Possiamo educarci alla felicità? Le “Leggi” di Platone e il DdL Zan
Lettera aperta inviata da Antonio De Caro di Parma alle Senatrici e ai Senatori della Repubblica Italiana per chiedergli “di approvare SENZA modifiche il ddl Zan contro l’omotransfobia”
Onorevole Senatrice, Onorevole Senatore della Repubblica, impressiona notare quanto spesso, nelle Leggi di Platone (il suo ultimo dialogo), ricorrano le parole che riguardano la felicità. Per Platone, è essenziale che le leggi dello Stato rendano felici le persone, sia come individui sia come società: «il progetto delle nostre leggi si orientava in questa direzione: fare in modo cioè che i cittadini siano il più possibile felici e quanto più concordi fra di loro» (Platone, Leggi 5.743).
È un principio di cui dovremmo ricordarci sempre: che le leggi dovrebbero permettere una vita buona e bella per le persone che, più delle ideologie o degli interessi faziosi, restano al centro della cura della politica.
Il DdL Zan, a mio avviso, rappresenta un tentativo per prendersi cura di quelle persone che subiscono derisioni, maltrattamenti, umiliazioni, semplicemente per quello che sono. Da uomo omosessuale so bene di che cosa sto parlando, e vorrei che la politica – e la Chiesa – ascoltassero la nostra competenza esistenziale, che nasce non dalle ideologie ma dall’esperienza vissuta.
Inoltre, da insegnante, vedo e so che questa sofferenza investe di più gli adolescenti e i giovani, che vivono un’età assai fragile: hanno un impellente, disperato bisogno di essere accettati nel gruppo dei pari, poiché questa integrazione dà loro forza. Ma, se scoprono dentro di sé un’identità LGBT, imparano presto a vivere nel disagio.
La violenza omotransfobica (psicologica, verbale o fisica), infatti, impedisce loro la libertà di potersi presentare o raccontare per quello che sono, e quindi di stabilire relazioni autentiche, forti e nutrienti.
La violenza omotransfobica – esattamente come il razzismo – minaccia l’identità e colpisce al cuore il modo di essere delle persone, che rischiano così di introiettare, con la paura, un profondo disprezzo e odio per se stesse.
La mia coscienza e il mio compito di insegnante mi spingono a volermi prendere cura di questa sofferenza e a prevenirla attraverso l’educazione all’accoglienza: la classe di oggi, infatti, è la società di domani.
In questo microcosmo umano, io dispongo della libertà di espressione ed anche della libertà di insegnamento, garantite entrambe dalla Costituzione democratica: ma mi guardo bene da atteggiamenti offensivi per la dignità delle mie allieve e dei miei allievi, pretestuosamente giustificati da una male intesa “libertà di opinione”.
Se io provassi o manifestassi disprezzo verso l’origine etnica, il colore della pelle, l’identità culturale o religiosa di qualcun* di loro, spero vivamente che ci sia un’autorità che mi sospenda e mi sanzioni, allontanandomi dalla cattedra: poiché l’opinione di chi ricopre un ruolo esemplare facilmente alimenta la mentalità sociale e può, quindi, suscitare nei giovani (cioè nei futuri cittadini adulti) la perversa idea che sia giusto disprezzare qualcuno e manifestare questo disprezzo con le parole o con i gesti.
A scuola voglio e devo tramettere agli allievi due messaggi:
1) se sei una persona LGBT, sappi che hai diritto ad essere accolt* e rispettat* per quello che sei, in sicurezza e serenità;
2) se non sei una persona LGBT, sappi che nella comunità (scolastica o sociale) valgono i princípi della Costituzione Italiana ed Europea, cioè abbiamo tutti il diritto-dovere di convivere pacificamente attraverso il rispetto reciproco.
Se la tua famiglia ti insegna a disapprovare l’omosessualità o la transessualità, sei liber* di mantenere tale opinione ma sei tenut* a convivere civilmente con chi ha un’opinione o un orientamento diversi. Puoi esprimere liberamente i valori in cui credi (per esempio, l’ideale della famiglia tradizionale), ma senza che questa opinione diventi disprezzo per chi crede (anche) in altri valori.
Il codice penale ha lo scopo di reprimere i fatti di violenza, ma l’educazione può prevenirli: decostruendo i modelli tossici (per esempio, l’idea che la mia “forza” si misuri in base al grado di sofferenza che posso infliggere) e formando personalità sane.
Nessuno, a scuola, si sognerebbe mai di coartare la libertà degli allievi e di imporre loro qualsivoglia orientamento sessuale: l’obiettivo è, piuttosto, di mostrare che si è veri uomini (nel senso di esseri umani, ma anche di maschi) se la propria forza viene usate per costruire, e non per distruggere; per proteggere, non per offendere; per infondere coraggio, e non paura.
L’azione educativa, che il DdL Zan promuove all’articolo 7, ha lo scopo -come le Leggi di Platone- di rendere gli individui più sicuri per mezzo dell’autostima e la comunità più umana per mezzo dell’empatia, poiché a scuola, come nella vita, noi siamo chiamati ad essere persone in relazione con altri, responsabili del benessere nostro e della comunità.
Ora, non capisco perché questi valori, che GIUSTAMENTE devo avere e praticare nel mondo scolastico, non debbano investire la società nel suo complesso, riguardo tutte le caratteristiche delle persone che vanno tutelate e rispettate, come l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Forse i valori cui ispiro la mia azione educativa decadono per il resto della società?
«Ma non dovrebbe essere soltanto il legislatore che, fra gli scrittori, fornisce consigli sulla bellezza, l’onestà, e la giustizia, insegnando in che cosa consistono, e come devono essere praticati da coloro che vogliono essere felici?» (Platone, Leggi 9.858).
Chiedo scusa se ho disturbato sottraendoLe tempo prezioso. Grato per la cortese e sensibile attenzione, porgo distinti saluti.
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