Nel Pride proclamiamo la verità di Dio senza timore!
Sermone della reverenda Susan Russell tratto dal sito della Christopher Street West Parade Eucharist (Stati Uniti), del giugno 1999, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Eccoci qui, tutti abbigliati a dovere per andare! Non siamo favolosi? Ma non per caso: ci vuole una buona pianificazione nell’organizzare un evento di questa portata: liste di cose da fare, inventari, “ordini”. Abbiamo il nostro “ordine di parcheggio”: arrivate presto e… sperate in bene. Abbiamo ordinato delle t-shirt: segni esteriori e visibili per dire che “La Chiesa episcopaliana vi accoglie”… checché abbiate potuto leggere nei giornali. E adesso arriva l’”ordine di marcia”, e lo troviamo opportunamente nella colletta del giorno, la preghiera con cui si è aperto il nostro culto questa mattina. “Signore, mantieni la tua dimora, la Chiesa, nella tua tenace fedeltà e amore, perché attraverso la tua grazia possiamo proclamare la tua verità senza timore e servire la tua giustizia con compassione.”
La stessa preghiera viene recitata in tutta la Chiesa in questa terza domenica dopo Pentecoste, nelle piccole missioni così come nelle vaste cattedrali, nelle città e nelle periferie, nella Chiesa alta e in quella bassa [le due tendenze che convivono nella Comunione anglicana, l’una più vicina al cattolicesimo, l’altra alla Riforma n.d.t.], ovunque gli episcopaliani si riuniscano stamattina nella preghiera comune.
Ma forse nessun’altra congregazione nella Chiesa avrà la possibilità di mettere subito in atto le parole recitate all’inizio del culto come noi che ci prepariamo a “proclamare la verità di Dio senza timore” lungo il percorso della sfilata. Diamo allora uno sguardo al nostro “ordine di marcia”. Prima di tutto vorrei fare chiarezza: la verità che proclamiamo è la verità che la Chiesa ha proclamato lungo i secoli: la grazia di Dio che salva in Cristo Gesù.
Ascoltate queste parole tratte da una recente intervista con Michael Hopkins, presidente di Integrity: “Mentre continuiamo a proclamare il nostro messaggio di piena inclusione e lavoriamo in vista di tale realtà nella nostra Chiesa, non dimentichiamo che questo è semplicemente il messaggio dell’Evangelo.
Non dobbiamo permettere che ci emarginino con discorsi del tipo “queste sono questioni che ci distraggono dal vero lavoro della Chiesa” o “perché non parliamo di missione invece che di sesso”. Noi parliamo del “vero lavoro” della Chiesa, che è la proclamazione dell’Evangelo. Noi parliamo della missione fondamentale della Chiesa. La piena inclusione di lesbiche, gay e bisessuali nella vita della Chiesa non riguarda il sesso, non è una questione qualsiasi: riguarda l’Evangelo di Gesù Cristo.”
Lo stesso Evangelo, la stessa buona novella, che i dodici apostoli inviati da Gesù proclamano nella lettura di Matteo di oggi. Notate che Gesù raduna dodici discepoli e invia nel mondo dodici apostoli, cosa che ha portato uno dei miei colleghi a fare questa riflessione: “Oggi nelle nostre chiese sembra che passiamo moltissimo tempo a fare discepoli, e questo è un bene, ma che non chiudiamo mai il cerchio inviandoli nel mondo come apostoli.
Perché il nostro mondo è così ostile al messaggio di Gesù? Forse che il nostro concentrarci su noi stessi contribuisce a questa ostilità? Inviateli ad annunciare al mondo la Buona Novella, inviateli a guarire la malattia che ci circonda: la malattia dello spirito. Inviateli nel mondo a resuscitare i morti, inviateli nel nome di Gesù a fare ciò che Gesù ha fatto, a portare la speranza e una promessa a un mondo che soffre e che cerca. Il raccolto è abbondante, ma dove sono i lavoratori? Stanno seduti nelle chiese.”
No, stamattina no – stanno marciando alla sfilata del Pride, proclamando la verità di Dio senza timore, e SONO il Corpo di Cristo… non solo ne parlano. Come dice Verna Dozier, la teologa anglicana afroamericana: “Non dirmi a cosa credi: dimmi che differenza fa il fatto che credi.” Oggi, lungo il percorso della sfilata, il fatto che credete farà la differenza. Farà la differenza nella vita di coloro che forse non vedremo mai più o che sono saranno toccati dalla vostra testimonianza.
E oggi che ci assumiamo il ministero di Gesù sulla terra è bene controllare attentamente, come si dice nel gergo popolare, “cosa farebbe Gesù”. Guardiamo ancora il vangelo di oggi: “Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.”
Immaginate la profondità della compassione che il nostro Signore prova per le folle che si raccoglieranno oggi lungo il cammino della sfilata: molti in questa folla hanno passato gran parte della vita tra i maltrattamenti, senza aiuto, stanche e sfinite; a loro veniva detto che il Buon Pastore non si curava delle pecore come loro! “La messe è molta, ma gli operai sono pochi“ continua Gesù, “Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe”.
Questi siamo noi, fratelli e sorelle, gli operai di Christopher Street West! Allora forza, continuiamo a lavorare! Conoscete quel vecchio inno? “Forza, continuiamo a lavorare. Chi osa starsene in ozio nei campi, mentre tutto intorno a noi ondeggiano le spighe? E a ogni servitore dice il Padrone ‘Va’ a lavorare per me’.”
