Preti gay. Il Sinodo, il coming out e mons. Charamsa
Riflessioni di Fabio pubblicate sul blog Insoliti e Improbabili il 4 ottobre 2015
Molti penseranno “Finalmente”. Io la penso in modo sempre differente. Starò invecchiando sicuramente, ma questo gesto, molto importante per la sua vita, per il suo cammino di amore, per il suo compagno, non mi fa esultare e non mi crea gioia. Un prete, che fino a qualche giorno fa era professore all’Università Gregoriana e all’Ateneo romano dei famosissimi Legionari di Cristo, e, come se non bastasse, officiale presso la Congregazione vaticana per la Dottrina della fede, decide, il giorno prima del sinodo sulla famiglia di fare coming out e come se non bastasse di presentare il suo compagno da tempo ,mi crea più dubbi che un senso di liberazione.
Krzysztof Olaf Charamsa, 43 anni, segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana e ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede, dovrà “lasciare ogni incarico” , dichiara padre Federico Lombardi, portavoce vaticano per le dichiarazioni rese . Ma lasciatemi affrontare alcune questioni per me importanti.
La prima: il coraggio. Sicuramente il gesto compiuto implica tanto coraggio. Tutti noi lo sappiamo. Per un ragazzo o un uomo laico, la paura, il pregiudizio, i cambiamenti di opinione e atteggiamenti degli altri quando vengono a sapere della nostra omosessualità ci incutono timori, paure. Tutto è amplificato nel caso si tratti di un membro della curia vaticana. Da un giorno all’altro cambia totalmente la sua vita. Si ritrova senza “lavoro” e sostentamento! Don Franco Barbero, prete ridotto allo stato laicale per il suo lavoro di liberazione, ha sempre consigliato e affermato che per essere veramente libero un sacerdote, deve avere un lavoro o una forma di sostentamento laica, che lo svincoli dai ricatti economici della struttura Chiesa. Sincerità di vita. Non mi dilungo sul perché lo abbia fatto dopo un tempo in cui viveva una doppia, tripla vita. Ad un certo punto, lo sappiamo bene, la dissociazione interna, i traumi, la divisione e le paure non si reggono più e bisogna uscire. Soprattutto se il tutto è annaffiato dalla fede. Questo lacera ancora di più.
Il perdono. Mons. Charamsa ha chiesto perdono ai molti omosessuali credenti. Rispetto la vita e la decisione, ma permettetemi di dissentire dal coro di applausi. Fino a ieri, si capisce dalle sue parole, era un prete come gli altri. Che portava avanti sopra la sua stessa pelle, l’omofobia della Chiesa. Non credo, essendo officiale dell’ex Sant’Uffizio, professore tra la Gregoriana e i Legionari di Cristo, potesse e volesse avere un atteggiamento di liberazione e misericordia. La sua funzione di custode della fede e di formatore non glielo permetteva e soprattutto forse neanche lo voleva e/o lo credeva. E chissà i guai nel confessionale! Ammiro e rispetto i tanti suoi fratelli nel sacerdozio, che a costo di sanzioni, punizioni più o meno evidenti, ogni giorno accompagnano e donano il volto di un Dio amore che non ha bisogno di perdonare la nostra sete di amore. Ora lo aspetta un periodo di silenzio, di vera conversione e cammino di perdono non per la sua scelta, ma per quanti ha incontrato sulla strada e non ha saputo essere segno!
La scoperta dell’acqua calda.Mi è venuto da sorridere quando ho sentito dire da lui che ci sono molti sacerdoti omosessuali. Ma dai! Finalmente lo sappiamo! Ognuno di noi quanti ne conosce e con quanti abbiamo fatto sesso! Quindi venite tutti fuori dall’armadio?Oh mio Dio no! per favore. Come vi muovete fate dei danni enormi. Non uscite fuori, il popolo di Dio non è pronto! Continuate ad insegnare, a predicare, a formare con gli occhi nuovi dell’amore di un Padre che non guarda verso chi indirizzi il tuo amore, ma con quanta sincerità e profondità ami! E, ringraziando il Padre, quanti ne conosco che fanno un lavoro alla base e minano le certezze vaticane.!
Punto di non ritorno! La chiesa cattolica romana è ormai ad un bivio storico: o si apre ai bisogni e risponde e accoglie, con riflessione biblica e teologica seria, i segni del tempo che vive, oppure si ritroverà in una crisi epocale i cui segni sono evidenti. E deve farlo in fretta. Non c’è più tempo. L’occidente è vuoto per la chiesa cattolica. In meno di cento anni si sono perse generazioni di donne e uomini. La pratica religiosa è al minimo. La chiesa sopravvive grazie al sud del mondo. Allora rivedere e rileggere quelli che ormai sono nodi strutturali, sociali, teologici è urgente. Non risolvibili con le vecchie soluzioni dei principi non negoziabili, con la castità per il Regno, con l’esclusione di chi consegue, o con l’omertà tanto cara nei confessionali.
Dialogo e sinodo. Tutto molto ben studiato il passo di mons. Chamarsa. Il giorno prima dell’apertura del sinodo, in modo da avere tutte le prime pagine per lui. Ma forse un autogol. Chi ci dice che i padri sinodali indecisi o conservatori aperti al dialogo rimangano tali? Questo gesto, che ripeto rispetto perché parte dolorosa della vita di un fratello, non compatterà il fronte dei conservatori rigidi che ha come capofila il ben noto card. Caffarra? In fondo basterà ricordare i tentativi di apertura al dibattito di Francesco, al rimpallo di mons. Forte nella sua relazione conclusiva. Tutte parole rimaste sotto silenzio, che non hanno aperto neanche una piccola breccia nel muro omertoso cattolico. Tutti i tentativi hanno dato come risultato un silenzio silenzioso. Un silenzio omertoso di una realtà che è dentro i gangli vitali dell’istituzione. un silenzio violento sopra la vita e l’amore di tante sorelle e fratelli. un silenzio complice e peccatore.
Il documento preparatorio recita: “Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società. Sarebbe auspicabile che i progetti pastorali diocesani riservassero una specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale e di queste stesse persone”. Ecco la soluzione: una pastorale speciale per le famiglie e le perone omosessuali. No grazie! e ripeto no grazie. anche se questa soluzione sarebbe applaudita dai tantissimi gay credenti delle catacombe e non.
Una pastorale speciale, a mio avviso, discrimina ed emargina. E allora? O si ha il coraggio di riscrivere l’etica sessuale per le donne e gli uomini di oggi, eterosessuali e non, oppure la distanza tra prassi e dottrina si amplierà a dismisura. Solo così, con il coraggio del Vangelo, Del far nuove continuamente tutte le cose, si creerebbe una vera comunità di fede fondata sulla persona che non discrimina, che è inclusiva delle differenze, accogliente delle diversità come comunione dei vari volti di Dio.