Gli Unitariani e il matrimonio religioso delle coppie gay
Riflessioni di Jean-Claude Barbier, tratte dal bollettino Correspondance Unitarienne del febbraio 2013, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Il governo francese ha proposto che lo statuto matrimoniale attuale venga allargato alle coppie omosessuali. I nostri deputati e senatori stanno per decidere. Il dibattito si è inevitabilmente ripercosso all’interno delle comunità religiose poiché alcune coppie omosessuali sarebbero desiderose di una consacrazione del loro matrimonio civile con un “matrimonio religioso”.
La gerarchia cattolica ha già reso nota la sua posizione di rifiuto di tale eventualità, in nome dei valori famigliari. I protestanti – come d’abitudine!- fanno i prudenti e tengono un profilo basso (aspettando la tempesta?), ma già da ora delle voci tra loro si sono espresse a titolo personale. I fondamentalisti si basano sulla Bibbia o sul Corano per respingere ogni apertura. Ma qui dobbiamo parlare di noi e non degli altri; cosa pensano gli unitariani francesi?
Una prima riflessione era stata condotta all’interno dell’Assemblea Fraterna dei Cristiani Unitariani (AFCU) nel 2006-2007, ma i partecipanti all’assemblea generale tenutasi a Parigi nell’ottobre 2007 preferirono rimandare il dibattito e la decisione. Ora ci troviamo in un certo modo con le spalle al muro. Continuare a fare gli struzzi è come dire che la nostra associazione non ha niente da dire su questo argomento (che tuttavia è pienamente religioso), con il rischio di perdere ogni utilità!
Vogliamo riproporre la medesima riflessione, che aveva il vantaggio di abbordare la questione da un’angolazione innovativa, ovvero che il matrimonio riguarda le autorità civili e non le comunità religiose. Le argomentazioni utilizzate da queste ultime non stanno più in piedi. La gerarchia cattolica presenta sempre il matrimonio come un sacramento, che sarebbe una testimonianza del legame sacro tra Cristo e la sua Chiesa, ma poi non sempre accade che le giovani coppie così sposate reggano a lungo: l’ecatombe è sempre più massiccia, come mostra il numero crescente di divorzi.
I protestanti sono più prudenti e non hanno mai parlato di sacramento, ma si procede comunque a una benedizione nuziale, come se questo rituale apportasse un sovrappiù di grazia a beneficio degli sposi; ma anche così, questa teologia provvidenzialista, che crede che Dio agisca a seconda delle circostanze e delle preghiere dei fedeli, ha molto piombo nelle ali e molti credenti non vi aderiscono più.
La maggior parte degli sposi desidera, in occasione delle nozze, una cerimonia importante. In realtà già ce l’hanno poiché i comuni fanno il necessario nei saloni d’onore sotto le volte della Repubblica: poi c’è il pranzo di nozze, e per i più agiati o i più esibizionisti, un sontuoso banchetto. Talvolta vediamo presso alcuni una svalutazione della cerimonia civile, messa a confronto con quella che si farà qualche istante più tardi di fronte al sacerdote o il pastore, ma questo sentimento non è ingiustificato in seno a una società in cui la laicità a un senso?
E non rivela un senso del sacro in quanto spazio separato, ben delimitato? Ora, se Dio esiste, non lo concepiamo più acquattato nel sancta sanctorum, né manifestato solamente sugli altari e nei soli luoghi sacri, ma piuttosto presente in tutto l’universo, coesistente con la sua Creazione. Per il credente ciò che si fa al comune si fa comunque sotto lo sguardo di Dio poiché Egli è ovunque, onnipresente. Non c’è dunque nessun bisogno di andare poi a ripetere la medesima scena in un altro spazio.
Cosa bisogna aggiungere, allora? Un doppione religioso, senza dubbio “tradizionale”, ma del quale si è appena sottolineato la scarsa serietà teologica? O molto semplicemente un’azione di grazia per iniziativa degli sposi che ringraziano Dio per la gioia che stanno vivendo e la condividono con tutti coloro che li accompagnano in quel giorno.
Ormai il ruolo dei responsabili religiosi consiste nell’accompagnare la coppia e nell’organizzare una cerimonia in modo tale da essere una sosta spirituale tra il matrimonio civile e l’apertura del banchetto, oppure da farsi dopo, nel contesto della comunità religiosa. Gli unitariani possono allora mettere a disposizione degli sposi dei rituali adeguati, che uniscano le persone presenti: la condivisione del pane e del vino in nome di Gesù, se l’assemblea è cristiana, oppure la cerimonia dei fiori, in caso di assemblea composita; la scelta di testi del Nuovo Testamento o – secondo le diverse sensibilità – delle altri grandi saggezze dell’Umanità etc.
Ricentrando la cerimonia sugli sposi e non fungendo più da intercessore tra essi e Dio, il responsabile religioso non deve più accordare chissà quale autorizzazione. Di conseguenza l’azione di grazia si fa su iniziativa degli interessati e non dipende più dalle condizioni poste da una qualsivoglia istituzione clericale; ne segue che il responsabile religioso non deve più interrogarsi sull’orientamento sessuale della coppia per sapere se la cerimonia è valida o meno.
Fino ad ora i cristiani unitariani potevano indirizzare le coppie alla ricerca di una cerimonia spirituale verso un pastore della Chiesa Riformata di Francia (ERF), però con una benedizione nuziale, oppure, sempre nello stile protestante, alla Chiesa Unitariana di Transilvania (andando a Budapest o in Transilvania, o ancora facendo venire un ministro di culto di questa Chiesa). Per altro i nostri vicini, i cristiani unitariani italiani, praticano la benedizione nuziale, fatta da un pastore, su una coppia omosessuale, a condizione che uno dei membri sia unitariano/a. Se la prossima assemblea generale dell’AFCU deciderà in proposito, ogni coppia cristiana, comprese le coppie omosessuali, potranno fare un’azione di grazia in occasione del loro matrimonio o nel momento che riterranno opportuno; un’azione di grazia a Dio o alla Sorgente della Vita (a seconda delle loro convinzioni). Gli unitariani francesi sarebbero allora i primi a fare tale proposta. Certamente delle benedizioni nuziali verranno fatte da dei pastori a titolo individuale, in qualche modo di nascosto, ma per noi si tratterà di un accompagnamento comunitario ufficiale e pubblico, senza alcuna ambiguità e con massima chiarezza teologica.
(NB – Tenuto conto del contesto sociologico dell’Africa nera, l’accompagnamento delle coppie omosessuali non si può fare per ora pubblicamente. I nostri amici unitariani africani lo sanno molto bene e sapranno trovare il modo giusto per manifestare rispetto e conforto verso i loro compatrioti omosessuali.)
Testo originale: Une cérémonie proposée pour les couples