Quando i genitori sacrificano i loro figli LGBT nel nome di Dio (Genesi 22,1-19)
Testo di Chris Glaser* tratto dal libro Coming Out as Sacrament, Westminster John Knox Press (USA), 1 novembre 1998, capitolo 2, libera traduzione di Giacomo Tessaro
Alcuni padri e madri sono certamente disposti a sacrificare le loro figlie lesbiche e i figli gay (perché omosessuali), abbandonandoli a se stessi nel nome di ciò che essi concepiscono come l’altare di Dio (ovvero la loro fede) il che, nelle culture antiche, era il fine della realizzare di un sacrificio; che era spesso una condanna a morte figurata e spesso letterale.
Abramo pensava che Dio volesse il sacrificio del suo figlio primogenito tanto atteso, Isacco, per sua mano (Genesi 22:1-19). Così portò Isacco su un monte, più tardi associato al luogo dove fu costruito il tempio di Gerusalemme (2 Cronache 3:1), pronto a sacrificarlo in olocausto.
Ma nel momento in cui Abramo si apprestava a versare il sangue di Isacco, un angelo di Dio gli disse di non farlo, utilizzando in sostanza le stesse parole che venivano un tempo utilizzate alla radio a conclusione dei controlli di allarme di emergenza civile, “Questa è stata una prova. Se questo fosse stato un allarme reale…” E un montone venne fornito come sostituto.
Questa storia orribile in realtà è stata per gli Ebrei un progresso teologico! Proprio come Abele ha sacrificato i primogeniti del suo gregge, alcuni popoli antichi, forse persino gli antenati spirituali degli Ebrei, sacrificavano i loro figli primogeniti come forma di ringraziamento.
Questa storia era raccontata per spiegare che il Signore non aveva bisogno di questo da parte degli Ebrei e che un montone o qualche altro animale avrebbe soddisfatto comunque Dio come offerta di ringraziamento. Il Cronista amplia il significato della storia suggerendo che il luogo dove Abramo offrì il montone al posto di suo figlio divenne il sito dove fu edificato tempio di Gerusalemme, il tempio la cui ragion d’essere sarebbe stata il sacrificio di animali.
Non abbiamo bisogno di un midrash gay della storia per vedere immediatamente come essa si applica alle lesbiche e ai gay che sono stati tagliati fuori dalle loro famiglie, sacrificati sull’altare dell’eterosessualità: sbattuti fuori, abbandonati, ignorati, diseredati, divorziati senza affidamento condiviso.
Troppi dei nostri familiari hanno giustificato tali azioni per motivi religiosi. Il concetto di “amore soffocante” è preso dalla dipendenza terapeutica, come se l’orientamento sessuale rientrasse in questa categoria. La famiglia è “purificata” del suo componente come se Gesù non avesse reso la purezza un’espressione immatura e insufficiente della spiritualità: “Non è quello che entra in una persona che la contamina, ma ciò che esce dal cuore di una persona”, dice in fondo Gesù in difesa dei suoi discepoli, quando essi non “battezzano” ritualmente le loro mani prima di mangiare (Marco 7,1-23).
Gesù difende la donna di malaffare che “contamina” la cena a casa di un fariseo, dicendole alla fine “La tua fede ti ha salvata; va in pace” (Luca 7:50). Criticato perché bazzicava le persone sbagliate, Gesù cita Osea 6:6: “Andate dunque e imparate che cosa significhi: ‘Misericordia io voglio e non sacrificio’ ” (Matteo 9:13). Ed è proprio l’acqua messa a parte in giare per i riti di purificazione che Gesù ha il coraggio di trasformare in vino alle nozze di Cana (Giovanni 2:6).
In seguito, con la visione di Pietro riportata in Atti 10 i cristiani avrebbero accantonato l’intero concetto di categorie che definiscono come purezza, concludendo che tutto ciò che Dio ha fatto è puro: “Ciò che Dio ha reso puro, tu non chiamarlo più profano” (Atti 10:15). La voce (di Dio) può anche aver detto: “Ciò che egli ha reso sacro (cioè ogni cosa), non si deve chiamare profano”. O, detto in maniera più positiva, “L’intera vita è un sacramento”!
* Chris Glaser è uno scrittore e teologo cristiano statunitense. E’ stato, per oltre 30 anni, un attivista nel movimento per la piena inclusione dei cristiani LGBT nella Chiesa Presbiteriana (USA) , attualmente è un ministro della Metropolitan Community Church (MCC). Vive il suo ministero attraverso la scrittura e la predicazione. Dopo essersi diplomato alla Yale Divinity School, nel 1977, ha prestato servizio in diversi comunità cristiane e ed ha parlato a centinaia di persone di varie congregazioni, campus universitari e comunità cristiane degli Stati Uniti e del Canada. Ha pubblicato una dozzina di libri di successo su spiritualità, sessualità, vocazione, contemplazione, scrittura sacra, teologia, matrimonio e morte, ma nessuno di essi è stato ancora tradotto in italiano.
Per approfondire: Il coming out come Sacramento