Quando il peccato celava il desiderio. Essere donne e lesbiche sotto la dittatura franchista
Articolo di Leopold Estapé pubblicato sul blog L’ARMARI OBERT (Spagna) il 4 aprile 2013, libera traduzione di Marianna
Il ruolo della donna durante il franchismo (in Spagna) era quello di dar piacere al proprio uomo e di fare figli, essere una donna di casa e una buona madre di famiglia. Non aveva una sessualità e non se ne poteva parlare. L’idea che due donne potessero provare piacere. facendo sesso tra di loro. era inammissibile. La donna doveva essere sottomessa e giocare la parte passiva nel sesso, evitando di mostrare piacere.
Gli uomini omosessuali avevano più o meno coscienza della loro condizione, le donne raramente. Le lesbiche (ndr durante la dittatura franchista spagnaola) non esistevano, non se ne parlava. Soffrivano una doppia discriminazione: per essere donne e per essere lesbiche. La psichiatria le considerava “mascoline”.
Questo succedeva in un regime che aveva come guardiane della morale e delle buone abitudini una divisione di donne nubili in uniforme come, secondo Fernando Olmeda, quelle della “Sección Femenina” un “focolaio di lesbiche al potere”. Un gruppo di donne in marcia con a capo Pilar Primo, che insegnavano alle giovani quello che loro non praticavano, ovvero a essere femmine, cucire e cantare, realizzare lavori di casa ed essere sottomesse al padrone.
Si trattava di una repressione ideologica. La “Sección Femenina” era l’arma utilizzata dal Governo e dalla Chiesa, che definiva ubriache, peccatrici o perverse tutte coloro che non si adattavano alle norme stabilite.
Come in altre epoche di repressione il destino di molte lesbiche fu il convento, però la vita repressiva che vivevano finì per marcare la loro personalità.
In questa situazione le lesbiche non avevano un punto di riferimento e preferirono abbandonare la Spagna alla fine della Guerra Civile. Molte non arrivarono a comprendere la naturalezza dei loro desideri e sentimenti, trovandosi in una situazione di mancata di speranza motivata dalla vergogna, dall’ignoranza e dal senso di colpa.
Si credevano diverse e vivevano nelle catacombe, nell’assoluta solitudine. Molte di loro formarono delle coppie, davanti alla compassione generale che mai vide in queste relazioni un nesso sessuale: “poverine, vivono insieme per farsi compagnia”.
L’invisibilità permetteva che due donne vivessero insieme, senza che nessuno si lamentasse per questo. Potevano dormire insieme, però senza una conoscenza di sessualità femminile e vivendo col timore che quello che stavano facendo fosse peccato o perverso.
Per il franchismo le lesbiche non esistevano, non avevano sesso, dovevano essere sottomesse e obbedienti sempre al servizio dell’uomo. Empar Pineda disse: “il sesso tra donne non si perseguiva perché per il regime non potevano esistere”.
Paulina Blanco, Fundació Enllaç, ci racconta la sua esperienza: “Io ho scoperto la mia omosessualità durante l’adolescenza e provai un altissimo livello di solitudine e di tristezza. Non sapevo che fare, non potevo dare nome a ciò che sentivo perché non sapevo cos’era, non avevo punti di riferimento e non potevo parlarne con nessuno. Mi rifugiai negli studi, che furono la mia salvezza, fino a quando conobbi, in un paese di Cáceres, Incarnita, con la quale condivido la mia vita dal 1972”.
Gli uomini omosessuali riuscirono a trovare luoghi di incontro (parchi, bar, bagni…) in cui potevano esprimersi con meno difficoltà. Questo non accadde con le donne. Boti García Rodrigo, presidente della FELGTB (Federazione Statale di Lesbiche, Gay, Transessuali e Bisessuali) disse: “Non eravamo proprietarie del nostro sesso, né del nostro corpo, né dei nostri pensieri, ne di ciò che succedeva, c’era come una nube che ci nascondeva. Il peccato celava il desiderio, non potevamo dire nulla. Era un orrore”.
Articolo originale: Lesbianas en el régimen de franco