Quando in classe il professore è gay
Articolo di Marc Edenweld tratto dal mensile TETU (Francia), n.181, ottobre 2012, pp.94-98, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Nell’intimità di una sala professori o di una classe, a volte è difficile accettare di rivelare la propria diversità alla luce del sole. Ma sempre più insegnanti saltano il fosso e contrariamente ai pregiudizi le difficoltà provengono molto di più dall’istituzione scolastica che dagli allievi stessi. Nel corridoio del liceo Feyder a Epinay sur Seine nel quartiere 93 (periferia parigina) delle ragazze si bisticciano. I toni salgono rapidamente. Laurent, professore di storia, che sta facendo lezione in quel momento a una terza superiore decide d’intervenire “Fate troppo baccano. Non potete andare fuori?“. Una delle due replica “che c’è, bada a come parli brutto frocio“. Esce allora dalla classe un alunno scioccato: “non devi rivolgerti così al nostro prof“.
Pedagogia dell’affermazione
All’inizio dell’anno gli alunni di questa terza ci avevano messo un po di tempo prima di abituarsi al look del nuovo prof di storia e geografia: giacche rosa, pantaloni e magliette variopinte che si cuce da solo, sopracciglia depilate e unghie dipinte. “Gli alunni sono un po’ sorpresi all’inizio, persino intimiditi”, riconosce Laurent, “ma finiscono per abituarsi e certi mi dicono: Ho cambiato idea sull’omosessualità“. Alla fine l’autoaffermazione può essere pedagogica. Il sapere che una cosa esiste e vederla vissuta tranquillamente da qualcuno in vostra presenza, non è la stessa cosa.
A 49 anni questo prof navigato (20 anni nella zona della Seine- St Denis) che ha svolto vari lavori vigile del fuoco, soccorritore, ricercatore ama giocare con le etichette, proprio lui che ha iniziato ad amare gli uomini solo nove anni fa, sarà stata la crisi della quarantina, dice divertito. In effetti sono un quarto gay, un quarto etero, un quarto trans e un quarto lesbica. Amo sempre meno le definizioni. L’affermazione del mio orientamento è importante politicamente, ma trovo insopportabile l’aspetto di normalizzazione che vi viene normalmente associato.
Il liceo Feyder ha 1400 alunni dei quali 70% ricevono una borsa di studio, sono di varie nazionalità e da 5 anni ha anche un prof gay dichiarato. Dopo aver insegnato in varie sezioni del liceo Laurent ora insegna nella sezione tecnica del turismo. Sviluppa una pedagogia innovativa basata sul dialogo e lo spirito d’iniziativa. C’è un’espressione che non sopporto “il prof è di fronte alla classe, mentre dovremmo dire che è al loro fianco, con loro. I ragazzi hanno bisogno di essere rassicurati. Lo sguardo che tu hai nei loro confronti conta molto sul loro comportamento. Non m’importa se le lingue sono troppo sciolte di quel che dovrebbero, preferisco che si discuta“.
Con quest’ottica l’équipe pedagogica del liceo Feyder organizza ogni anno una settimana di lotta all’omofobia ed al sessismo in cui interviene l’associazione Mag (movimento dei giovani gay, lesbiche, bisex e trans). Per Laurent il rispetto reciproco è essenziale e il prof non sopporta più i clichés che i mass media veicolano sui suoi alunni di periferia. “In effetti sembra più complicato essere gay in parlamento che in una scuola di periferia“, dice andandosene con uno scoppio di risa.
Fan di lady Gaga
A Champigny sur Marne dall’altra parte di Parigi, Mélanie 32 anni, professoressa di musica da dieci anni in una scuola media di periferia, non è lontana dal condividere questa opinione. “Non ho mai dimenticato ciò che ero da ragazza“. Quando hai un problema in classe bisogna discuterne non isolarsi, nota quella che con il tempo e con l’esperienza è diventata una prof simpatica e divertente. Nei primi tempi era sempre con il suo tailleur impeccabile. Era per sembrare più vecchia, perché a quell’epoca ero un po mattacchiona. Nel frattempo si è innamorata di una donna.
Cercavo di farmi delle domande sul mio rapporto con gli alunni, mi chiedevo “ma si vede che son lesbica?”. Oggi la prof di musica ha trovato le sue risposte: “Non racconto la mia vita, gli alunni sanno il mio nome, la mia età e che ascolto lady Gaga e va bene così.” Allo stesso tempo non mi nascondo nemmeno, non mi scoccerebbe che lo venissero a sapere. Nella sala insegnanti è un altro paio di maniche: “Parlo abbastanza liberamente della mia compagna come si fa in qualsiasi coppia. I prof più anziani sono stati gentili anche se si vedeva che era una cosa nuova per loro. Al contrario per i miei colleghi giovani è una cosa completamente accettata, come mandare una lettera alla posta”.
