmeno per procreare. E potremmo continuare con i capi “evangelicali” degli altri Paesi americani, però, per non dilungarmi, terminerò con un tocco umoristico (se non fosse per quanto di patetico porta con sé), e mi soffermerò sulla (grazie a Dio) irrilevante comunità “evangelicale” spagnola, che nel suo mezzo di comunicazione per eccellenza, Protestante Digital, dà copertura tramite un’intervista ad un partito populista di ultradestra, anti-immigrazione e anti-islam come VOX.
Sembra evidente che “l’evangelicalismo” ha scelto la paura come motore del cambiamento sociale. Parlavo con una amica che vive a San Paolo, e mi commentava che era stata la paura per l’insicurezza cittadina che si vive in molte città del Brasile che ha portato Bolsonaro alla presidenza.
Allo stesso modo, è stata la paura delle minoranze ciò che ha portato l’America bianca a votare per Donald Trump. Paura di restare senza lavoro, che se lo porti via uno “straniero”. Paura della minoranza “evangelicale” spagnola di essere trascurata, ignorata, per la sua irrilevanza, dal potere politico. Paura che i valori tradizionali non siano egemonici. Paura che le loro figlie diventino delle lesbiche femministe a causa di ciò che viene inculcato a scuola. Paura che un cristiano non possa esprimere liberamente le proprie posizioni machiste o transfobiche. Paura che l’Occidente perda la sua identità cristiana. Paura, paura e ancora paura… ”gli evangelicali” si sentono attaccati, e hanno paura. Per questo si sono ribellati, e hanno deciso di difendersi con le unghie e con i denti.
Non condivido l’idea di chi ritiene che il cristianesimo debba essere apolitico… so che è possibile vivere la fede cristiana come evasione, come speranza in un aldilà che ha nessun collegamento reale con il mondo, né capacità di trasformarlo. Tuttavia, non mi è molto chiaro come queste visioni cristiane di evasione possano trovare fondamento nel Vangelo.
Il Cristianesimo è politico perché parla di un coinvolgimento nella vita reale delle persone per nobilitarle, e anche della natura per proteggerla. Però mi rifiuto di credere che la paura debba costituire il fondamento delle sue politiche. Come qualsiasi altra dimensione, deve essere in relazione con l’evento della Crocifissione e la Resurrezione di Gesù. E in quella circostanza ci viene rivelato un Dio che soffre per l’ingiustizia, un Dio che non è astrazione, che si lascia intravvedere in un essere umano marginale e scomodo che cercò di nobilitare e liberare gli altri esseri umani, ma che fu crocifisso da un potere che si sentì minacciato da lui.
Di fronte a questa ingiustizia, la Croce non induce al rancore, ad una alzata di muri per proteggersi, e nemmeno all’imposizione politica della fede cristiana, bensì alla speranza. Ma non alla nostra speranza, bensì alla speranza di Dio. Perché lo Spirito di Dio che resuscitò Gesù ci apre al futuro e alla vita, ad alzarsi dalle tombe a coloro che sono stati trattati ingiustamente, alla solidarietà, alla pace e al rispetto di tutta la creazione. Forse questi princìpi ci possono portare ad avvicinarci a diverse posizioni politiche, ma sono incompatibili con quelle che non rispettano i diritti di tutti gli esseri umani, e sono insensibili alla diversità all’interno della creazione divina.
Le politiche che nascono dal Vangelo sono politiche basate sulla speranza. E solo queste politiche possono dare delle risposte alla complessità delle nostre società. Sono politiche sempre lontane dal populismo, perché sono scomode, perché ci fanno perdere uno spazio di privilegio per condividerlo con altri esseri umani. Non vivono di sondaggi, né di risentimento, né del potere di persuasione dei mezzi di comunicazione. Nemmeno della paura, né della speranza di costruire un mondo che funzioni secondo i princìpi morali che gli “evangelicali” considerano cristiani. Vivono della speranza concretizzata in ogni azione di liberazione e nobilitazione del nostro prossimo, e di coloro che non consideriamo nostro prossimo.
Ci tocca ora levarci contro i populismi “evangelicali” per smascherarli come populismi della paura, e non del Vangelo. Mi rallegra sapere che ci sono movimenti cristiani in tutto il mondo che hanno il coraggio di denunciare le politiche “evangelicali” che si sono saldate all’ultradestra, quelle politiche che attentano alla dignità dell’essere umano, al Vangelo.
Viviamo tempi convulsi, in cui molte persone vogliono credere alle ricette semplicistiche dei populisti, e in cui gli “evangelicali” non vedono altra uscita alle loro proposte antiquate che allearsi con i capi politici ultraconservatori. Invece di andare verso il precipizio, verso l’autodistruzione, dobbiamo invitarli a porre nuovamente il loro sguardo sulla Croce per riorientare le loro posizioni. C’è molto dolore e assurdità nella Croce, però lì ci viene rivelato in modo chiaro qual è l’unica maniera di trasformare il nostro mondo: con quella speranza incarnata in coloro che non contano, per conseguire un mondo di uguali nella diversità, che rispetti tutta la creazione.
Testo originale: Populismo, politica, miedo y cristianismo