Qualcosa di personale. Etero o gay le strade del rifiuto sono infinite
Riflessioni di Giacomo Tessaro*, volontario del Progetto Gionata
Da storico volontario gionatino rifletto spesso sulle identità LGBT: è inevitabile, con il lavoro di traduzione e la lettura di così tanti testi relativi a tali tematiche. Inoltre sono interessato ai campi dell’affettività e della sessualità in tutta la loro ampiezza e ne faccio spesso oggetto delle mie riflessioni più o meno serene, logiche o fondate, in maniera più o meno adeguata.
Anche perché mi trovo a vivere un triplo paradosso: sono un etero convinto che si interessa al mondo LGB, mi sento assolutamente maschio e mi interesso al mondo trans, ho passato praticamente tutta la mia vita da single e mi interesso al mondo dell’affettività e della sessualità. Sarà che ho una personalità spiccatamente osservatrice, che raramente si impegna nell’azione, il motivo per cui sono così attratto da mondi e vite che scorrono paralleli al mio mondo e alla mia vita. Mi piace osservare tutto ciò negli altri, ma nell’osservazione (lo dico con rammarico) si esauriscono spesso tutto il mio bisogno e i miei moti, tutto ciò che ho da fare e da dire (e che il più delle volte non dico). Per questo partecipo poco, mi sporco raramente le mani: non a caso sono single da una vita!
Tutte queste mie osservazioni e riflessioni mi hanno portato a interrogarmi sovente sull’origine dell’odio, o almeno del fastidio, che molti provano nei riguardi delle persone omosessuali e dei loro comportamenti: odio e fastidio che personalmente non ho mai provato (al massimo un certo disagio quando alcuni gay ci hanno provato con me), che non ho mai capito e che, come tante altre cose, scavano un profondo solco tra me e “la massa” (ma questo, come recita l’adagio, è un altro discorso).
Certo, ogni cosa che si allontana dalla norma del gruppo (dal gruppetto giovanile alla società nel suo complesso) è vista perlomeno con sospetto ed è vittima di pregiudizi; ma, altra grande questione su cui certo dibattono gli specialisti di varie discipline, come mai questo sospetto spesso trascende e si trasforma in violenza? Ho letto un certo numero di libri e articoli su questo e su altri argomenti affini, ma non saprei riassumerli ed estrarne il succo in questa sede: non sono davanti a una commissione d’esame e questo è poco più di un articolo di intrattenimento.
Credo però che il nonconformismo in campo sessuale, a prescindere dall’omosessualità o dall’identità trans, sia particolarmente malvisto dal gruppo di riferimento o dalle persone vicine a chi non si adegua a certi comportamenti sessuali, reputati normali e necessari. Forse è un discorso banale, ma vorrei portare alcuni esempi personali.
Tra le molte persone che ho conosciuto online, c’è un caro amico che tutt’ora frequento e la cui conoscenza risale a diversi anni fa: pur essendo molto legati, abbiamo litigato relativamente spesso e diverse volte ci siamo separati per un periodo di tempo. In una di tali occasioni in cui ci trovavamo sulla chat di Skype, di punto in bianco mi disse che voleva divertirsi e che voleva recarsi, con me, di giorno in un cinema a luci rosse e di sera in un club privé: “Ho in mente alcune cose losche ma divertenti… andiamo al cinema e poi in un bel club privé che ho adocchiato su Internet: offro io… ho proprio voglia di sballare!”.
Ora, per chi tra voi è abituato a questo tipo di svaghi, tutto questo può parere normale e forse non capirà lo stupore e lo spaesamento che provai in quella occasione: sapevo certamente che certe cose esistono, ma cosa avevano a che fare con me? L’esibizione della propria sessualità mi è sempre parsa una cosa non consona a una persona introversa come me, e comunque sospetta anche negli altri (ecco che ritorna il tema del prossimo che non si adegua alle nostre aspettative in tema di sessualità: non ne sono certo esente!).
Tentai di far capire al mio amico che certe cose non mi interessavano e che avrebbe potuto coinvolgere qualcun altro: questi mi attaccò con “Io ho bisogno di frequentare persone vive che mi facciano uscire da questa situazione di merda, non trentenni che vivono come ottantenni”. Lì per lì, e ancora per un certo periodo, rimasi molto ferito da quelle parole: peraltro, questa non fu l’unica volta che accadde una cosa del genere, perché ritornammo altre volte sul medesimo argomento, con il medesimo risultato.