Quando gli insulti omofobi girano nella classe Mélanie non esita a interrompere la lezione per ricordare la legge e fare precisazioni sul vocabolario. Spesso il ragazzino che dice insulti omofobi non sa nemmeno il significato delle parole che usa. Gli dico che le persone intorno a lui potrebbero aversene a male. Così la sicurezza tranquilla di Mélanie le permette di instaurare un dialogo con alcuni alunni. “Ho imparato a riconoscere gli alunni che accettano la propria omosessualità e altri che invece la vivono male. Aspetto ovviamente che vengano verso di me, ma spesso mi parlano di se stessi, dei propri problemi di cuore. Forse sentono che io sono di mente aperta, percepiscono la mia apertura di spirito”.
Invito al matrimonio
Andiamo in Belgio dove Jerome trent’anni, prof di storia e geografia è anche lui oggi a suo agio con la sua omosessualità, nonostante sia riservato di carattere. “Non ho mai recitato la parte dell’etero e non mi sono mai nascosto volontariamente“.
Tuttavia questa via di mezzo dopo dieci anni nella stessa baracca gli pesava un po. Allora l’anno scorso quando ha deciso di sposarsi con il suo compagno Nicolas (in Belgio il matrimonio è possibile dal 2003) ha deciso che poteva ufficializzare la sua situazione nei confronti dei colleghi.
Ha appeso un invito al matrimonio in sala insegnanti con la sua foto e quella del moroso. La notizia ha fatto in un batter d’occhio il giro della scuola, dai prof, agli alunni, ai genitori. Alla fine ci sono state solo reazioni positive. Jerome è stato accolto dai suoi alunni con grida di gioia “Prof, complimenti, è una situazione così bella“
E perfino i prof di religione quelli che in teoria si opponevano ai matrimoni gay, sono stati gentili e gli han fatto i complimenti. Quanto alla preside dopo un iniziale stupore, prima di sapere gli aveva chiesto se la sua futura sposa avesse trovato l’abito, in seguito però ha domandato come procedevano i preparativi, come avrebbe fatto con qualsiasi coppia etero. Da allora in poi non ho mai ricevuto né allusioni, ne battute sconvenienti. E il nostro matrimonio reso ufficiale ha permesso ad altri colleghi di parlare dell’argomento. Un’alunna è venuta a scuola con la sua ragazza.
In Francia la situazione della pubblica istruzione è più complicata dice Raphael, vice preside di un liceo della Seine e Marne, desolato dall’assenza di pronunciamenti dei suoi superiori sull’omosessualità. Nella formazione dei presidi le cose sono dette a mezza voce, il problema non viene mai posto. Non ci sono neanche indicazioni dei sindacati. Un preside e un vicepreside sono sempre sotto lo sguardo costante degli alunni e degli insegnanti. Senza parlare dei parenti che vivono con il preside nell’alloggio fornitogli dal ministero, situato nella scuola stessa. In queste condizioni è meglio essere gay dichiarati o tacere?
Nel 2008 una circolare del ministro della pubblica istruzione Xavier Darcos affermava che la lotta all’omofobia era una delle priorità del ministero. Da allora in poi poche cose sono cambiate. Anche se certi sforzi sono stati compiuti: non c’è molto di fatto nei programmi scolastici, là dove si avanza è nelle azioni di sensibilizzazione di lotta all’omofobia fa notare Raphael che del resto ha seguito un seminario di una giornata sull’omofobia durante il corso per presidi.
Esistono ancora dei problemi, tuttavia Arnaud, insegnante dal 1995 nel settore privato, ne ha fatto esperienza a Clermont Ferrand. Insegnava da 7 anni in una scuola media del capoluogo dell’Alvernia quando arrivò un nuovo preside di 32 anni, fresco di nomina. Il mio compagno era abituato a venire a prendermi alla fine delle lezioni e vari prof ci avevano visti insieme a scuola. Il preside è venuto a saperlo e ha cominciato, da allora in poi a stuzzicarmi, moltiplicando le frecciate del tipo: “è in forma oggi, ha fatto il libertino durante il weekend“, oppure “tutti sanno che il prof è un gran libertino“.
Trasferimento come soluzione
La tensione sale alle stelle quando il preside, che insegna, entra nella classe di Arnaud, senza bussare, butta le sue cose in mezzo al corridoio sotto gli sguardi esterrefatti degli alunni dicendo: “Ora facciamo posto alla matematica.”
La persecuzione del preside non conosce limiti, giunge fino a chiedere un’ispezione ministeriale. Questa decisione porrà fine al calvario di Arnaud, poiché l’ispettrice del ministero capirà le manovre di questo preside omofobo. Proporranno allora un trasferimento discreto ad Arnaud.
