Psichiatria e omosessualitá. Il cammino di liberazione dal pregiudizio
Articolo di Cade Anderson-Smith* pubblicato sul sito della British Psychological Society (Gran Bretagna), liberamente tradotto da Silvia Lanzi, parte prima
Prima dell’edizione del DSM-I del 1952, l’omosessualità era già considerata una malattia da molti esperti. Negli anni ’40 psicanalisti come Sandor Rado pensavano si trattasse di una condizione fobica. Al tempo del DSM-I l’omosessualità era stata patologizzata e inclusa come “disturbo sociopatico di personalità”.
Nonostante quella che potremmo vedere come un’apparente ostilità da parte della comunità psichiatrica nei confronti degli omosessuali, molti uomini e donne omosessuali accolsero con favore questa etichetta diagnostica. La psichiatria aveva cambiato molto il proprio punto di vista sull’omosessualità: da perversione innaturale e criminale a vera e propria malattia.
Molti pensavano sarebbe stato meglio essere ritenuti malati piuttosto che criminali, una posizione sposata da molti dei primi gruppi “omofili”. Nata nel 1950, la Mattachine Society, gruppo a maggioranza maschile, ospitò conferenze di eminenti psichiatri del calibro di Albert Ellis, sostenitore dell’idea che l’omosessualità fosse una condizione fobica. Inoltre i Mattachines pubblicavano volentieri, su The Mattachine Review, il loro periodico, molti articoli a supporto di quelle posizioni.
Anche le Daughters of Bilitis, un gruppo pro-lesbiche fondato nel 1955, aveva nel proprio statuto l’obiettivo di sponsorizzare discussioni con psichiatri ed altri professionisti.
Per molti gay e lesbiche la presenza di un’etichetta diagnostica era importante, per motivi che andavano oltre al semplice cambiamento del punto di vista che la società aveva sull’omosessualità. Se il loro orientamento era una malattia, allora avrebbe potuto esserci una “cura”. Le terapie di conversione erano popolari tra molti psichiatri e omosessuali preoccupati dal loro orientamento. Psichiatri come Charles W. Socarides, fortemente critico sulla rimozione dell’omosessualità dal DSM, affermava di averla “curata” in numerosi individui. Le terapie di conversione includevano quelle avversative e le più tradizionali psicoterapie.
“Noi siamo le vere autorità sull’omosessualità”
Nel corso degli anni ’50, comunque, il consenso cominciò a scemare. Sia per le Daughters of Bilitis che per la Mattachine Society, con la pubblicazione di Homosexuality: A disease or a way of life del 1957, lo psicanalista Edmund Bergler si era spinto troppo oltre.
Entrambe le organizzazioni criticarono aspramente la concezione di Bergler dell’omosessualità come malattia. Questo era dovuto in parte all’estremismo delle sue posizioni, ma anche al cambiamento di prospettiva di molti attivisti. Con la nuova categorizzazione dell’omosessualità come “parafilia” del DSM-II, pubblicato nel 1968, la psichiatria diventò un obiettivo chiave per molti attivisti omosessuali, come Frank Kameny e Barbara Gittings.
Kameny iniziò ad essere un attivista dopo essere stato congedato dall’esercito statunitense per la sua sessualità nel 1957. Diversamente dai primi gruppi omofili, per Kameny non era sufficiente ottenere l’uguaglianza solo con il dialogo, e incoraggiò proteste, picchetti e volantinaggi contro quelle organizzazioni e istituzioni che lavoravano per opprimere la comunità omosessuale, che per Kameny erano principalmente la psichiatria e l’APA (Associazione degli Psichiatri Americani).
Secondo lui, la vittoria definitiva del movimento per i diritti omosessuali consisteva nel rimuovere l’etichetta diagnostica dell’omosessualità e sottrarre ogni autorità sull’omosessualità alla psichiatria per restituirla alla comunità omosessuale. Kameny riassunse così la propria idea: “Siamo noi la vera autorità sull’omosessualità, che l’accettino o no”.
Anche Barbara Gittings, redattrice del periodico delle Daughters of Bilitis The Ladder e fondatrice della sua sede newyorkese, credeva che fosse necessario un forte attivismo. Diversamente da Kameny, comunque, si opponeva di meno al movimento psichiatrico, questo fino a quando non partecipò ad un convegno del 1963 ospitato dalla East Coast Homophile Organization (Organizzazione Omofila della Costa Orientale). Era stato invitato a parlare, come in molte altre occasioni, il dottor Ellis, che parlò della sua convinzione di curare l’omosessualità.
Dopo di lui parlò Kameny, che usò l’opportunità concessagli per confutare le idee di Ellis e suggerire che non ci fossero valide ragioni per classificare l’omosessualità come una malattia: infatti, le ricerche di Evelyn Hooker e Alfred Kinsey sostenevano conclusioni opposte. Il lavoro di Hooker suggeriva che gli uomini omosessuali erano clinicamente indistinguibili da quelli eterosessuali, mentre le numerosissime interviste di Kinsey con uomini e donne stabilivano che gli atti omoerotici erano più comuni di quanto si pensasse un tempo.
Gittings ricordò più tardi: “Non cambiai idea finché Frank Kameny arrivò e disse semplicemente […] che l’omosessualità non era una malattia”. Questo rappresentò un importante cambiamento ideologico per un’attivista con una forte influenza all’interno del movimento dei diritti omosessuali.
Kameny e Gittings hanno contribuito a collocare la psichiatria nel mirino delle nuove e più attive organizzazioni per i diritti omosessuali.
Nel corso degli anni ’60 gli psichiatri dovettero affrontare ambienti via via più ostili: vedevano infatti persone che solo pochi anni prima erano felici di ascoltarli parlare della patologia dell’attrazione omosessuale, picchettare fuori dai loro uffici, disturbare le loro conferenze e volantinare durante i loro interventi. I moti di Stonewall del 1969 favorirono questo attivismo.
Nel 1970 l’American Psychiatric Association decise di tenere la sua conferenza annuale a San Francisco, uno dei centri dell’attivismo per i diritti omosessuali. Per gli attivisti, naturalmente, era un’opportunità che non si poteva ignorare. Gli attivisti picchettarono fuori dal palazzo in cui si teneva la conferenza, mentre altri la interruppero e si confrontarono con quegli psichiatri che diffondevano il concetto di omosessualità come malattia.
Nonostante l’APA avesse permesso nel 1971 a Kameny e Gittings di tenere un breve intervento, quell’anno ci furono ancora proteste, e questa volta gli attivisti assalirono il podio della cerimonia di inaugurazione.
A partire dal convegno del 1972, l’APA capì che l’unico modo per evitare ulteriori interruzioni sarebbe stato quello di accordare agli attivisti omosessuali un maggiore spazio. Fu concesso loro uno stand nella hall del convegno e fu previsto un intervento di attivisti e psichiatri insieme.
* Cade Anderson-Smith è uno studente del primo anno all’Università di Londra in psicologia e psicologia clinica.
Testo originale: The lasting legacy of Dr Anonymous