Quali sono gli scopi e la missione della pastorale diocesana con le persone LGBT+?
Testo tratto dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry di Yunuen Trujillo (Paulist Press, 2022), capitolo 3, pagine 29-33, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La maggior parte delle pastorali diocesane con le persone LGBT+ hanno tre scopi: la cura pastorale, la formazione religiosa a livello diocesano, e l’invio in missione.
La cura pastorale
Se nell’ambito parrocchiale la cura pastorale individuale è lo scopo primario dei ministeri LGBTQ, a livello diocesano/arcidiocesano è dare dimostrazione di accompagnamento incondizionato.
Per esempio, in alcune diocesi si tengono degli incontri mensili a cui sono invitati i moderatori dei vari gruppi parrocchiali in modo che possano confrontarsi e coordinarsi: è una cosa utile, in quanto spesso i ministeri parrocchiali si sentono isolati, come se fossero l’unica parrocchia della diocesi ad avere un ministero LGBTQ.
Questi incontri sono spesso accoglienti e inclusivi; ad ogni modo, la missione dei ministeri diocesani/arcidiocesani consiste anche in altro, come essere da guida per le varie parrocchie e anche per altre diocesi.
Le caratteristiche
Un certo numero di diocesi e arcidiocesi cattoliche, a livello mondiale, ha creato dei ministeri LGBTQ, per esempio l’arcidiocesi di Los Angeles, con il suo Ministero Cattolico per Persone Lesbiche e Gay, e la diocesi di San Bernardino, con il suo Ministero per le Famiglie e gli Amici di Persone Gay e Lesbiche Cattoliche, ma ce ne sono altre.
Questi ministeri possono avere varie caratteristiche, a seconda della diocesi. Per esempio, in alcune di esse a fare da leader c’è uno staff retribuito, mentre altre si reggono su volontari laici accompagnati da un direttore spirituale, generalmente un sacerdote. A volte la loro sede è ospitata nella curia, altre volte in una parrocchia specifica.
La loro caratteristica principale, ad ogni modo, è di essere spesso creati dai vescovi e dagli arcivescovi, piuttosto che da laici. Spero vivamente che i vescovi che hanno fondato questi ministeri comunichino con gli altri vescovi per capire come è meglio agire.
Ogni diocesi/arcidiocesi dovrebbe tenere ben presenti i bisogni specifici e le caratteristiche della loro zona; per esempio, per quanto riguarda le diocesi statunitensi, la creazione di questi ministeri previene i suicidi, il bullismo e altre tragedie, mentre in altre parti del mondo è necessario contrastare l’omofobia di Stato, che arriva talvolta a prevedere la pena di morte per le persone LGBTQ. Per questo non è tanto importante la forma del ministero, quanto gli scopi che si propone.
Formazione religiosa e guida spirituale
Alcuni ministeri diocesani e arcidiocesani sono diventati un punto di riferimento per la formazione spirituale sulle tematiche LGBTQ per tutte le parrocchie della diocesi.
Chi si occupa di questi ministeri viene spesso invitato a parlare, in varie occasioni ed eventi, sulla sua esperienza, sulla necessità di tali ministeri, sulle basi della dottrina cattolica e su altri importanti argomenti, e offre anche il suo consiglio a chi vuole far partire un ministero parrocchiale, nonché a sacerdoti, religiosi e laici sulla cura pastorale e altri aspetti del ministero.
Invio in missione
Spesso le pastorali LGBTQ si dedicano ad essere visibili e a raggiungere chi sta ai margini, per esempio facendosi conoscere in diocesi e nelle parrocchie e andando in uscita, fuori dagli spazi ecclesiastici, per raggiungere le periferie.
Si possono organizzare dei banchetti informativi e volantinaggio durante varie occasioni di festa nelle parrocchie o a livello diocesano, oppure una Messa annuale per le persone LGBTQ cattoliche e le loro famiglie, o anche una Messa di accoglienza per tutte le persone che si sono sentite respinte dalla Chiesa.
Altre attività possono essere pensate non solo per farsi conoscere dalle persone LGBTQ cattoliche, ma anche per costruire ponti con la gerarchia; per esempio, un incontro annuale dei ministeri della diocesi con il proprio vescovo/arcivescovo può contribuire a costruire quei ponti.
Alcuni gruppi sono molto rivolti verso l’esterno, intenti a portare la Chiesa nelle periferie; per esempio, il Ministero Cattolico per Persone Lesbiche e Gay dell’arcidiocesi di Los Angeles organizza regolarmente banchetti in tutte le marce del Pride della contea. Questa iniziativa è stata criticata, eppure il banchetto è una presenza amorevole, accogliente e rispettosa per molti partecipanti al Pride. Capita spesso che la gente pensi che questa presenza dell’arcidiocesi sia lì per convertirla all’eterosessualità; altri non riescono a credere che il banchetto sia davvero organizzato dalla Chiesa Cattolica, ma la maggior parte della gente è estremamente grata e piacevolmente sorpresa della presenza del banchetto, il quale è un’occasione per incontrare il dolore che la comunità LGBTQ ha patito a causa delle religioni e per portare nelle periferie il vangelo dell’amore senza secondi fini.
Recentemente questo ministero ha iniziato a partecipare alla Models of Pride Conference, il più grande evento mondiale dedicato alle questioni LGBTQ, organizzato ogni anno in una università statunitense. La conferenza si suddivide in tre grandi percorsi: per i genitori, per i giovani e per i professionisti, e alcuni workshop lì presenti parlano di religione e di fede. Il Ministero Cattolico per Persone Lesbiche e Gay ha finora partecipato solamente con un banchetto, ma spera di poter offrire in futuro dei workshop.
Costruire ponti con i vescovi
Quando tengo una conferenza in qualche luogo, spesso mi chiedono “Come posso aiutare il mio vescovo a far partire un ministero LGBTQ?”. È complicato rispondere, in quanto ciascuna diocesi ha il suo contesto e la sua cultura, ma tutti e tutte abbiamo comunque il compito di costruire ponti tra la comunità LGBTQ e la Chiesa.
Certo, è utile condividere la nostra storia con il nostro vescovo, e coltivare l’amicizia e il dialogo, ed è importante che il vescovo conosca le necessità delle persone LGBTQ, ma dobbiamo anche incontrare ogni persona lì dove si trova, che sia il nostro vescovo o chiunque altro.
È essenziale che noi laici cresciamo nella fede e che agiamo sempre meglio a favore della comunità LGBTQ, e poi, se il nostro vescovo offre la sua disponibilità a creare uno spazio per questo ministero, possiamo renderci disponibili ad assisterlo.
> Altre riflessioni tratte dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry