Ammettere l’impensabile. Quando la violenza domestica irrompe nelle coppie omosessuali
Articolo di Cristina pubblicato sul blog Etre homo (Francia) il 4 luglio 2018, liberamente tradotto da Alessandra Schirinzi
Innanzitutto, facciamo chiarezza! Violenza domestica non significa amore. Che ciò sia chiaro. L’amore NON scusa, NON spiega e NON giustifica…
• i rimproveri,
• le urla,
• le umiliazioni,
• i pugni inferti,
• le ferite sanguinanti,
• le ossa frantumate,
• … una vita che finisce.
Amare è comprensione, è rispetto. Rispettare l’integrità altrui, fisica e morale. La sua dignità. Questa è la premessa. L’atteggiamento principale che si deve avere nei confronti di ogni essere umano e che sia:
• uomo o donna omosessuale
• uomo o donna eterosessuale
• uomo o donna bisessuale
• …o non importa cos’altro.
Questi (falsi) ritratti di celebrità, creati dall’artista Alexsandro Palombo, dovrebbero catturare la vostra attenzione. L’amore della nostra vita, la donna che abbiamo e che ci ha scelto, deve sbocciare accanto a noi come un magnifico fiore. Dobbiamo aiutarla a dare il meglio di se stessa, ad essere una ‘star’, in un certo senso. NON deve assolutamente appassire e perfino… morire per mano nostra.
Sopravvivere in un territorio inesplorato (?)
All’inizio, quando una coppia si forma, ogni persona cerca di immaginare come “far funzionare” la coppia. La convivenza non è fornita di un manuale di istruzioni che spiega tutto, come quando si gioca a Monopoli o si fa funzionare la nuova lavatrice. No!
L’essere umano è estremamente più complesso. Occorre scrivere questo manuale insieme, con pazienza e amore. Questo perché alcuni di noi hanno un’idea particolare dell’amore, una concezione possessiva, patologica… violenta. Vedremo il motivo più avanti.
In definitiva, stabilire regole per far funzionare una coppia è un processo lungo e complesso, poiché ci sono molti campi della vita da riordinare, delle difficoltà a volte inattese da superare. Come la potenziale violenza domestica. Si tratta di addentrarsi assieme in un territorio inesplorato, come in quelle trasmissioni televisive in cui si abbandonano delle persone – su base volontaria – su un’isola deserta e si lascia che se la vedano fra di loro a come sopravvivere… Conoscete il programma, vero?
Relazioni che si radicalizzano?
Avete notato come i rapporti umani – le relazioni – si evolvono rapidamente fra i partecipanti, una volta approdati sulla spiaggia, solo dopo qualche ora? Come i più forti si affermano a scapito degli altri per realizzare le loro idee?
Quando c’è l’assalto delle zanzare, o la pioggia che penetra nei vestiti e nelle volontà più solide, o la fame che rende nervosi e disposti a tutto, il gruppo inizia ad organizzarsi più o meno bene. La scelta fra collaborazione e competizione inizia pesantemente a farsi sentire. In effetti, è necessario prendere le giuste decisioni, sapere come… imporle agli altri in un modo o nell’altro. Per sopravvivere.
Di solito, l’ascendente di questi leader, uomini o donne, questo carisma, proviene da un’autorità innata. Altre volte da una violenza nascosta e trattenuta che gli altri avvertono bene, e ci si sottomettono perché ne va di mezzo la loro sopravvivenza.
Momentaneamente. In quanto ogni partecipante sa che non è che un… “gioco”. Temporaneo.
Ci sono sempre “buone” ragioni nel nostro passato…
Vivere in coppia è esplorare un territorio esteso. Più complesso che vivere su un’isola esotica. Eccetto che non è proprio sconosciuta. E che NON si tratta di sopravvivere ma di vivere, tutto qua. GRANDI differenze.
In effetti, per affrontare la vita e i suoi imprevisti, occorre organizzarsi, sapere “chi fa cosa”. Ciascuno/a dei partner sa in teoria di cosa è capace, quali sono le proprie scelte, i propri desideri. Si va dai piatti preferiti alla sessualità, non tralasciando il lavoro, gli hobby, ecc.
