«Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» (Lc 5,1-11). La radicalità senza sconti di Gesù.
Restituzione* dell’incontro del gruppo PAROLA… E PAROLE** di Roma del 26 Febbraio 2019
Perché tanta difficoltà di fronte a questo brano del Vangelo (riportato di seguito)? La proposta di Gesù sorprende, sembra davvero impossibile, almeno di primo acchito. “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”, dice Gesù. E la risposta di Simone è giustamenteun po’ scettica: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Era la notte il tempo propizio per la pesca, era di notte che le barche andavano a pescare. Ma quella notte niente. Gesù li invita a riprovarci e Simone si fida: “Sulla tua parola getterò le reti”. Così Gesù si avvicina a Simone e agli altri.
Qual è la chiave con cui Gesù si avvicina a noi? Quando mi lascio stupire, sorprendere da Gesù?
La barca si discosta dalla terra ferma e dalla barca Gesù insegna. Va verso il mare aperto, lontano dalle beghe della vita quotidiana, osserva qualcuno nel gruppo. Sembra essere questo il luogo, questa la condizione per comprendere che nella parola di Gesù c’è unapotenza, una ricchezza di vita che, se accolta, può fare fiorire forme nuove e inedite di vita. Rimanere imbrigliati ci impedisce di fare quel salto che Simone riesce a fare: “Sulla tua parola getterò le reti”. Simone ha capito.
Andate controcorrente, andate nella direzione opposta rispetto a quella cui siete abituati, o che vi sembra ovvia. È questo l’invito di Gesù. Fidatevi! Affidatevi a quella che sembra essere una proposta strana, assurda, che non sembra portare nulla di sicuro e concreto.
Questa indicazione di Gesù rimanda ad un presente quotidiano in cui rimane difficilissimo perdere il controllo e andare verso l’ignoto: “Voglio essere io a gestire e indirizzare la mia vita, tenendo ben stretto il controllo, senza lasciarmi andare”. Quello che ha cambiato il mio percorso spirituale e la mia fede è stato l’incontro con un’altra donna. Prima la mia vita spirituale era quella di chi si sente a posto. Con lei sono caduta dalla normalità all’anormalità. È quando mi sono sentita sbagliata che ho fatto il mio incontro con Dio. Gesù non incontra il giusto e il sano, ma lo sgarrupato, come mi sento io.
Le certezze sono strafinite – sottolinea una di noi – anch’io mi sento sul baratro. Le donne omosessuali, molto più degli uomini, si autoescludono. Il dolore per la propria condizioneporta all’isolamento, nella convinzione che il proprio mondo non lo possa capire nessuno.“Signore, allontanati da me perché sono un peccatore”, dice Simone a Gesù. Anziché sentirsi attratto da Gesù, Simone lo vuole quasi evitare, si vuole allontanare, perché si sente indegno. Ed io mi identifico con Simon Pietro: “Anche io – confessa – mi sento indegna e mi allontano dal mondo perché sono troppo complessa. Quando non sei stata accettata dai tuoi genitori, così come sei, quella crepa rimane per sempre. L’unica strada percorribilesembra essere quella dell’autoesclusione e dell’autoisolamento. Mi porto dietro il destinodell’inaccettabile. E mi porto dentro la colpa di aver imposto il silenzio ai figli, perché il padre non me li togliesse. Difficile uscirne fuori”.
E c’è chi nel gruppo si identifica con i pesci e si interroga se è tra quelli che sono stati già pescati o tra quelli non ancora presi; si chiede quali siano state nel suo percorso di fede le parole potenti di Gesù che lo hanno sostenuto nella vita quotidiana.
La nascita di un amore fuori da ogni schema rappresenta lo spartiacque tra una vita fatta di ordine e di certezze e un vivere al di fuori dei precedenti punti di riferimento. Scendere dallo scranno della normalità verso una dimensione altra, dove entrare in contatto con la propria fragilità, grazie all’incontro nuovo con Gesù, che ha toccato il cuore, stravolgendolo.
C’è chi racconta l’esperienza della perdita di una certa modalità di vivere la propria fede ela propria spiritualità all’insegna di certezze assolute e totalizzanti. La preghiera, come tentativo di rispondere alla forte mancanza di quella fede certa e assoluta, conosciuta e vissuta nell’infanzia, per lungo tempo non ha dato la risposta cercata. Poi l’incontro con un’altra donna e la scoperta che la fede è altro, è movimento, è avvicinarsi agli altri. Quell’esperienza, passata attraverso l’amore, è stata la risposta che cercava, ha portatonon certo un ritorno all’assoluto del passato, ma ad una vita nuova, ad una fede rinnovatadall’amore tutto terreno e concreto per una donna.