Come ho detto prima, ci siamo separati più volte negli anni, e sempre la lingua batteva sul dente della sessualità: probabilmente lui si faceva portavoce di un atteggiamento sessuale più diffuso e accettato del mio (di totale distanza e rifiuto di certe forme di esibizionismo e mercificazione), considerato minoritario, perdente, frutto di anormalità comportamentale. Solo con il passare del tempo il mio amico è giunto ad accettarmi pienamente e forse, almeno in alcune cose, a darmi ragione: ora, più che di club privé, parla di convivenza e di impegno, pur rimanendo il tipo godereccio dalla sessualità esuberante che è sempre stato.
Altro esempio, altra persona conosciuta in Rete anni fa. Costui, per farla molto breve, era un donnaiolo interessato a tematiche spirituali: tempo prima si era avvicinato al buddhismo e forse alla New Age, e attualmente frequentava uno gruppo tipicamente postmoderno vagamente ispirato al hinduismo.
Ma la sua più grande passione erano le donne: non concepiva una vita senza una relazione sentimentale. Usciva con molte, tuttavia va detto che cercava con tutte le sue forze una relazione stabile: non lo dico per fare del moralismo, ma per inquadrare il personaggio. Il problema con questa persona è che faceva molta fatica ad accettare la mia singletudine e i miei scarsi sforzi per cercare di intrecciare una relazione con chicchessia: anche lui vedeva i miei comportamenti come il sintomo di qualcosa di anormale.
All’epoca ero molto più avventato e ingenuo: cercavo di parlare con lui della sua e della mia spiritualità, anche perché in quel tempo ero ancora in ricerca, ma presto cominciammo a scontrarci su quel tema, sempre lo stesso, anche se cercavo di confrontarmi con lui in maniera pacata. Alla fine (era uno che perdeva le staffe facilmente) si mise ad accusarmi di essere geloso della sua donna. Interrompemmo subito i rapporti e poco dopo tagliai i ponti con l’intero ambiente virtuale nel quale l’avevo conosciuto, ma non l’ho mai dimenticato, anche perché aveva i suoi bei problemi e ha fatto una fine non felice. Potrei citare molte altre situazioni e molti altri dettagli.
Il mio disgusto per certi approcci alla sessualità (che vorrei distinguere dall’amicizia e dall’affetto che ho provato per le persone in questione, anche se tale amicizia non ha potuto svilupparsi, con l’eccezione dell’amico di cui sopra) non è stato molto ben visto dalle persone che mi circondavano all’epoca, eppure l’omosessualità non c’entra nulla. Da me ci si aspettava un certo approccio alla sessualità, che non ci fu e che anzi fu contrario alle loro aspettative, e venni emarginato, escluso: il medesimo meccanismo dell’omofobia.
Ci sarebbe poi da parlare delle coppie che escludono gli amici single dalle loro frequentazioni (anche questo ho vissuto) ma non ho intenzione di scrivere un saggio, solo fornire un punto di vista un poco più ampio al tema del rifiuto dell’omosessualità e della transessualità.
Le strade del rifiuto e dell’emarginazione sono infinite: non tutte sono violente o cruente, molte sono lastricate di buone intenzioni, altre sono battute in modo inconsapevole: l’amico fraterno di ieri, con cui condividevi delle belle fette di vita, una volta accoppiato non ha più occhi che per lei. Chi se ne frega: coglieremo ben altre opportunità nel supermarket postmoderno della socialità: sta a noi trasformare tali opportunità in rapporti profondi e preziosi.
* Giacomo Tessaro, nato nel 1980, ha cominciato a frequentare la Chiesa Valdese e Metodista nel 2008, dopo molti anni di adesione all’ateismo materialista e dopo una conversione alla fede in Dio maturata nelle sue letture di carattere religioso e filosofico. Sin dagli inizi della sua frequentazione protestante è stato incaricato della predicazione nella sua piccola comunità metodista di Vintebbio, in provincia di Vercelli, per la quale svolge anche compiti di cura pastorale. Ha la passione della scrittura e della traduzione e svolge l’attività di traduttore per il mensile Évangile et Liberté dal 2010, oltre che per il Progetto Gionata – Fede e omosessualità.