“Chiesa e omosessualità”. Un documento del Consiglio Luterano-Riformato francese
Documento elaborato da un gruppo di lavoro incaricato dal Consiglio Permanente Luterano-Riformato francese [1] rivisto e redatto da Michel Cordier e Gérard Krieger nel luglio 2002, tradotto da Piero
Questo dossier di lavoro è destinato ai diversi ambiti ecclesiali del CPLR (Consiglio Permanente Luterano-Riformato, NdT) che desiderano riflettere ed emettere pareri sulla questione dell’omosessualità e del suo posto nella vita delle nostre Chiese.
Esso esamina la questione senza cercare di armonizzare posizioni e interpretazioni talvolta differenti, questo per incoraggiare ogni lettore a sviluppare la propria riflessione e ad elaborare la propria opinione sulla questione.
Si compone di due parti:
– un “documento di base” elaborato da un gruppo di lavoro incaricato dal CPLR, e redatto da due suoi membri nel luglio 2002.
Il “documento di base” comprende: una introduzione con contesto storico-sociale e note preliminari, un approccio biblico e teologico (corredato dall’allegato 1), un approccio psicanalitico (corredato dall’allegato 2), un approccio psico-sociologico (corredato dall’allegato 3), prospettive d’orientamento (corredate dall’allegato 4), un invito a diventare creativi e una bibliografia che permette di andare oltre a tutti quelli che desiderano approfondire la questione dell’omosessualità.
– una parte “allegata” comprende una dozzina di testi, riflessioni e contributi d’autori destinati a dare inizio alla riflessione dei lettori. La parte degli “allegati” è introdotta da un sommario dettagliato e segue il disegno del documento di base. I testi, articoli, riflessioni di teologi o di commissioni sono citati senza modifiche e sono classificati per temi (biblico, psicologico, ecc.) in modo da corredare, approfondire e dinamizzare la riflessione di tutti quelli che vogliono farsi un’idea personale della questione “Chiesa e omosessualità”.
CHIESA E OMOSESSUALITÀ: DOCUMENTO DI BASE [1]
I Introduzione e contesto storico-sociale
II Note preliminari
III Angoli d’approccio per trattare la questione
a) Il punto di vista biblico
b) Il punto di vista psicanalitico
c) Il punto di vista psico-sociologico: portata simbolica della cosa istituzionalizzata pubblicamente
IV. Derivano da queste analisi tre orientamenti che suggeriamo alle chiese
a) Accoglienza incondizionata delle persone omosessuali
b) Riserve riguardo a un culto pubblico di benedizione di coppie omosessuali
c) Pastori omosessuali e ministero nella Chiesa
d) Conseguenze
I Introduzione e contesto storico-sociale
L’omosessualità è sempre esistita, in tutte le società. Attraverso la storia e le civiltà è stata trattata diversamente, talvolta valorizzata culturalmente, spesso vituperata e condannata. Riguardando, secondo stime, tra il 5 e l’8% della popolazione umana, non è mai stata determinante nelle grandi scelte della società e nelle politiche mondiali.
Come tutte le minoranze, gli omosessuali sono stati trattati durante la storia secondo le ideologie, le paure e i fantasmi, soprattutto gli interessi della maggioranza dominante.
Ma la rivoluzione democratica delle civiltà occidentali, basata sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ha cambiato i rapporti umani e sociali: la parola d’ordine “libertà, uguaglianza, fraternità” ha iniziato un movimento fondamentale che non ha finito di ripercuotersi nei costumi contemporanei. L’individuo, con i suoi diritti e la sua realizzazione, è diventato il centro delle preoccupazioni per il rispetto della libertà di pensiero, d’espressione e di coscienza di ciascuno.
Dopo i movimenti di liberazione della donna negli anni 60, gli omosessuali si vivono come una minoranza oppressa e poco a poco rivendicano il diritto di vivere la loro sessualità come gli altri (che chiameranno sempre di più gli etero), cioè senza condanna e senza discriminazione. Negli anni 80, le Chiese di Francia si erano confrontate con una prima ondata di rivendicazioni attorno all’affare del pastore Doucé, e la riflessione delle Chiese ruotava attorno a ciò che si chiamava in quell’epoca “omofilia”.
Dagli anni 90, i movimenti omosessuali tornano alla carica per un riconoscimento pubblico della loro esistenza e della loro rivendicazione all’uguaglianza dei diritti sociali: da una parte il dramma dell’AIDS – che ha cominciato a colpire le comunità omosessuali e a creare delle situazioni umanamente intollerabili, dall’altra parte le manifestazioni spettacolari e provocanti dei Gay Pride annuali obbligano l’opinione pubblica a prendere sul serio l’esistenza e le rivendicazioni degli omosessuali nelle nostre società democratiche occidentali.
