Purim e il coming out nella comunità ebraica
Riflessioni del rabbino Steve Greenberg pubblicate sul sito di Eshel, associazione per le persone LGBT ebree ortodosse (Stati Uniti) il 19 marzo 2019, liberamente tradotte da Vanessa Guadagnini
[…] Ad Ester viene detto da suo cugino, tutore e coscienza ebraica Mardocheo (Mordecai), che è giunto il momento di rivelarsi; la particolare incertezza che si crea attorno ad Ester in questo momento potrà essere facilmente riconosciuta da ogni persona omosessuale che si è preparata a fare coming out con i suoi genitori omofobi. “E se dovrò morire, morirò”, afferma Ester nella Bibbia (Ester 4:16).
(Eve Kosofsky Sedgwick, Stanze private. Epistemologia e politica della sessualità, Carocci, 2011, p.76)
Purim è la festa del coming out, della condivisione di un pericoloso segreto. I rabbini, infatti, la chiamano la festa delle maschere, che prevede lo smascheramento di noi stessi e, in buona sostanza, di Dio. Questo è l’unico momento dell’anno in cui bere un po’ troppo è una mitzvah [un precetto religioso, n.d.r.], perché, secondo i rabbini, “il vino va giù, e i segreti escono allo scoperto”. Se esiste un’occasione che potrebbe essere impiegata dagli ebrei gay per esprimere il significato del coming out, il digiuno di Ester, che culmina nella celebrazione di Purim, è il momento giusto.
La storia inizia con tutti i suoi protagonisti coinvolti in grandi mascheramenti, come marrani [ebrei obbligati a convertirsi al cristianesimo, che continuano in segreto a praticare il giudaismo, n.d.r.] che indossano dei costumi. C’è una tensione continua tra quello che i personaggi sono e quello che appaiono, che fa procedere la trama, ed è l’attento smascheramento dei travestimenti che rende possibile la salvezza. Ognuno di loro rappresenta, all’esterno, un personaggio potente, ma contemporaneamente nasconde un segreto intimo che, se venisse rivelato, potrebbe essere la loro rovina.
Re Assuero, secondo la tradizione, non era di sangue reale; con il matrimonio si era imparentato con la famiglia reale persiana. Vashti era la vera principessa persiana che, rifiutandosi di spogliarsi degli abiti regali, viene esiliata o uccisa. Vashti è l’unica che rifiuta di travestirsi (in questo caso di svestirsi) da qualcosa che non è.
Assuero è salito al potere reale, ma non è tagliato per fare il re. È uno sciocco e un degenerato, uno zoticone travestito da re. È di conseguenza molto insicuro, ansioso di costruire e consolidare il suo sostegno politico e timoroso di essere contestato o manipolato. Ovviamente, questo è proprio quello che accadrà.
Ester e Mardocheo sono ebrei non dichiarati. Entrambi temono le conseguenze se venissero scoperti. Mardocheo è un uomo di stato, ed è conosciuto alla corte del re, ma non ostenta la sua identità ebraica, anzi, forse è proprio per questo motivo che mette in guardia Ester dal rivelare la sua identità.
La gente vede Ester come una bella donna persiana che è diventata regina. Aman è la canaglia che, come Ester, è nel posto giusto al momento giusto. Come il re, raggiunge il potere immeritatamente: i suoi segreti sono l’ego gonfiato e la brama di potere reale. Aman nasconde tutto questo al re, incluso l’odio immotivato verso Mardocheo.
Il colpo di scena avviene quando Mardocheo è costretto a scegliere tra la sua identità interiore e quella esteriore. È un ebreo o un nobile persiano? Se rifiuta di prostrarsi davanti ad Aman, quasi sicuramente perderà il suo status nella élite persiana. Se si inchina ad Aman, è consapevole che perderà il suo Sé ebraico.
Alla resa dei conti, Mardocheo si accetta come ebreo, e rifiuta di prostrarsi. Il modo in cui il segreto di Mardocheo viene scoperto non è chiaro. Qualcuno dice a qualcun altro che dice ad Aman che quest’uomo rude è un ebreo, e Aman inizia a tramare per vendicarsi su Mardocheo e la sua gente.
Mardocheo capisce che deve far uscire allo scoperto il suo segreto. Deve dare testimonianza delle sue verità interiori. Si mette seduto davanti all’ingresso del palazzo vestito di sacco, manifestando coraggiosamente e pubblicamente la sua solidarietà con il suo popolo condannato: la sua condizione interiore ora non è più camuffata sotto abiti sontuosi. La protesta pubblica di Mardocheo dà il via allo smascheramento di Ester, poi di Aman e infine quello di Assuero.
È però il coraggio mostrato da Ester il punto di svolta più drammatico della storia. Ester è dapprima determinata: presentarsi dal re non invitata può essere mortale. Inoltre, anche se il re è disposto a lasciarla parlare, Ester non ha motivo per pensare che lui non si schiererà con Aman contro di lei. Suo cugino insiste affinché Ester provi a salvarsi tacendo.