Lasciare la terra ferma, lasciare qualcosa per andare verso un’esperienza più intensa mapoco esplorata, non è facile. Prevale la sensazione negativa del lasciare a quella positiva del cercare qualcosa di nuovo. La paura di affidarsi è sempre dietro l’angolo. Il camminoverso il riconoscimento della propria imperfezione è lungo e tortuoso, pieno di battute di arresto e nuovi inizi, anche quando in quella imperfezione, nonostante tutto, ci si sente accettati e amati.
E c’è chi non riesce a sentirlo di essere accettata e amata con i suoi limiti e vive questo come un peccato.
“E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. C’è chi si sofferma su questa frase. Che vuol dire per noi lasciare tutto? La radicalità senza sconti di Gesù, il suo messaggio così forte, così tagliente è un po’ folle, inquieta, spaventa. Ti spiazza. Il rischio è di sentirsi inadeguati, sempre e comunque. O si lascia tutto o non si è fatto niente? Forse
abbiamo bisogno di farci qualche piccolo sconto, per non soccombere alla frustrazione. L’importante però è avere l’onestà di dirselo. È già un buon passo in avanti dirsi la verità, quando non ce la facciamo a seguire Gesù fino in fondo, senza troppi rigiri di parole, senza mistificazioni, imparando ad accettare e convivere con le nostre contraddizioni, prendendone consapevolezza. Onestà e trasparenza. Forse non bastano per seguire Gesù, forse non ci fanno lasciare tutto, ma aiutano a liberarci di un fardello pesante, quello dell’ipocrisia. E non è poco. Tutti noi siamo peccatori e dobbiamo avere l’onestà diriconoscerci come tali. Ma quando sento, anche in questo incontro, tante sorelle e tanti fratelli omosessuali, oppressi dal senso di peccato, lo sento forte dentro di me, eterosessuale, il peccato. Perché forse il peccato che sentono ha a che fare con quel marchio di “impurità” che la nostra società e la nostra chiesa gli hanno stampato addosso. Tutti e tutte dobbiamo liberarci dal peccato, aiutandoci l’un l’altra. Dai peccati veri, quelli che creano ferite e sofferenza, e ancor prima dobbiamo liberarci da quelli inventati, che con Gesù e con il suo messaggio di amore non c’entrano niente. Che anzi lo negano quel messaggio, caricando pesi indicibili sulle persone. È chi li inventa i peccati che si macchia di un gravissimo peccato.
Quando è un figlio a non essere allineato, la madre non riesce a godere dei suoi talenti, della sua sensibilità un po’ speciale, non riesce ad esserne orgogliosa, accecata dalla sua fragilità fisica e psicologica. Ma è proprio il percorso di crescita umana e spirituale per accettare la diversità della figlia omosessuale ad arrivarle come un dono fecondo, aiutandola a rivedere e comprendere meglio anche l’altra diversità.
E permane indelebile il dispiacere e la preoccupazione di una mamma al momento del coming out della figlia, nella consapevolezza dolorosa di tutte le difficoltà che la vita le riserverà.
Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla. La frustrazione spesso la sento nel mio ambiente di lavoro. Lasciare tutto è anche lasciare la voglia di riconoscimenti. Ed è liberatorio riuscire ad andare al di là delle ingiustizie e delle frustrazioni subite, riuscire a non essere allineati alle regole di questo mondo. Avere la consapevolezza della faticadell’andare controcorrente, ma anche della bellezza del non essere allineati. Il bello di gettare le reti, nonostante tutto.
È bello essere non allineati, ma si paga. Il rischio di perdere, se si accetta, ci può aprire alla gioia di trovare. Ogni perdita che pensiamo di subire è in realtà l’occasione per trovare untesoro impensabile fino a quel momento, come l’amore dei propri figli, la loro capacità di accettazione dell’amore fuori dagli schemi della loro mamma, nonostante questo amore abbia significato per loro caricarsi di un peso.
Luca 5,1-11
Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di
pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
* La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro del gruppo PAROLA… E PAROLE. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio, in v. Del Caravita 8 a. Coloro che sono interessati, possono contattarci a questi recapiti: Alessandra Bialetti 346 221 4143 – alessandra.bialetti@gmail.com; Dea Santonico 338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com