In Francia, dopo un dibattito nella società fatto in fretta e passionale, è votata una legge per la creazione di un patto civile di solidarietà (PACS) che è un contratto di vita tra due persone qualunque sia il loro sesso. Concretamente e simbolicamente il pacs rappresenta un avanzamento importante per il riconoscimento della coppia omosessuale nel nostro paese.
Queste evoluzioni e queste rivendicazioni hanno inevitabilmente ripercussioni nelle Chiese, non solo di Francia, ma di tutta l’Europa. Nel 1994, la Federazione Protestante di Francia ha adottato un testo intitolato “L’omosessualità. Elementi di riflessione” che è ancora un testo di riferimento oggi. In tutti questi approcci, la domanda è posta riguardo allo spazio delle persone e delle coppie omosessuali nelle comunità cristiane: sono accettate e riconosciute in quanto persone omosessuali fino alle implicazioni più concrete della vita cristiana? Oppure sono tollerate? Sono rifiutate?
Le domande che le persone omosessuali pongono alle Chiese sono essenzialmente di tre livelli:
– 1) L’accoglienza e l’accettazione senza discriminazione delle persone omosessuali nelle comunità ecclesiali (le parrocchie) e nei luoghi di responsabilità e d’impegno, per esempio al consiglio presbiterale
– 2) La benedizione di un’unione omosessuale che si impegna nella durata e nella fedeltà
– 3) L’accettazione di candidati omosessuali al ministero pastorale
II. Note preliminari
A) Differenza non significa disuguaglianza
Nel contesto attuale, un certo discorso sociale e ideologico tenta di banalizzare l’omosessualità e di farne un modello d’unione a parità con l’eterosessualità. In tutti i campi noi ci confrontiamo con una filosofia del relativismo dove tutto si equivale e dove uguaglianza è confusa con indifferenziazione: molto spesso gli uomini e le donne non osano più affermare né assumere la loro differenza per paura d’essere considerati come sessisti. Noi rischiamo di essere tributari dell’arbitrario non sapendo più identificare il senso dell’universale, cioè che l’umanità è necessariamente costituita da uomini e donne in relazione.
Molti pensano che la debolezza dello Stato, portatore simbolico della Legge, che lascia che diventi fragile il modello di riferimento del matrimonio tra due persone di sesso differente, modello che fonda la relazione uomo-donna, rischia d’essere destrutturante per tutta la società. È tanto più importante che le Chiese, portatrici anch’esse di significato simbolico sociale, si posizionino.
B) Doppia funzione del Diritto
Se è vero che la libertà di fare figli o no, di convivere senza sposarsi o no, di vivere anche una relazione omosessuale entra nelle possibilità e nelle rivendicazioni attuali, bisogna dire anche che queste scelte personali non hanno mai creato Diritto. Da qui una domanda che ci sembra centrale in questa riflessione, perché si pone anche in questi termini per la Chiesa istituzione: il Diritto deve essere normativo, costringente, o deve accontentarsi di seguire i costumi? E le Chiese lo stesso?
Per situare questa problematica, citiamo la Signora E. Guigou, allora Guardasigilli (Ministro di Grazia e Giustizia, NdT), durante la sua introduzione al colloquio del 4 maggio 2000 intitolato: Quale diritto per quali famiglie? “Il diritto (di famiglia) si situa alla confluenza di due esigenze. Da una parte, il diritto ha una dimensione simbolica e normativa. Dà riferimenti. Dice ciò che deve essere. Autorizza e vieta. Attraverso di esso la società enuncia le sue scelte, pone dei valori e dà alle sue credenze un senso civile, politico e antropologico. Dall’altra parte, il diritto non può restare in disparte delle grandi evoluzioni moderne di cui rendono conto particolarmente le scienze sociali: una maggiore uguaglianza tra gli uomini e le donne, una evoluzione verso l’individualismo e la realizzazione personale, verso più libertà e responsabilità, il cui corollario è d’altronde un maggiore indebolimento dei legami. Poiché la società non può essere indifferente al movimento d’autonomia e di libertà, da un lato, e all’esigenza di stabilità e di responsabilità, dall’altro, il diritto deve insieme adattarsi e costituire riferimenti.”
