Primo Comandamento: Fa’ esistere l’Infinito. E’ solo un “ordine” oppure sono Parole per trasmettere la Vita?
Riflessioni sull’Ebraico e il pensiero biblico di Giuseppe Messina*, prima parte**
Primo Comandamento: “Io sono l’Eterno, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dall’Egitto, dalla casa di schiavitù” (Es 20,2)
Stiamo parlando dei Dieci Comandamenti. Si tratta della locuzione comune, nota e popolare. Tuttavia, non la troviamo nella Bibbia. Non c’è né un titolo, né un sottotitolo simile nei due passi in cui Mosè espone ai figli d’Israele i comandamenti che YHWH gli ha chiesto d’insegnare (Es 20 e Dt 5). Ma sono “comandamenti”?
La dotta parola Decalogo, di derivazione greca, che è stata utilizzata, significa Dieci Parole e non Dieci Comandamenti. Senza dubbio è stata la tradizione cristiana ad aver divulgato questa tradizione inesatta, divenuta comune. Nell’epoca contemporanea, il cinema l’ha imposta ancor di più. Numerose persone hanno visto, almeno una volta, I Dieci Comandamenti, lo spettacolare e celebre film di Cecil B. De Mille del 1956. Più rari, probabilmente, quelli che hanno visto il bel film, in dieci episodi, del cineasta polacco Kieślowski, intitolato Il Decalogo (1988/89).
Poiché abbiamo interiorizzato l’idea dei Dieci Comandamenti – così sono chiamati dalla nostra cultura – e dal momento che la Bibbia parla di Dieci Parole, utilizzeremo indifferentemente le due locuzioni. Ma dovremo risalire all’espressione originale e capire la differenza che passa tra “parole” e “comandamenti”.
Se dovessimo tradurre l’espressione Dieci Comandamenti in ebraico, vale a dire nella lingua in cui sono nati, cosa troveremmo? I comandamenti rituali, ossia i riti da compiere quotidianamente, si chiamano mitzwot. Questa parola deriva dal termine tziwui, che significa ordine, qualcosa che è stato ordinato, un precetto, un’interdizione.
La prima mitzwah ordinata all’uomo, forse la più celebre, è enunciata per Adamo nel giardino dell’Eden: “Tu non mangerai dall’albero della conoscenza del bene e del male”. In ebraico come in italiano, la parola ordine viene utilizzata con il doppio significato che ha nell’espressione “dare un ordine” e “mettere ordine”. Mitzwah non è la sola parola che, in ebraico, serve ad esprimere un ordine. Nell’esercito, come si dice “dare un ordine”? E’ utilizzato il termine pequdah. La radice di questa parola offre diversi significati: sicuramente significa “dare ordine” ma anche “contare” (1,2, 3…).
Dunque siamo di fronte al concetto di ordine come sistemazione, classificazione, parte di una serie, e pertanto all’idea di “essere ordinato a”. Per l’uomo, “essere ordinato a” significa che egli ha un posto da occupare, che egli deve conformarsi a una certa “essenza dell’uomo”.
Non c’è uomo che sia “ordinato a” qualcosa, posto in un certo ordine o gerarchia in relazione alla creazione, a un prima e un dopo. In questo senso, io sono “ordinato” a trovare il giusto posto che mi consentirà d’accedere pienamente alla mia vita e dare la vita agli altri.
Ricevere la rivelazione significa aprirsi a una parola altra, per capire qual è il posto giusto, il luogo esatto che permetterà a ciascuno di vivere. In questo senso, l’uomo che riceve i comandamenti o, più in generale la Torah (Legge), è capace di entrare pienamente nella propria vita, ma anche di donarla pienamente agli altri. Il comandamento lo pone nella condizione di generare, della filiazione e della trasmissione. Tutti gli ebrei conoscono il versetto che si legge a Rosh hashanah, il Capodanno ebraico: “Dio si è ricordato di Sara”. In questo caso è il verbo paqod, “essere ordinato a”, che è utilizzato. Ossia, Dio s’è ricordato di quello per cui Sara, la sposa di Abramo, era ordinata: dare la vita! Sara era sterile ed era divenuta feconda negli anni della vecchiaia. Inoltre ella si trovava al suo posto in quanto madre e infine si è ricollocata nell’ordine della vita ricevuta e donata, nell’ordine della genealogia.
Insomma, ogni comandamento, ogni ordine ricevuto e compiuto deve rispondere alla domanda: compiendo questa azione, rituale, sociale, politica, familiare, liturgica o altro, si è nell’ordine della vita? Fecondità significa essere ordinati alla vita, abbracciare la vita essendo sé stessi, vivendo in pienezza, scoprendo la propria natura, la propria essenza per partecipare all’esistenza come dono.
* Giuseppe Messina è docente ordinario di filosofia e storia presso il Liceo Scientifico N. Copernico di Bologna e dal 12 marzo 2010 è presidente-fondatore dell’Associazione Amicizia Ebraico Cristiana (AEC) di Bologna, già membro dell’AEC della Romagna. Scrive articoli sul Bollettino dell’associazione AEC di Firenze. Dal 2006 studia Ebraico biblico presso la Fraternità di Charles Foucauld di Ravenna con la maestra Maria Angela Baroncelli Molducci. Ha insegnato Ebraico biblico e Pensiero ebraico presso il Collegio San Luigi dei Padri Barnabiti di Bologna e presso il Centro Poggeschi dei Padri Gesuiti di Bologna.
** Care/i amiche/i cominciamo a studiare dettagliatamente i Dieci Comandamenti o meglio le Dieci Parole seguendo i commentari tradizionali e moderni. Per rendere omaggio alla mia maestra Maria Angela Baroncelli e al rabbino Alberto Sermoneta dai quali ho imparato quasi tutto quello che segue da circa tredici anni, ma soprattutto per dedicare questa rubrica alla memoria di mia sorella Angela, che il 27 dicembre 2016 se n’è andata, per sempre, nel cuore Padre. Ella è stata una donna di grande nobiltà, onestà, bontà, curiosità, dotata di una ampiezza dello spirito pari solo alla sua generosità, al suo senso d’accoglienza calorosa, alla sua attenzione acuta per le preoccupazioni di ciascuno. Il suo ricordo sia di benedizione.