Quando in casa un figlio è gay! Una mamma si racconta
Articolo di Gianni Geraci pubblicato sul Bollettino de Il Guado n.60, Gennaio-Febbraio 1997, pp.29-31.
Mariella è una simpatica signora con una grandissima carica umana; probabilmente gli allievi a cui lei insegnava Religione la consideravano una prof. “giusta”, capace di trattare in modo interessante anche gli argomenti più scabrosi. Da qualche mese cura, insieme a Don Goffredo, ad Alessandro Zabert e a me, la pagina “Spiritualità” di Babilonia. Ho cosi avuto modo di conoscerla e di scoprire la sua storia. Le ho chiesto di venire a raccontarla al Guado e lei ha accettato con entusiasmo.
E’ la storia di una bella signora, conosciuta e rispettata dalla buona società del luogo in cui abita: una delle tante città medio grandi che costellano la provincia italiana.
Una vita ricca di soddisfazioni e interessante: il marito avvocato, due figli, il lavoro di insegnante in un Istituto Magistrale, gli studi di Teologia, le vacanze al mare, i viaggi, le letture, gli incontri e tutto ciò che riempie la vita di una donna intelligente che non si accontenta di avere “la casa in ordine e il pavimento pulito”.
Una storia che non l’avrebbe mai portata ad incontrare il Guado se non fosse intervenuto a un certo punto un elemento imprevisto che ha segnato definitivamente la strada di Mariella: la scoperta, attraverso la sua sensibilità di mamma, dell’omosessualità in uno dei due figli. All’inizio è stata dura: “Perché proprio a me?”; “Non c’è proprio niente da fare?”, “Cosa ho sbagliato nella sua educazione per farlo diventare cosi?”.
Sono queste soltanto alcune delle mille domande che Mariella si è fatta nell’angoscia di un segreto che il figlio, con il suo silenzio, non aveva nessuna intenzione. di rompere. Poteva finire così, ma Mariella è un tipo che non lascia marcire i problemi nel pregiudizio e ha deciso di capirci qualche cosa di più.
Ecco allora le lunghe letture sull’argomento, ecco il parere delle tante persone che frequenta nella Chiesa della sua città; ecco infine le mille parole in cui l’angoscia si scioglie e diventa accettazione di una realtà misteriosa e, per molti aspetti, entusiasmante: un figlio “diverso”.
E’ a questo punto che avviene la confidenza della scoperta al marito. Le reazioni iniziali sono le solite (incredulità, rabbia, prostrazione), purtroppo però in questo caso il pregiudizio ha la meglio e blocca qualunque sviluppo positivo: ancora oggi il marito di Mariella non accetta quel figlio che, con la sua diversità, ha frustrato tutti i suoi progetti di “farne un bel alpinone!”.
Ormai in famiglia i ruoli sono chiari e viene il momento di spingere l’interessato a confessare la sua omosessualità: inizia una partita interminabile, le reti che vengono tese sono tante, i riferimenti più o meno espliciti non si contano, le occasioni che vengono create sono più d’una, ma alla fine la timidezza e la chiusura hanno sempre il sopravvento e non si fa attendere ed è l’inizio di un cammino di serenità in cui la vita del ragazzo pian piano si svela: ecco gli amici, i suoi amici omosessuali; ecco la descrizione delle serate in cui esce per incontrarli e per divertirsi con loro; ecco finalmente il fidanzato che diventa “uno di casa” con cui cenare la sera all’ultimo momento “con quello che c’è in frigo, senza tanti fronzoli!”.
La nuova situazione dà a Mariella l’opportunità di mettere le sue capacità al servizio di coloro che non hanno avuto la fortuna di avere una mamma come lei: decide infatti di impegnarsi in un gruppo di omosessuali credenti.
Anche in questo caso le sorprese non mancano: Mariella scopre una fede vissuta intensamente senza nessuna caduta nella bigotteria, capisce che la diversità può essere un’occasione di crescita formidabile per coloro che la vivono; coglie la dimensione ecclesiologica di una situazione che i più vorrebbero relegare nel campo del “personale”.
Purtroppo il figlio non riesce a seguirla in questo suo impegno, la frase di Manzoni secondo cui “si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene, così si finirebbe anche a star meglio” non ha presa su di lui, che preferisce lasciarsi cullare nel suo “privato” tranquillo.
D’altra parte dietro a questa scelta c’è il mistero della vocazione di ciascuno di noi: chi si butta nel servizio non è migliore di chi non lo fa, risponde solamente a una chiamata diversa. Spinta dalle mille problematiche che con il gruppo è chiamata ad affrontare, Mariella, decide di riprendere gli studi in Teologia e, giunta alle soglie del dottorato finale, chiede di fare una tesi in morale sull’omosessualità.
Purtroppo la paura ha la meglio sui responsabili della facoltà che le propongono un altro titolo perché “per il momento l’argomento è tabù”. Mariella decide allora di non terminare gli studi: la sua tesi sulla nostra condizione la potrà aspettare ancora per qualche anno in attesa di tempi migliori in cui certi argomenti potranno finalmente essere trattati con serenità e con competenza.
Avremo un dottore in Teologia in meno, ma avremo anche una grande testimonianza in più.