Vediamo che la questione si pone quasi negli stessi termini alle Chiese in quanto istituzioni: accogliere e accompagnare i cristiani d’oggi e annunciare il Vangelo dando riferimenti in un mondo in mutazione. È per questo motivo che desideriamo mettere la nostra riflessione sulla questione dell’omosessualità all’interno di questa doppia dinamica: adattamento e preoccupazione di riferimenti, apertura e lucidità.
C) Per giungerci, ci sono tre scogli da evitare
– 1) Indietreggiare davanti ai discorsi e alle pressioni dei militanti incondizionati che agitano i termini “Esclusione” e “Discriminazione” non appena si confrontano con una rimessa in questione dell’ideologia in voga. Ricordiamo che distinguere non è discriminare e che porre riferimenti e limiti non è escludere ma permettere di (e obbligare a) situarsi. Porre domande sull’omosessualità e rifletterci con serietà non è essere omofobi!
– 2) Ignorare l’evoluzione dei costumi e cercare di mantenere lo status quo ricorrendo alle argomentazioni teologiche e psicologiche più conservatrici con il pretesto di “non scandalizzare i più piccoli”.
– 3) La tentazione demagogica: la Chiesa ha talmente perso il suo prestigio e dubita talmente del suo posto nella società, i pastori hanno tali problemi d’identità e d’immagine pubblica che è grande la tentazione di fare di tutto per farsi riconoscere e farsi accettare in un mondo che fa sempre più a meno della Chiesa.
Come osare una parola forte e vivere le nostre convinzioni nel mondo dell’auditel? Ecco un dilemma proprio protestante, che la questione complessa della Chiesa confrontata con la questione omosessuale riattiva.
D) Sfida per le Istituzioni ecclesiali
In tensione tra il necessario adattamento all’evoluzione delle società e il dovere di vigilanza riguardo alle sfide fondamentali, bisogna che la Chiesa -in quanto istituzione- abbia il coraggio di tener insieme la tensione dinamica della Legge [2] e dell’Amore.
La Legge perché ci libera dalla confusione, l’Amore perché ci rende possibile la comunione tra gli esseri umani nel rispetto della loro alterità. Tutt’e due sono vitalmente, nella loro tensione, strutturanti persone e società.
III. Tre angoli d’approccio per trattare la questione
A) Il punto di vista biblico
Prima di tutto, conviene non proiettare sui testi biblici le questioni che sono nostre. Il ricorso alle Scritture ha piuttosto per effetto di metterci a distanza da noi stessi, di decentrarci e di lasciarci interrogare. D’altronde, non esiste interpretazione che sia oggettiva, univoca, valida per tutti: l’interprete e la sua storia, le sue credenze e i suoi pregiudizi fanno inseparabilmente parte del suo ragionamento interpretativo.
Non bisogna domandare alle Scritture di fornire una risposta alla questione dell’omosessualità, ma esse ci danno informazioni su una comprensione dell’uomo dal punto di vista della fede. È per questo motivo che non cercheremo risposte dirette nelle Scritture, ma piuttosto una domanda che inviti a reinterpretare la realtà e ad assumere la situazione presente.
Se la questione dell’omosessualità non è ignorata dagli autori biblici, non sembra però essere una preoccupazione maggiore. L’omosessualità è certo condannata dall’Antico come dal Nuovo Testamento.
Tuttavia, non è un soggetto in sé, ma una dimostrazione tra altre del fatto che gli uomini si rinchiudono nell’idolatria. A parer nostro, bisogna rileggere le Scritture a partire dal loro cuore che è, per noi, la giustificazione dell’uomo attraverso la fede, cioè il riconoscimento incondizionato dell’essere umano, indipendentemente dalle sue qualità e dai suoi atti. In ciò che concerne la sessualità, non c’è qui nessun angelismo né innocenza, ma il riconoscimento che tutti – etero e omosessuali – sono giustificati malgrado qualunque cosa.
Detto questo, le Scritture rinviano anche alla strutturazione dell’essere umano che suppone la differenza, l’alterità e il limite. Ognuno si trova qui interrogato. In ciò che concerne l’omosessualità, le parole severe di Levitico 18,22 (“Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio” – Testo CEI – NdT) e Lv 20,13 sono un richiamo alla strutturazione dei rapporti umani che passa per il rispetto della distinzione e dei limiti. Questo testo fa eco al messaggio dei racconti della creazione dove la vita è il frutto di una Parola di nomina, distinzione e separazione seguita da una benedizione.
In Romani 1,24-28 l’apostolo Paolo considera l’omosessualità come sintomo e segno tra altri del rifiuto della differenza e del limite che caratterizza tutti gli esseri umani.