Il nostro lavoro di oggi? Proclamare la verità di Dio senza timore, il nostro “ordine di marcia” per questo tredici giugno. Ma, e domani? E dopodomani, e il giorno dopo ancora? Cosa ne sarà dell’ordine di marcia che riporteremo nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità, al lavoro e in famiglia? Per importante che sia il lavoro di stamattina, se trascuriamo la seconda metà della colletta del giorno trascuriamo un’altra messe importantissima. Ascoltiamo ancora: “… perché attraverso la tua grazia possiamo proclamare la tua verità senza timore e servire la tua giustizia con compassione.”
Ci vuole una enorme compassione per servire la giustizia di Dio; compassione e pazienza e coraggio e resistenza… specialmente se parliamo di giustizia nella Chiesa. “Forza, continuiamo a lavorare. Il nemico ci guarda notte e giorno, per seminare la zizzania, per sradicare il seme; mentre noi nel sonno abbiamo dimenticato il nostro dovere, egli non dorme.”
Ci sono nella nostra Chiesa coloro che utilizzano un letteralismo biblico selettivo per escludere gay e lesbiche dalla piena inclusione nel Corpo di Cristo. C’è chi parla del nostro ministero come di un “piegarsi di fronte alla cultura dominante”, un “abbandono dei valori tradizionali”.
Lo sapete tutti. E loro non dormono, ogni dubbio che potessimo avere è stato fugato dalla recentissima riunione dei Vescovi alla Conferenza di Lambeth [il concilio periodico della Comunione anglicana n.d.t.].
Come possiamo servire la giustizia di Dio con compassione quando dobbiamo affrontare chi ci chiede di rinnegare un parte essenziale di noi stessi per poter essere salvati? Dove possiamo trovare un terreno comune in cui ci sia spazio per il dialogo, il potenziale per la conversione?
Be’, ho trovato del terreno comune questa settimana, dove meno me lo sarei aspettato: sul prima pagina della newsletter del Consiglio anglicano americano, in un articolo del vescovo emerito della Carolina del Sud, che scrive: “La sfida che si para di fronte alle Chiese è questa: accomodarsi alla cultura dominante adattando il nostro insegnamento ai valori della società o opporsi ad essa facendo appello ai ritrovati fondamenti della cristianità classica.” All’improvviso ho mormorato un “Amen fratello” che mi veniva dal cuore.
Vi garantisco che io e il vescovo Allison avremmo di che discutere su qualche punto teologico, ma su questo parliamo all’unisono. Quello che noi offriamo non non è un “no” buttato in faccia alla cultura dominante, ma una chiamata al Regno. Perché, cosa dice questa cultura sulle persone gay e lesbiche?
Iniziamo dalla rivista Time di questa settimana, da un articolo-tributo all’attivista gay Harvey Milk. Ecco cosa “la cultura dominante” ha da dire sull’essere gay in America: “Capire di essere gay è solitamente causa di un sentimento di terrore, o almeno di mortificazione.”
Nel liceo di mio figlio l’insulto più frequente è “Questa è roba da FROCI”. Come dimostrato dalla recente sconfitta del disegno di legge della Camera bassa della California che avrebbe protetto gli studenti gay e le studentesse lesbiche dai reati di discriminazione nelle scuole, “la cultura dominante” continua a considerare sacrificabili i suoi cittadini gay.
E come dovrebbe rispondere la Chiesa? Raccogliendo la sfida del vescovo Allison e “opporsi alla cultura dominante facendo appello ai ritrovati fondamenti della cristianità classica”. Che ne dite di Ireneo di Lione: il vescovo del secondo secolo ritenuto da molti il primo grande teologo sistematico; troverete pochi personaggi più classici di lui. Ed ecco le parole tra le più famose che scrisse: LA GLORIA DI DIO È LA PERSONA UMANA PIENAMENTE VIVA.
“Pienamente viva”… non è forse quello che siamo noi quando accettiamo la nostra sessualità invece di negarla? Non è questa la Buona Novella che offriamo, in contrasto con una cultura che ci dice che siamo “sacrificabili”? Non stiamo abbandonando i “valori tradizionali”, fratelli e sorelle: stiamo reclamando una parte essenziale dei ritrovati fondamenti della cristianità classica! Li facciamo nostri ogni volta che portiamo la nostra persona tutta intera all’altare a lode e ringraziamento del Dio che ci ha creati, che ci ha redenti e ci sostiene: pienamente vivi a gloria di Dio!
Sì, gli omosessuali hanno bisogno di essere guariti. Guariti dalla convinzione che le uniche alternative per loro siano “terrore o mortificazione”. La guarigione dalla vergogna e dal senso di colpa che la cultura e la Chiesa hanno fatto credere fosse il loro destino.
E noi abbiamo l’opportunità di essere parte di questo ministero di guarigione: oggi, mentre “proclamiamo la verità di Dio senza timore” in Santa Monica Boulevard e nei giorni che verranno, mentre torniamo a casa nutriti dalla Parola e dal sacramento, con una nuova determinazione di “servire la giustizia di Dio con compassione”.
“Forza, continuiamo a lavorare, non ci sarà tempo per il riposo fino a che non si infiammerà il cielo d’occidente, fino a che le ombre non si allungheranno sul sentiero e non verrà un suono lieto al tramonto del sole ‘Servitori, ottimo lavoro.’”. Questo è il nostro ordine di marcia. Allora forza… continuiamo a lavorare! Amen
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Testo originale : Marching Orders (file doc)