Riflessioni di Gennaro Pagano pubblicate sul suo blog Gennipag,11 febbraio 2018
I profeti, almeno come la Scrittura ce li presenta, non sono mai stati campioni di diplomazia, persone dalla lingua sibillina, opinionisti dalle mezze verità. Non di rado, anche a costo della vita, si sono fortemente esposti: forse perché a loro la vita non ha chiesto ciò che (forse) ha chiesto agli uomini di potere, chiamati sempre a contrattare, a negoziare, a tenere insieme pezzi che a volte insieme proprio non ci stanno. Eppure i potenti hanno bisogno dei profeti: sono antenne che intercettano il futuro, artisti capaci di scrutare l’ampiezza incontenibile del volto di Dio, del suo Amore liberante.
Ci sono gesti profetici anche oggi, anche nell’esperienza ecclesiale cattolico-romana: profezie a volte mosse dallo stesso Papa che disegna profili di accoglienza e solidarietà tentando anche di allargare gli spazi di vita e di speranza a partire dalle condizioni reali dell’uomo contemporaneo; uomini e donne che rimarcano l’importanza di tornare all’essenziale della fede come tante esperienze monastiche insegnano; esperienze di famiglie dedite all’annuncio e al servizio in un modo così “totalitario” che con la loro esistenza mettono in dubbio una delle motivazioni “pratiche” tanto declinata per il celibato presbiterale, quella che del “tempo che non basterebbe“.
E poi c’è un altro campo della profezia, quello di chi si dedica con passione all’accoglienza e all’annuncio del Vangelo alle persone e alle coppie omosessuali, gente ferita spesso dalla paura di un giudizio sociale che, nonostante le apparenze, resta molto ostile, gente ferita dalla stessa potenza anonima di una dottrina che continua a ritenere l’omosessualità un disordine oggettivo e – teoria vecchia nonché scientificamente assurda ripresa dalla Congregazione per il Clero nel 2016 – un fattore che ostacola gravemente il corretto relazionarsi agli uomini e alle donne. Beh, con gli animali e le piante sembrano non ci siano appurate difficoltà.
Venendo all’oggetto di questo post ho seguito, come tanti altri, le vicende del ritiro per persone omosessuali annullato, dopo malumori di taluni gruppi di fedeli, dal Vescovo Nosiglia e rinviato ad altra data. Come mai un Pastore di una diocesi così importante, insieme a persone, preti, religiosi e laici che lavorano in quest’ambito di frontiera non hanno previamente considerato il sorgere di eventuali lamentele? E come mai hanno fatto marcia indietro? Se nel giusto perchè non hanno proseguito? Ecco, questo è il punto. Canonicamente, ufficialmente, dottrinalmente almeno che non si premetta con chiarezza la necessità della castità assoluta e di un orientamento sessuale che assume i tratti del sacrificio e della croce – giusto per essere chiari – si è fuori dalla dottrina ufficiale della Chiesa romana. A dispetto di ogni pronunciamento pontificio ad alta quota (il documento della Cogregazione del Clero è successivo al famoso “chi sono io per giudicare”).
Ecco, vorrei dire con franchezza cosa penso. Penso che occorre smetterla di fingere che il problema sia l’approccio pastorale, il linguaggio spirituale, il rapporto con la grazia, ecc. ecc. Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno. Di dire che la Chiesa ritiene l’omosessualità un disordine oggettivo. Punto. Senza repliche. Senza ambiguità. Senza un parlare sibilino.
L’ambiguità fa più male di una certezza spiacevole. E laddove si avesse davvero a cuore la vita di tanti ragazzi, giovani e adulti omosessuali, laddove, contemplando il volto del Dio di Gesù di Nazareth, si leggesse con fedeltà e competenza le Scritture che contengono senza esaurirla la sua Parola ci si trovasse con la coscienza posta dinanzi ad una “verità” diversa da quella del Magistero cattolico…cosa dovrebbe accadere? Dovrebbe accadere che, rischiando critiche e richiami, nel nome di una profezia non negoziabile si pronunciasse quell’unica frase che potrebbe davvero sollevare e dar forza a questi fratelli e a queste sorelle: IO NON SONO D’ACCORDO.
Non sono d’accordo con chi dice, ignorante delle scienze umane, che l’omosessualità è un grave ostacolo alla relazione. Non sono d’accordo ancor di più se si tratta di un membro dell’alto clero che in base a questa considerazione dovrebbe chiedere le dimissioni di un numero presumibilmente alto di preti, vescovi e colleghi di conclave.
Non sono d’accordo sulla voyeuristica ossessione di chi vuol entrare costantemente nelle scelte sessuali degli altri come se la camera da letto fosse il centro e il luogo più frequentato dal Vangelo che, per quanto ricordi, ce ne ha parlato ben poco.
Non sono d’accordo con chi in nome di Dio pone pesi insopportabili e pesantissimi sulle spalle di tanta gente: penso alla difficoltà di tanti adolescenti, ragazzi, ragazze, giovani e adulti che interiorizzano dentro una paura enorme di Dio, un sentirsi sotto attacco, magari a causa anche di ciò che di simile è stato sperimentato in famiglia con i propri genitori.
Non sono d’accordo con chi si arroga la verità sentenziando sulla vita delle persone e ritenendosi unici detentori di ciò che è giusto e sbagliato. E non sono d’accordo neanche con tutti questi incontri da ghetto: per omosessuali, per coppie omosessuali, per preti omosessuali. Incontri che alimentano spesso quel senso di vergogna, di segretezza, di timore di essere scoperti. Per carità immagino che abbiano fatto e facciano tanto bene ma sulla lunga non rendono giustizia alla causa di questi fratelli che sono feriti si, ma non a causa della loro condizione ma a causa del nostro giudizio malato così malato da considerarsi sacro e inviolabile, basato sulla legge del sacrificio inumano di se stessi.
Non sono d’accordo. Ecco. L’ho detto. Se venisse oggi stesso da me una coppia di persone omosessuali, una coppia che cerca di vivere nella fedeltà come tutti, una coppia che come tutte le coppie sane non trova altra gioia se non quella di amare e lasciarsi amare, facendosi un pò di compagnia nel tragitto faticoso di questa vita…ecco se venisse oggi stesso da me questa coppia e mi chiedesse: “c’è qualcosa per noi omosessuali, tipo un incontro particolare”? Io mi arrabbierei e gli direi un secco e deciso…no! Gli direi forse così: amici, voglio conoscervi, stare con voi, magari leggere insieme una pagina di Vangelo ma solo per fare un pò di conoscenza, come faccio con tutti.
Poi, per il resto, c’è la comunità. Non serve un percorso a parte. Non serve un’esperienza da ghetto. Serve stare insieme, con tutti, essendo liberamente ciò che si è e ringraziando Dio per questo. Certo, sapete ed è mio dovere dirvi cosa pensa una parte della Chiesa, il suo, così chiamato, Magistero. E su questo, amici miei, non posso far niente se non dir loro quello che dico a voi: non sono d’accordo“.
Poi li inviterei a tavola come tutti. Alla mia come a quella del Maestro. Pronto per un richiamo dai piani alti. Ma certo di aver strappato con la mia caparbietà tre sorrisi. Quello dei miei due nuovi amici. E quello del mio Maestro e Signore.