Quale risposte da l’Islam sunnita e sciita alle domande poste dalle persone LGBT?
Articolo pubblicato sul sito dell’associazione LGBT Human Rights Campaign (Stati Uniti), liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Più di un miliardo di musulmani abitano questo pianeta: spazi geografici, linguistici e culturali enormemente diversi. Ne risulta che le loro convinzioni sulle questioni relative alle persone LGBT non possono essere riassunte facilmente.
L’Islam
Con più di un miliardo di fedeli l’Islam è la seconda religione nel mondo, nota per la sua varietà culturale ed etnica. Fondata dal profeta Muhammad (la pace sia su di lui) nel 622, l’Islam è una religione abramitica che condivide le sue radici con l’ebraismo e il cristianesimo, e riconosce Abramo, Mosè e Gesù come profeti.
Il suo testo sacro è il Corano, e ci sono anche fonti secondarie che regolano le pratiche cultuali come la Sunna e gli Ḥadīth, che studiosi e fedeli continuano a studiare e interpretare. Il ccuore dell’Islam è la Shahada, una dichiarazione di fede che recita “Non c’è altro dio all’infuori di Dio”; un adattamento posteriore aggiunge “e Muhammad è il suo profeta”.
La Shahada è uno dei Cinque Pilastri dell’Islam che includono anche l’elemosina, il digiuno, la preghiera più volte al giorno e il pellegrinaggio alla Mecca, finanze permettendo, almeno una volta nella vita.
Dal momento che l’Islam non ha un apparato di governo centrale, non è possibile enucleare un punto di vista univoco riguardo agli argomenti che interessano le persone LGBTQ. I musulmani e le varie istituzioni si collocano in un vasto spettro di accoglienza e inclusività, e il livello di rifiuto può andare dalla segregazione sociale alla violenza psicologica: tutto dipende dalla nazionalità, dalla generazione a cui si appartiene, dall’educazione famigliare e dalle influenze culturali.
Negli Stati Uniti c’è un crescente movimento atto a creare comunità inclusive per i musulmani LGBTQ e i loro amici, che comprende il lavoro accademico di interpretazione dei testi sacri basata sulla medesima celebrazione della diversità della creazione che guidava Muhammad.
Uguaglianza LGBTQ, orientamento sessuale e identità di genere
Negli Stati Uniti è raro che un musulmano LGBTQ dichiarato si senta completamente accolto in una moschea tradizionale. Le norme culturali e la lettura tradizionale dei testi sacri spesso confermano l’identificazione di genere eteronormativa e binaria e un orientamento sessuale che non tiene conto della gamma di identità presenti nella società odierna. Comunque, secondo un recente sondaggio del Public Religion Research Center, più di metà (52%) dei musulmani americani è d’accordo che “la società dovrebbe approvare l’omosessualità”.
Un numero crescente di studiosi islamici, specialmente in Occidente, ha iniziato a riesaminare gli insegnamenti religiosi riguardo alle relazioni omosessuali e a chiedersi se la totale condanna delle persone LGBTQ sia un’interpretazione errata. Ci sono comunque sempre più opportunità di aderire a comunità alternative. L’associazione Muslims for Progressive Values (Musulmani per i valori progressisti, MPV) ha fondato moschee ad Atlanta, Columbus e Los Angeles. La Muslim Alliance for Sexual and Gender Diversity (Alleanza islamica per la diversità sessuale e di genere) ogni anno organizza in Pennsylvania un ritiro per musulman* LGBTQ. Il MECCA Institute ha aperto recentemente una scuola online per lo studio della teologia islamica inclusiva, rivolta a chi cerca interpretazioni più aperte dei testi sacri.
Nel mondo molte culture islamiche riconoscono e accettano gli uomini e le donne transgender: infatti è più probabile che si accetti l’idea di un uomo o di una donna che si identifica come un membro del genere opposto rispetto ad un uomo o una donna che esprime desiderio sessuale per qualcuno del proprio genere.
A partire dal 1988 le procedure cliniche per la riassegnazione di genere sono state dichiarate accettabili secondo la legge islamica dagli studiosi dell’egiziana Al-Azhar, la più antica università islamica del mondo. In Iran nel 1987 l’ayatollah Khomeini aveva dichiarato permissibili, per le persone transgender, le operazioni chirurgiche.
La base di tale accettazione è la convinzione che la persona sia nata transgender ma scelga di essere omosessuale, facendo dell’omosessualità un peccato. Non di meno molt* musulman* transgender dopo la chirurgia di riassegnazione subiscono il rifiuto sociale e culturale da parte delle loro comunità, lì dove continuano a vivere dove sono cresciut*; se non possono andare a vivere altrove, dove nessuno l* conosce, spesso subiscono violenze verbali e fisiche.
Il matrimonio omosessuale
Come accade anche negli ambiti cristiani ed ebraici, i testi sacri islamici sono stati usati nei secoli per opprimere le persone LGBTQ. Una lettura tradizionale del Corano può portare alla condanna delle relazioni omosessuali, e di conseguenza del matrimonio omosessuale.
Comunque, dal momento che non esiste un apparato centrale di governo, le comunità e i singoli sono liberi di fare le loro scelte riguardo a questo argomento. I matrimoni omosessuali sono celebrati da pochi imam in alcune moschee inclusive presenti negli Stati Uniti e in Canada. Uno dei più eminenti musulmani statunitensi, nonché ex membro della Camera dei Rappresentanti, il democratico del Minnesota Keith Ellison, dichiara inequivocabilmente: “Credo nell’ampliamento dei diritti e delle responsabilità matrimoniali a favore delle coppie omosessuali, e che questi matrimoni debbano essere riconosciuti dagli altri Stati e dal governo federale”.
Non discrminazione
Nel 2013 la Islamic Society of North America, la maggiore organizzazione musulmana degli Stati Uniti, ha dichiarato la sua approvazione dell’Employment Non-Discrimination Act (ENDA, una legge contro la discriminazione sul lavoro), unendosi così ad una coalizione ecumenica e definendo l’ENDA una “soluzione misurata e di buonsenso che assicurerà che i lavoratori siano giudicati per i loro meriti, non per caratteristiche personali come l’orientamento sessuale o l’identità di genere”. Da allora, però, le istituzioni musulmane statunitensi non hanno preso una posizione formale riguardo le modalità di non-discriminazione delle persone LGBTQ.
Ordinazione
Non c’è un formale processo di ordinazione nell’Islam. La preghiera è molto spesso condotta da imam che hanno completato gli studi teologici e hanno dimostrato di avere un forte carisma. Le imam donne e LGBTQ hanno ruoli direttivi in molte comunità, tra cui le Unity Mosques (moschee gay-friendly). L’imam Daayiee Abdullah, fondatore del MECCA Institute, Ani Zonneveld, fondatrice del MPV, e Amina Wadud, studiosa musulmana indipendente, sono tre fra i leader musulmani americani più eminenti che oggi operano per l’inclusione delle persone LGBTQ.
Testo originale: Stances of Faiths on LGBTQ Issues: Islam – Sunni and Shi’a
Link che segnaliamo:
La pagina dei Musulmani Omosessuali in Italia
La pagina di Sveva Basirah Balzini, musulmana queer, femminista e intersezionale