Si tratta sempre di tenere insieme, in una tensione irriducibile, un riconoscimento ultimo che non dipende né dall’omosessualità né dall’eterosessualità ma dalla sola fede, e una strutturazione simbolica che chiama ad integrare per quanto possibile il senso dell’alterità e del limite.
In questa stessa riflessione, si può ugualmente studiare il testo della FPF (Federazione Protestante di Francia, NdT) citato più sopra e che sviluppa una argomentazione biblica e teologica, come pure gli altri testi biblici che fanno menzione dell’omosessualità, cioè: Gen 19,4-10, Gdc 19,22-25 nell’A.T. e 1 Cor 6,9, 1 Tm 1,10 nel N.T.
B) Il punto di vista psicanalitico [3]
1) Né Sigmund Freud, né i suoi discepoli ed eredi fecero dell’omosessualità un concetto o una nozione propria della psicanalisi. Il freudismo non ha prodotto teorie specifiche di questa disposizione sessuale che si faceva derivare dalla bisessualità propria della natura umana e animale.
La biologia portò verso la fine del XIX secolo la prova organica che l’embrione umano era dotato di due potenzialità, una maschile e l’altra femminile. Fliess sviluppò l’idea che la bisessualità biologica si prolungava nell’essere umano in una bisessualità psichica di base e la sfida dello sviluppo psichico sarà il buon funzionamento o no della respinta dei caratteri dell’altro sesso.
In altri termini: c’è in ogni essere umano del maschile e del femminile, e ogni sesso respinge più o meno bene ciò che è dell’altro sesso per costruire la propria identità. Questo fa luce sulla grande difficoltà di dibattere serenamente sulla questione dell’omosessualità, che ciò avvenga nella Chiesa o nella società.
Quando parliamo d’omosessualità, parliamo anche d’una parte di noi, che abbiamo più o meno bene integrato e con la quale viviamo più o meno armoniosamente in noi stessi.
2) La storia dell’omosessualità vista dalla psichiatria, poi dalla psicanalisi è plurisecolare. In nome di una teoria dell’ereditarietà di una omosessualità costituzionale, innata o naturale, certi scienziati combatterono le legislazioni repressive d’Europa che colpivano l’omosessualità, e in 10 anni attorno al 1900, apparvero più di mille pubblicazioni su questo tema.
Quanto a Freud, ciò che lo interessa non è valorizzare, dichiarare inferiore o giudicare l’omosessualità ma capire le sue cause, la sua genesi, la sua struttura dal punto di vista della sua dottrina dell’inconscio; da qui l’interesse rivolto all’omosessualità latente degli eterosessuali nella nevrosi e nella paranoia.
In una parola, Freud fece entrare l’omosessualità in un universale della sessualità umana e la umanizzò rinunciando a farne una disposizione innata o naturale, o una cultura, per concepirla come una scelta psichica inconscia. Secondo la dottrina dell’Edipo e dell’inconscio, l’omosessualità come conseguenza della bisessualità umana, esiste allo stato latente in tutti gli eterosessuali.
In una lettera destinata a una donna americana che si lamentava di avere un figlio gay, Freud scrive nel 1935: “L’omosessualità non è evidentemente un vantaggio, ma non c’è niente in essa di cui si debba aver vergogna, non è né un vizio, né uno svilimento, né ancor meno una malattia; noi la consideriamo come una variazione della funzione sessuale, provocata da un arresto dello sviluppo sessuale e della scelta dell’oggetto.
Numerosi individui molto rispettabili, dei tempi antichi e moderni sono stati omosessuali e tra essi si trovano grandi uomini (Platone, Michelangelo, Leonardo da Vinci…). È una grande ingiustizia perseguire l’omosessualità come un delitto. Di più, sappiate che è vano voler trasformare un omosessuale in eterosessuale.”
Per il discorso psichiatrico del XX secolo, l’omosessualità restava una inversione sessuale, una anomalia psichica, mentale o costitutiva, un disturbo dell’identità o della personalità, e anche per i successori di Freud si poneva negli anni la questione di sapere se si sarebbero accettati omosessuali nella fila degli psicanalisti.
Bisognò attendere gli anni 1970 perché l’omosessualità non fosse più guardata come una malattia, ma interamente come una pratica sessuale: si parlò da allora delle omosessualità e negli Stati Uniti, l’Associazione degli Psichiatri Americani decise in seguito a un voto (!) di eliminare l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
Jacques Lacan fu il primo psicanalista della seconda metà del XX secolo a rompere con la persecuzione che colpiva gli omosessuali nell’Associazione Psicanalitica Internazionale, raggiungendo infine quello che Freud aveva osato scrivere nel 1935. Così ricorda con forza che l’omosessualità è un orientamento sessuale tra altri orientamenti perversi (in senso psicologico, e non morale, di deviazione) e non può in nessun caso designare o riassumere l’identità di un soggetto.