All’epoca ci è mancato poco che querelassi il preside, ma ho voluto dimenticarmi di questo il più in fretta possibile. Magra consolazione per Arnaud, dopo varie querele, il preside in questione ha subito un trasferimento disciplinare, poco tempo dopo. “Soprattutto non creare scandali“, questa regola non scritta porta spesso la dirigenza scolastica a utilizzare l’arma del trasferimento. Usando questa facile soluzione, il velo dell’oblio ricopre alla svelta gli eventuali fatti omofobi che avvengono nelle scuole.
Quest’anno Cristophe professore alle medie a Martigues (Bocche del Rodano) ha avuto molto da fare con la sua preside. Quando alcuni alunni proferivano insulti omofobi e lo minacciavano perfino di morte, la preside ha preferito rispondergli: “Forse il suo modo di vestirsi spiega gli attacchi che subisce”. Dopo vari incidenti e la quasi assenza di risposte da parte della preside Cristophe finisce per mandare una lettera ai suoi superiori. Il rettorato reagisce immediatamente proponendogli un trasferimento. Mi hanno tolto da un contesto difficile, ma non hanno risolto il problema di un’amministrazione poco interessata all’argomento omofobia. In effetti la preside di cui parla è sempre al suo posto e non ha ricevuto nessun richiamo.
La paura dei genitori
Questa connivenza, vicina all’omertà, si trova molto di più alle elementari e alle materne. I maestri devono subire ancora di più le pressioni dei genitori degli alunni. E’ finito il tempo in cui i maestri la spuntavano sempre nei confronti delle famiglie, in questo gioco questi insegnanti preferiscono restare discreti sulla propria omosessualità.
Come Olivier 29 anni maestro vicino a Parigi che ci spiega: “Lavoro in una città chic e per alcune famiglie cattoliche farebbe scandalo, andrebbero subito a parlare alla direttrice e all’ispettrice”.
Ludovic 32 anni, direttore didattico a Yvelines è della stessa opinione: “E’ paradossale facciamo un lavoro per cui si pretende una grande apertura mentale, mentre la sessualità dei maestri rimane un tabù. Gli insegnanti hanno molta paura dei genitori che son capaci di tutto. Non so se i genitori oggi accetterebbero che il maestro del loro bambino sia gay. Mi chiedo se non assocerebbero ancora l’omosessualità alla pedofilia. Camminiamo sulle uova. Per essere discreto Ludovic ha scelto di abitare in una città diversa da quella in cui lavora.
Una delle sue colleghe Nathalie, 39 anni, critica il potere delle famiglie che non rispettano più l’istituzione dell’istruzione. Risultato questa maestra, che lavora da dieci anni nella stessa scuola, preferisce stare sulle sue. Tra i colleghi non tutti sanno, non lo nascondo di certo, dato che faccio tenere la mia bambina dalla madre di una mia alunna e mi succede di farmi accompagnare dalla mia compagna, ma non l’annuncio nemmeno, anche so che è un po stupido e forse il dirlo farebbe cambiare la mentalità.
A Hem, una cittadina di 17.000 abitanti vicino a Roubaix, Jerome militante socialista e sindacalista è completamente dichiarato nella sua scuola (elementare e materna) in un quartiere con molte case popolari. “Non ho mai avuto intenzione di nascondermi e difendo le mie convinzioni politiche, non vedo perché non dovrei viverle” ci racconta. Se ci sono critiche pretestuose prendo il toro per le corna. Intorno a me sanno che ho un ragazzo. Questo mi permette d’essere molto più disteso.
In effetti, parto dal principio che non si può chiedere il diritto all’indifferenza e a vivere nascosti. Dichiarato, dopo che una mamma l’aveva visto baciarsi con il suo ragazzo in classe, dopo la fine delle lezioni, il maestro va alle feste della scuola con il suo compagno. “A partire dal fatto che le colleghe portano i loro mariti e i colleghi le loro mogli, io porto il mio compagno“.
La sua omosessualità apertamente vissuta non gli ha mai creato problemi in questo quartiere popolare, in cui vivono molti mussulmani. Non ha mai avuto preoccupazioni, per i genitori dei bambini è prima di tutto Jerome il maestro. Generalmente sono indifferenti, ma ci sono state anche madri di famiglia che mi hanno incoraggiato. Del resto quella che mi ha visto baciare il mio compagno, una donna musulmana ha insistito, perché l’anno dopo fossi ancora il maestro della sua bambina.
Anche in questo caso è l’istituzionre ad essere chiusa, un giorno il direttore mi ha convocato per dirmi che non voleva problemi nel quartiere, se il mio compagno voleva venirmi a prendere dopo le lezioni doveva restare nascosto in macchina, mentre i colleghi etero portavano con sé le mogli persino nelle gite scolastiche. Alla fine tutti i miei colleghi mi hanno difeso e le bidelle mi han detto “Non dice quel che pensa il quartiere, ma ciò che pensa lui“.
Una ragione in più, perché la lotta contro l’omofobia e il sessismo diventi una priorità del ministero della pubblica istruzione anche tra il suo personale.
Testo originale: Cas d’école