Quale sarà il posto delle persone LGBTQ nei temi del prossimo sinodo?
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 12 marzo 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il Vaticano ha annunciato che il prossimo Sinodo dei vescovi, che si terrà nel 2022, avrà come tema la “sinodalità”, o, come recita il suo titolo, Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. Mentre cominciano i preparativi, sorge la medesima domanda dei tre precedenti Sinodi: quale sarà il posto delle persone LGBTQ?
Riportiamo parte dell’articolo del [bisettimanale cattolico progressista] National Catholic Reporter: “Il 7 marzo scorso, con un breve comunicato, il Vaticano ha annunciato che il tema del prossimo Sinodo sarà la ‘sinodalità’. Questo termine, che letteralmente significa ‘camminare insieme’, è un tema centrale del pontificato di Francesco, che ha sollevato molte questioni, quando non confusione.
L’idea di base del suo magistero è che, attraverso la grazia del Battesimo, siamo tutti parte del Corpo della Chiesa, e quindi responsabili della sua vita e della sua missione. In una Chiesa gerarchica, tale responsabilità condivisa richiede la convocazione di Sinodi in modo regolare, serio e strutturale, per ascoltare tutti i membri della Chiesa. Ma questo non significa, come ha ribadito il Papa, sottoporre le decisioni al voto, come se il Sinodo fosse un parlamento”.
Il National Catholic Reporter riporta parte di un documento sulla sinodalità pubblicato nel 2018 dalla Commissione Teologica Internazionale, un organo della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel documento, che ad ogni modo ribadisce l’autorità ultima della gerarchia, troviamo scritto: “Una Chiesa sinodale è una Chiesa fatta di partecipazione e corresponsabilità. Nell’esercizio della sinodalità, la Chiesa è chiamata a esprimere la partecipazione di tutti, conformemente alla vocazione di ciascuno, con l’autorità conferita da Cristo al Collegio dei Vescovi, presieduto dal Papa. La partecipazione si basa sul fatto che tutti i fedeli sono qualificati e chiamati a servire il prossimo attraverso i doni che hanno ricevuto dallo Spirito Santo”.
Il Sinodo del 2022 sarà il quinto convocato da papa Francesco, dopo quelli del 2014 e del 2015 sul tema della famiglia, quello del 2018 sui giovani e del 2019 sull’Amazzonia. Ognuno è stato a suo modo controverso, ma presi assieme hanno contribuito alla riforma della Chiesa, nonostante i loro molti limiti (in particolare l’esclusione delle donne dal voto; gli uomini laici, invece, possono votare dal 2015).
Nei dibattiti riguardanti la famiglia e i giovani, le questioni LGBTQ sono state in primo piano. Il documento finale del Sinodo sulla famiglia e l’esortazione apostolica Amoris laetitia tendono a non mettere in discussione il Magistero consolidato, non riescono ad approcciare la complessità delle identità transgender, e ripetono le accuse infondate secondo cui gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo sono condizionati all’accettazione del matrimonio omosessuale.
Nelle deliberazioni e nei documenti si nota un’apertura verso le persone divorziate e risposate, ma non verso le persone LGBTQ e le loro famiglie. I partecipanti a uno dei Sinodi sulla famiglia hanno ascoltato i genitori di una persona LGBTQ, ma nessuna persona LGBTQ cattolica.
Molti vescovi hanno espresso la speranza che la Chiesa possa progredire nel suo approccio alle questioni del genere e della sessualità, ma alla fine le loro speranze ancora non si sono avverate del tutto.
Si nutrivano molte speranze attorno al Sinodo sui giovani. Un raduno di trecento giovani, diversi mesi prima del Sinodo, aveva rilasciato un documento che affermava “le risposte semplicistiche non bastano” quando si parla di questioni cruciali, come lo sviluppo della propria identità sessuale e di genere. I giovani invitavano la Chiesa ad approcciare tali complessità, “che i giovani stanno già discutendo liberamente, senza tabù”.
Poco tempo dopo l’Instrumentum laboris, il documento preparatorio del Sinodo, per la prima volta nella storia del Vaticano utilizza l’acronimo LGBT. Al Sinodo si è poi discusso in modo acceso per decidere se includere l’acronimo nel documento finale; l’acronimo è stato alla fine omesso, e il paragrafo concernente le varie sessualità è risultato privo di nerbo. Ancora una volta, le speranze per un cammino verso una maggiore inclusione sono state in gran parte frustrate.
Alla luce di tutte queste speranze deluse, come dobbiamo considerare questi Sinodi? In realtà, bisogna parlare più di processo che di prodotto. Sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI i Sinodi erano già stabiliti in anticipo, e i documenti finale venivano scritti dalla Curia prima ancora che i vescovi arrivassero a Roma; capitava che Giovanni Paolo II, durante il discorso di qualche partecipante, leggesse il suo breviario.
Papa Francesco, invece, intende qualcosa di diverso: la discussione sincera, e anche il disaccordo, fanno parte del processo comunitario di discernimento della Chiesa.
I periodi preparatori vengono utilizzati per un ampio ascolto: migliaia di persone hanno partecipato agli esercizi di ascolto propedeutici al Sinodo sull’Amazzonia, e vescovi e altri partecipanti hanno parlato liberamente su temi quali le benedizioni delle coppie omosessuali e le diaconesse, che in precedenza erano temi proibiti. Sono piccoli passi, ma sono segni di progresso in un’istituzione quale la Chiesa Cattolica.
Cosa dire del Sinodo del 2022? Sarà un test per capire quanto la Gerarchia tiene alla sinodalità, se i vertici della Chiesa prendono sul serio la corresponsabilità (un concetto del Vaticano II, un tempo inesistente) e la partecipazione di tutti i fedeli.
Un indicatore molto importante potrebbe essere il modo in cui i partecipanti tratteranno le questioni LGBTQ. Coinvolgere l’intera Chiesa significa non solo includere tutti i battezzati, ma anche le persone LGBTQ cattoliche e le loro famiglie.
Questo Sinodo dovrà farsi carico di quei fedeli che troppo spesso sono stati spinti ai margini della Chiesa, quando non zittiti, altrimenti gli appelli alla partecipazione e alla comunione saranno parole vuote.
Il cammino comincia adesso, e sono speranzoso. I lettori regolari del nostro sito sanno che l’attivismo dei fedeli cattolici per la causa LGBTQ si intensifica ogni giorno di più, e che un sempre crescente numero di vescovi riconosce come sia un’urgente priorità pastorale l’inclusione delle persone LGBTQ.
È improbabile che il Sinodo cambi il Magistero, o che riconosca i danni di decenni di discriminazione: nessun Sinodo, nessun Papa, nessun documento magisteriale potrà mai farlo. Ma se vedremo discussioni sincere sul genere e la sessualità, e un profondo ascolto, da parte dell’istituzione, delle persone LGBTQ cattoliche, sarebbe un grande passo avanti verso l’obiettivo di essere una Chiesa “casa per tutti”, come vuole papa Francesco.
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e di Bondings 2.0, un blog, aggiornato quotidianamente, che riporta notizie e opinioni dal mondo LGBT cattolico. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: How the Next Synod Treats LGBTQ Catholics Will Be Its Most Telling Indicator of Success