3) Lacan, infatti, ha fatto della questione del soggetto il perno della sua opera: l’aspirazione di ogni psicanalisi è quella dell’assunzione [4] del soggetto. L’identità di un soggetto proviene dall’ordine simbolico, quindi da una nomina. Non è dell’ordine del rappresentabile o del visibile: non è equivalente alla somma delle diverse identità, dette immaginarie, che indossiamo nel corso della nostra esistenza.
Questa questione dell’identità di un soggetto può così intendersi, in una concezione teologica questa volta, come effetto della Parola di divieto dell’idolatria o secondo la prospettiva paolina: “poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28 – Testo CEI – NdT).
Indirizzarsi al soggetto implica per lo psicanalista due esigenze congiunte di cui non può fare economia nel corso del suo atto: mantenere viva la dimensione d’accoglienza del soggetto e dire il cammino singolare che intraprende il soggetto nel corso della sua esistenza (niente soggetto senza Altro [5], niente soggetto senza storia).
È solo in riferimento a questa doppia esigenza che lo psicanalista può (e deve) interpretare l’omosessualità di un soggetto (e non il soggetto che vive la sua sessualità secondo una modalità omosessuale!) come una fissazione dello sviluppo psicoaffettivo a uno stadio del complesso di Edipo. Questa fissazione è (e deve restare) una fissazione interpellante che, a suo modo, secondo la propria via (detta perversa etimologicamente), e all’insaputa del soggetto, designa il luogo dove ogni essere umano è attraversato da queste sue due tensioni fondamentali: passione per l’uguale a sé e desiderio d’alterità.
Di conseguenza:
– 1) Il modo di espressione della sessualità di un individuo non riassume nè determina l’identità di un soggetto.
– 2) È solo attraverso e al di là delle vicissitudini della sua storia che il soggetto può essere accolto (ascoltato).
– 3) L’accoglienza in verità di un soggetto implica che non siano banalizzati, avallati, normalizzati i suoi diversi modi di apparire al mondo: se le vie attraverso le quali ognuno può sperimentare e provare la sua sessualità non devono essere colpite da un giudizio discriminatorio, non è tuttavia concepibile per lo psicanalista fare sì che si equivalgano queste due tendenze che sono l’omosessualità (come passione dell’uguale a sé) e l’eterosessualità (come desiderio d’alterità).
Conclusione: Se la psicanalisi non ci permette di rispondere alla domanda della benedizione, né a quella del ministero, ci invita a inserire i nostri fratelli e sorelle omosessuali nell’ordine dell’umanità caratterizzata dalla nevrosi, dall’imperfezione, dalla limitazione e dal peccato in senso paolino. Ci invita all’accoglienza senza discriminazione di quelli che sono diversi e che rispettano le leggi della società umana.
C) Il punto di vista psico-sociologico: portata simbolica della cosa istituzionalizzata pubblicamente
1) Bisogna anzitutto sottolineare il fatto che c’è una distanza tra riconoscere a un individuo il diritto di vivere la sua sessualità come la sente, e il riconoscimento ufficiale e pubblico (dalla legge o da un rituale sociale istitutivo) di una unione portatrice di diritti.
2) La credenza secondo cui basta amarsi e che la differenza dei sessi è solo un’opzione tra altre, è espressione della confusione dei sentimenti, dei riferimenti e dei pensieri nelle rappresentazioni sociali. Riti pubblici istituiti dallo Stato o dalle Chiese possono avere un effetto di rafforzare questo orientamento. Una delle conseguenze della confusione è l’aumento della violenza in un mondo affascinato dalla ricerca del simile, dell’uguale a sé, e dal rifiuto dell’altro diverso. Ora ci sembra che la funzione delle Chiese non sia d’essere in sintonia con la modernità ad ogni costo, ma di leggerla, interrogarla e confrontarla con una parola strutturante.
3) La società umana si costruisce con dei legami interumani ma si fonda e divienne perenne attraverso la differenza dei sessi. È per questo motivo che l’omosessualità non può essere eretta a modello sociale, né a modello d’identificazione, né a riferimento tra altri su cui potrebbe costruirsi la società. La legge e l’atto pubblico non devono mettere sullo stesso piano l’omosessualità e l’eterosessualità con il rischio di fare a pezzi il fondamento sociale e di accelerare la sconnessione di questa società.
