Preghiera di riparazione per il Gay pride? Perchè da cattolico dico No a queste iniziative
Articolo pubblicato su Bergamonews il 10 Maggio 2018
Giacomo Angeloni, assessore a Bergamo e cattolico praticante interviene dopo aver letto della veglia di preghiera organizzata dal Popolo della famiglia “in riparazione del Gay Pride” in programma in città il prossimo 19 maggio. Il movimento che fa capo a livello nazionale a Mario Adinolfi aveva chiesto al sindaco Giorgio Gori nei giorni scorsi di negare il patrocinio.
«Gentilissima direttrice, da quando mi occupo a tempo pieno delle materie che il sindaco mi ha affidato nel 2014, è raro che esprima il mio pensiero su episodi slegati dalla mia attività amministrativa, poiché credo nell’importanza della distinzione dei ruoli. Tuttavia, non posso tacere la mia amarezza e il mio sconcerto dopo aver visto il volantino della veglia di preghiera, ripreso anche da un articolo sul suo giornale.
Da amministratore e politico ritengo che non ci sia nulla da “riparare” dopo il Gay Pride, importante manifestazione che sta riscontrando un successo di adesioni in città e che vuole porre al centro dell’attenzione il tema delle discriminazioni, di cui l’Italia ha ancora un enorme bisogno.
Da cattolico praticante penso alle periferie esistenziali di cui Papa Francesco parla quotidianamente. Le sue frasi di accoglienza, così evangeliche, stridono enormemente con quel volantino che allude ad una implicita condanna a chi frequenterà il Pride, usando in modo meschino ed erroneo quanto per noi cristiani è rappresentato dall’eucaristia, il cui senso profondo include e non discrimina.
L’uscita del volantino, inoltre, rovina un clima di dialogo e rispetto reciproco instaurato tra la diocesi e le organizzazioni promotrici del Gay Pride, le quali si sono mostrate sensibili e attente nel valutare la data dell’evento, in modo da non creare sovrapposizioni con la pellegrinatio del Papa Buono.
Ho la triste sensazione, o forse la speranza, che i Frati Cappuccini, che tanto si spendono nei servizi caritativi, non abbiano compreso l’intento strumentalmente denigratorio sotteso a questa iniziativa, promossa da associazioni, private ed indipendenti, senza un vero riconoscimento ecclesiale.
Se sul volantino il titolo fosse stato “riparazione per l’Islam o riparazione per l’invasione dei clandestini”, forse, la risposta di molti sarebbe stata più netta e sentita. Ma in fondo si parla sempre di comunione nelle differenze che, cristiani adulti e cittadini consapevoli, dovrebbero saper distinguere.
“Accogliere e accompagnare omosessuali e trans, questo è quello che farebbe Gesù oggi”, così dice il Papa. Sarebbe più opportuno, quindi, seguire questa indicazione pastorale e non rischiare di incitare all’odio e alla discriminazione, almeno non in Chiesa.
Riterrei importante riflettere e pregare per le vittime di omofobia, persone discriminate, escluse, aggredite e anche uccise o spinte al suicidio da questa società così distratta e impaurita dall’alterità.»