Ester decide di rivelare la sua identità segreta in modo intelligente, giocando sui motivi politici e sessuali sia del re che del suo visir, ma rimanendo comunque estremamente consapevole dei rischi e incerta dei risultati… “Se dovrò morire, morirò”.
Che cosa ci dice tutta questa tensione tra i Sé rivelati e quelli nascosti? Naturalmente, il Libro di Ester potrebbe essere letto come una parabola, un midrash sulla vita degli ebrei nella diaspora: il modo in cui ci nascondiamo e ci riveliamo come ebrei è sicuramente una storia di diaspora.
Ma viene anche descritto un viaggio più personale. Per molti versi siamo tutti dei marrani, perché ci nascondiamo dietro le nostre maschere e i nostri abiti. Che cosa possiamo imparare da Ester che ci possa aiutare a gestire l’interazione tra le nostre vite interiori e quelle esteriori? Mardocheo ci può insegnare qualcosa riguardo la ricerca della completezza?
Alla fine della storia, tutte le verità interiori vengono alla luce. Mentre il racconto procede, sembra esserci una capacità di redenzione nella libera espressione di sé. Dopo che tutto è stato rivelato, Ester diventa una potente regina e Mardocheo il consigliere più fidato del re. Perfino Assuero sembra assumere una condotta più consona a un re. Ognuna di queste identità più complete è stata raggiunta riconciliando la persona interiore con quella esteriore.
Questa storia racconta anche il bisogno di tenere la propria identità interiore lontana dagli occhi della gente. Quando Ester entra alla corte del re, Mardocheo le raccomanda di non rivelare la sua identità; successivamente, le ordinerà di farlo. Sembra esserci un momento giusto e uno sbagliato per rivelarsi.
Forse in questa storia vengono raccontate le dinamiche identitarie, che non possono sfuggire alla tensione tra libera espressione e inibizione. Noi siamo chi siamo non solo grazie alle nostre auto-rivelazioni, ma anche grazie alla cura amorevole del nostro mondo interiore.
È pur vero che non tutte le vite interiori sono uguali. Aman utilizza il suo travestimento per scopi oltremodo distruttivi, e viene alla fine distrutto dal suo Sé interiore. Aman si accascia sul divano di Ester, rivelando più che una smania di potere. Mardocheo viene smascherato dai suoi princìpi, Aman dalla sua superbia e bramosia.
Nel momento perfetto, Ester esce allo scoperto come ebrea, e salva il popolo ebraico. Sebbene la guerra tra i mondi interiori e quelli esteriori sembri essere finita, non c’è una chiara vittoria di un Sé sull’altro. C’è invece una nuova e varia completezza, un’integrazione tra maschera e uomo.
I rabbini descrivono il Dio del Libro di Ester come un Dio nascosto, un Dio che danza tra il rivelato e il nascosto, aspettando pazientemente il momento giusto per uscire allo scoperto. Il nome Ester, in ebraico, significa “Mi nasconderò”, che altro non è che Dio che ci invita a cercarlo.
Anche noi troviamo la nostra via sia nelle tensioni verso l’interno che in quelle verso l’esterno. Spesso lavoriamo dietro le quinte per la cura di un’esistenza separata, di un senso di riservatezza e di chiarezza. E quando arriva il momento di sostenere le proprie verità interiori, il principio o la propria gente, allora dobbiamo uscire allo scoperto e testimoniare ad alta voce, fieri e sicuri.
Credo sia giunto il momento di istituire una Giornata Nazionale Ebraica del Coming Out, e il digiuno di Ester è il giorno adatto per prendere una decisione. Un giorno di digiuno potrebbe sembrare un po’ severo per una tale celebrazione, ma in realtà permette di riconoscere le paure e i pericoli di coloro che non sono ancora usciti allo scoperto, e di fare spazio alla confusione e allo sconvolgimento che il coming out di una persona cara può provocare nei genitori, nei fratelli e nelle sorelle, nella famiglia allargata e negli amici.
Forse dovremmo costruire un’opportunità rituale per il coming out durante gli ultimi attimi del Digiuno di Ester, poco prima che inizino i festeggiamenti di Purim. Gli ebrei LGBT che vogliono sfruttare questa giornata come un’occasione per fare coming out potrebbero benissimo decidere di utilizzare il digiuno di Ester per centrarsi nella chiarezza e nella preghiera, dedicandosi alla loro integrità e verità e preparandosi scrupolosamente.
E poi, quando si inizia a leggere la Megillah [il Libro di Ester, n.d.t.] e i festeggiamenti iniziano, e mentre alcune maschere si indossano e altre cadono, possiamo sentire per la prima volta che la nostra storia di mascheramenti, di scoperta di sé e di autoaffermazione pubblica è una potente storia di esseri umani, ma anche, nel senso più vero e profondo, una storia ebraica.
Testo originale: “INSIDE – OUT: Purim as a Jewish Coming-Out Day”