4) Il rifiuto di fare dell’omosessualità un modello sociale tra altri e che darebbe gli stessi diritti di quelli del matrimonio e anche dell’adozione, ha come effetto di limitare e strutturare gli individui e non ha lo scopo di rifiutare o discriminare. La differenza dei sessi e quella delle generazioni deve restare uno zoccolo solido per gli individui, le coppie e le famiglie d’oggi e di domani. Più questo zoccolo sarà chiaro e solido, più la società potrà accettare modi di vivere diversi. Se la società civile oltrepassa questo limite che ha solo lo scopo di essere strutturante, le Chiese possono avere il coraggio di rifiutare che tutto si equivale, persistere a fondare la differenza e indicare i loro riferimenti e i loro valori di base.
IV. Derivano da queste analisi tre orientamenti che suggeriamo alle chiese
A) Accoglienza incondizionata delle persone omosessuali
Le Chiese sono chiamate ad accogliere e ad accettare ogni persona senza discriminazione di sesso, di razza, d’origine, d’ambiente, d’orientamento compreso quello sessuale. Hanno per vocazione d’accogliere ognuno così com’è e d’aiutarlo a vivere la sua vita e la sua fede nella fedeltà alla Parola di Dio.
Invitano anche le famiglie a non giudicare o rifiutare il loro figlio o la loro figlia che rivelassero d’essere omosessuali, anche se questa accettazione familiare ed ecclesiale non implica che l’omosessualità sia un modello sociale. Ognuno deve poter realizzare la sua vita nel rispetto e nella dignità delle persone.
Le Chiese dovrebbero incoraggiare i pastori a informarsi e a formarsi per un’accoglienza e un accompagnamento adeguati e che tengano conto della specificità della questione omosessuale, e dovrebbero mettere a disposizione dei pastori, dei responsabili di Chiesa e delle parrocchie un dossier sulla questione dell’omosessualità.
B) Riserve riguardo a un culto pubblico di benedizione di coppie omosessuali
Non ci sembra adatto che la Chiesa istituzionalizzi pubblicamente situazioni che sono solo particolari, anche se sono oggi più accettate. Perché, per l’impatto della sua parola pubblica e per la forza simbolica dei suoi riti, la Chiesa rischia di contribuire, anche suo malgrado, alla confusione attuale che vorrebbe far credere che tutto vale e si equivale.
La questione, infatti, non è di sapere se una coppia omosessuale è capace di amarsi veramente e di impegnarsi nella durata: ne è sicuramente capace quanto una coppia mista. La questione non è qui dalla parte dell’Amore, ma è proprio dalla parte della Legge (nel senso in cui la intendiamo nel capitolo “approccio psicanalitico”) cioè della distinzione e del senso simbolico sociale che porta.
Rifiutando di benedire un’unione omosessuale, la Chiesa affermerebbe ufficialmente che considera che la relazione della coppia omosessuale dipende anzitutto dal particolare e che non può pretendere di ergersi a modello d’identificazione allo stesso titolo della relazione della coppia eterosessuale.
C) Pastori omosessuali e ministero nella Chiesa
Sulla questione dell’accettazione o no di pastori omosessuali in un ministero ecclesiale, un atteggiamento congelato e globale non sembra augurabile. Tuttavia, è importante prendere in considerazione i seguenti elementi:
– L’orientamento sessuale in sé non è un argomento di rifiuto: i criteri di selezione non devono essere basati su un orientamento sessuale, ma invece su capacità umane e competenze professionali indipendenti dalla sessualità.
– Il pastore è esposto a una dinamica di transfert: la responsabilità ecclesiale è un luogo inevitabile di transfert e di identificazione molto potente. Infatti, che lo si voglia o no, i parrocchiani proiettano sul pastore e sulla sua coppia pastorale una domanda di modello portatore tanto di rappresentazioni quanto di riferimenti rassicuranti e strutturanti. Anche se la nostra teologia e la nostra ecclesiologia insistono a dire che il pastore non è e non può essere “il modello”, il pastore non è libero né padrone del transfert che i suoi parrocchiani fanno su di lui. Ecco il suo limite, la sua forza e la sua vulnerabilità.
– Si tratta di tener conto della sensibilità attuale dei membri delle Chiese nate dalla Riforma e di porsi onestamente la domanda: i nostri parrocchiani e i nostri pastori sono pronti a ricevere in modo sereno un(a) pastore(a) omosessuale e la sua coppia nel presbiterio delle nostre parrocchie, o in altri luoghi di vita forse meno simbolicamente esposti?