Molti di noi, omosessuali uomini e donne, hanno una vita difficile. Dove è indispensabile lottare nel senso figurato e, qualche volta, letterale del termine. Lottare per esistere, per sostenere la nostra sessualità naturale, ma “contro natura” per tanti che ci giudicano. Occorre smettere di lottare quando si ama.
Quando si parla di violenza domestica?
Per alcuni, questa lotta costante e eccessiva contro la società, contro i genitori, contro gli uomini, ha creato una sorta di banalizzazione di un comportamento limite: violenza verbale, violenza fisica, o a volte morale.
Quando non si riesce a far comprendere il proprio punto di vista all’altro, un’imprecazione o due bei calci sono sufficienti. E l’altro esegue, senza discutere. Com’è facile, vero? Dunque, non più bisogno di spiegare qualcosa. In due secondi, è tutto risolto! BUM!
E la violenza domestica inizia così. Semplicemente. Banalmente. Se nella propria testa non scatta una preoccupazione in questo preciso momento, allora si può diventare una vittima costante all’interno della coppia. Poiché… “Chi tace acconsente”. Se si sta zitti, si condivide questo tipo di comportamento. Allora, cominceranno i tormenti.
Ci sono numeri?
Nel momento in cui ho iniziato a scrivere quest’articolo, ho fatto delle ricerche, e devo confessare che sono rimasta sbalordita dal fatto che in Francia non è stato condotto nessuno studio attendibile su questo argomento. Il sito web ufficiale dello Stato non affronta questo “dettaglio”. Empiricamente si parla tutt’al più dell’11% di lesbiche che sono state oggetto di violenza domestica. Sconfortante.
Ho provato dunque a ricercare altrove. Nell’America Settentrionale, il Canada tratta la questione in modo più coraggioso.
Ma la Palma d’Oro va agli Stati Uniti d’America. Come si rileva da questo manifesto, su cui si può leggere “Secondo il CDC: La violenza nelle relazioni è più frequente nelle coppie di lesbiche, poi in quelle eterosessuali*, infine nelle coppie di gay. In altre parole, il fattore più considerevole per la predisposizione alla violenza nelle relazioni è la presenza di una donna. – *Le donne danno avvio al 70% della violenza domestica. – È ARRIVATO IL MOMENTO DI INIZIARE UNA DISCUSSIONE SULLA TOSSICITÀ FEMMINILE”.
Lo shock
Allora, che cosa ne pensate? Non so voi, ma quando ho letto queste frasi, ho avuto uno shock. Davvero. La percentuale è allarmante e soprattutto, il profilo di chi è il responsabile è chiaro: la DONNA. IL 70%. SETTANTA PER CENTO. Rileggete.
Infatti, come sapete, su questo sito parliamo senza tabù di ogni aspetto della vita delle donne omosessuali. In effetti, riteniamo che ciò che non viene detto rappresenti il vero nemico della nostra causa. E la nostra causa è l’amore.
Successivamente, ho ritrovato anche la vasta inchiesta del 2010 condotta dal CDC, il Centro americano di Prevenzione e di Controllo delle Malattie, indagine intitolata Inchiesta nazionale sulla violenza sessuale e i partner. È illuminante.
Ammettere l’impensabile…
Certamente la cosa più difficile è ammettere di essere vittima di violenza domestica. Che colei che ami… ti maltratta, ti umilia, ti aggredisce, ti picchia. È umiliante, avvilente.
In quei momenti in cui provi dolore in tutto il corpo, in cui la tua anima è ferita, in cui tu sei sola a piangere in un angolo, puoi perfino considerarti una vera… poco di buono (scusa). Non lo sei assolutamente. Ma, dov’è l’amore lì?
Dove???
Ebbene… da nessuna parte. In realtà, non esiste più. È morto, e tu ti fai del male se glielo permetti. Poiché, è proprio in quel momento che occorre dimostrare un vero coraggio: senza mezzi termini sii sincera con te stessa.
Devi dire BASTA. Esci il più velocemente possibile da questa relazione morbosa. Adotta delle misure, come contattare un gruppo di supporto o il Numero Antiviolenza donna 1522.
In conclusione, pensa a te. Non è egoismo. Tu ti devi amare.
Testo originale: “Violence conjugale: les homosexuel/le/s sont aussi concernées”