– Bisogna essere chiari sul limite dell’accettabile: per esempio, un pastore che non saprà serbare alla sua omosessualità un carattere privato, o che ne farà una militanza pubblica, avrà superato questo limite.
D) Conseguenze
Invitiamo le Chiese a introdurre flessibilità nel loro funzionamento invece di paralizzarsi da sole rinchiudendosi nella trappola di una regola generale e uniformante, o al contrario, perdendosi nell’assenza di regole e di riferimenti. Invitiamo le Chiese e i diversi partner dell’esercizio di un ministero (istituzione ecclesiale, responsabile del posto occupato, ministri) a tener conto degli elementi indicati più sopra.
E POI?
Numerose sono le Chiese protestanti occidentali che danno prova d’immaginazione per trovare una sorta di terza via davanti alle questioni poste dalla domanda di benedizione delle coppie omosessuali.
Tra il rifiuto e l’accettazione incondizionata, si tratta per molti di trovare un modo d’essere Chiesa anche per le persone omosessuali, ma senza cadere nella trappola della confusione dove non ci sarebbe differenza tra omosessualità ed eterosessualità. Per le Chiese protestanti ciò è più difficile in quanto, per l’appunto, non dicono “sposare”, ma “benedire” matrimoni e unioni.
Quindi si pone la questione di sapere come proporre una cosa diversa da un accompagnamento pastorale, ogni atto pubblico potendo molto presto prestarsi a confusione. Allora, di fronte a una domanda di una coppia omosessuale di essere benedetta da Dio, se non è il rifiuto, cosa proporre? Una preghiera per la coppia? In quale cornice? Una benedizione (con o senza imposizione delle mani) che non sia compresa dal pubblico come un “matrimonio protestante”?
A titolo d’esempio, ecco la pratica adottata dall’Unione Sinodale Berna-Jura in Svizzera, nel dicembre 1999. In questa data, il Sinodo ha adottato un nuovo articolo del regolamento ecclesiastico creando uno spazio liturgico per le coppie dello stesso sesso.
Questo articolo è posto volontariamente nella rubrica “Comunità solidale” sotto il capitolo “Diaconia e cura d’anime” e non sotto la rubrica “Matrimonio” per evitare ogni confusione con quest’ultimo.
Questo articolo dice in sostanza questo: “L’accompagnamento spirituale e l’aiuto vicendevole offerti dalla Chiesa si rivolgono allo stesso modo alle persone sole, alle coppie sposate o non sposate, alle famiglie, alle coppie e alle persone attratte dallo stesso sesso, ai divorziati e alle persone separate, alle famiglie monoparentali, alle vedove e ai vedovi.”
Le persone che vivono in situazione particolare, che attraversano periodi dolorosi o felici, potranno così rivolgersi alla Chiesa che sarà in grado di offrire loro una risposta adeguata. Il seguente articolo è stato accettato in prima lettura: “D’accordo con il Consiglio parrocchiale, il pastore può celebrare culti secondo l’intenzione di persone in situazione di vita particolare. Questi culti devono corrispondere allo spirito del Vangelo e avere l’adesione della comunità.” [6]
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[1] Composizione del gruppo di lavoro incaricato dal Consiglio Permanente Luterano-Riformato, (CPLR) dell’elaborazione di questo documento:
ECAAL (Chiesa della Confessione Augustana di Alsazia e Lorena – NdT): Raymond HEINTZ (psichiatra), Bernard STURNY (pastore)
EELF (Chiesa Evangelica Luterana di Francia – NdT): Mayanga PANGU (pastore)
ERAL (Chiesa Riformata di Alsazia e Lorena – NdT): Michel CORDIER (pastore)
ERF (Chiesa Riformata di Francia – NdT): Jean-Daniel CAUSSE (teologo), Nadine DAVOUS (medico)
SERVIZI COMUNI ECAAL-ERAL: Gérard KRIEGER (pastore, terapista di coppia). Testo definitivo rivisto e redatto nel luglio 2002 da Michel CORDIER e Gérard KRIEGER
[2] Quando parliamo qui di Legge, si tratta ben inteso della Legge in senso psicanalitico, cioè della Legge simbolica che struttura lo psichismo e non della legge della Scrittura, spesso opposta alla grazia. Ciò che costruisce l’essere umano, sono certo contemporaneamente l’amore e la legge. Quello che si trova enunciato qui su un piano antropologico si articola con una dimensione specificamente teologica che si situa nella tensione della giustificazione e della santificazione. Il Vangelo è la giustificazione dell’uomo per mezzo della fede, e. lungi dall’essere statico, questo Vangelo ci chiama a riconciliarci sempre più con la nostra condizione umana, cioè ad accogliere l’alterità, la differenza e la nostra finitezza.
[3] Le linee che seguono s’ispirano principalmente a Freud e a Lacan. I punti 1 e 2 devono molto all’articolo Omosessualità nel Dizionario della Psicanalisi di Elisabeth Roudinesco e Michel Plon, pubblicato da Fayard nel 1997.
[4] Assunzione del soggetto (in senso lacaniano): una nascita sempre rinnovata.
[5] Altro: la parte d’inconscio e d’alterità costitutiva di ogni essere umano.
[6] Malgrado la sua attualità, la questione della genitorialità omosessuale non è stata trattata in questo dossier perché essa dipende da un altro dibattito.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
La bibliografia (ndr in francese) sull’omosessualità conta migliaia di referenze. Non si tratta dunque di essere esaurienti ma di dare sotto alcune referenze che ci sono servite durante la nostra riflessione o che possono servire a quelli che vogliono andare oltre.
Testi di Chiesa
“Homosexualité – Amour homosexuel”, EKiR, Synode 1992.
“L’homosexualité : éléments de réflexion”, FPF, 1994.
“L’amour homosexuel : point de vue biblique et pastoral”, EkiR, Synode 1994.
“Homosexualité et Eglise”, SPP info n°2, Eglise Réformée Bernoise, 1995.
“Peut-on légitimer l’homosexualité ?”, Conférence des Evêques de France, 1996.
“Homosexualité et cultes de bénédiction”, Eglise Réformée de Zürich, 1998.
“Famille, Conjugalité, Filiation”, FPF, 1998.
“La sexualité humaine”, Conférence des Evêques anglicans, Lambeth, 1998.
Contributi teologici ed etici / Riviste
ANSALDI J., “Entre l’interdit et la complicité : la place de l’homosexualité dans l’éthique chrétienne”, EThR 1987/2, pp 209-222.
ANSALDI J., “La discipline des ministères ou le fantasme de la double éthique”, EThR 1996/3, pp 409-416.
CAUSSE J-D., “Homosexualité et éthique de la reconnaissance : un déplacement théologique”, Colloque de l’Institut Roman d’Ethique, Genève, avril 1999.
CUVILLIER E., “L’homosexualité dans le Nouveau Testament : entre radicalisation et déplacement”, Colloque de l’Institut Roman d’Ethique, Genève, avril 1999.
FUCHS E., “L’homosexualité dans la perspective d’une théologie de l’altérité”, Lumière et Vie n°147, avril 1980.
SCHROER S., STAUBLI T., “Jonathan aima beaucoup David”, Foi et Vie Cahier biblique n° 39, 2000.
THERY I., “Pacs, sexualité et différence des sexes”, Revue Esprit, octobre 1999.
THEVENOT X., “Les homosexualités masculines et leur nouvelle visibilité”, Etudes, 1999.
Libri e opere generali
“Homosexualité”, Encyclopaedia Universalis, 1998; ANATRELLA T., “La différence interdite”, Flammarion, 1998; DEMUR C., MULLER D., “L’homosexualité”, Labor & Fides, 1992.
DERMANGE F., EHRWEIN C., MULLER D., “La reconnaissance des couples homo- sexuels”, Le champ éthique 34, Labor & Fides, 2000; DUBREUIL E., “Des parents de même sexe”, Odile Jacob, 1998; FREUD S., “Trois essais sur la théorie de la sexualité”; FREUD S., “Un cas d’homosexualité féminine”, Oeuvres complètes Vol XV.; FUCHS E., “Le désir et la tendresse”, Albin Michel, Labor & Fides, 1999; GRAESSLE I., BUHLER P., MULLER C. D. éd., “Qui a peur des homosexuel(le)s? Evaluation et discussion des prises de position des Eglises protestantes de Suisse”, Labor et Fides, 2001; LACAN J., “Séminaire 4 : La relation d’objet”; LACAN J., “Séminaire 8 : Commentaire du Banquet de Platon”; PLATON, “Le Banquet”; PROKHORIS S., “Le sexe prescrit. La différence sexuelle en question”, Aubier, 2000; VIVARES P., “Homme et femme il les créa, la question de l’homosexualité”, Centurion, 1994.
Una ricerca documentaria dettagliata può essere fatta su Internet, sia per tema, sia visitando i siti delle Chiese o dei Movimenti e le Associazioni interessate alla questione.
Testo originale: Dossier de travail “Eglise et homosessualité”