Quando le ferite inferte a un genitore cattolico con un figlio LGBT+ aprono nuove strade
Riflessione di Anna Battaglia, una madre cattolica con figlio LGBT+, dagli Esercizi Spirituali “Dalle Frontiere” per cristiani LGBT+, i loro familiari e gli operatori pastorali (Bologna, 30 Ottobre- 3 Novembre 2024)
Perché sono giunta qui a Casa San Giuseppe agli esercizi Esercizi Spirituali “Dalle Frontiere frontiere” per cristiani LGBT+ e i loro familiari?
A condurmi la ricerca di trovare un senso alla ferita di una Chiesa matrigna per togliere lame alle parole pronunciate o scritte. Oggi primo novembre mi chiedo: se quelle parole venefiche non fossero state pronunciate, se quelle ferite non fossero state inferte, i miei passi si sarebbero indirizzati allo stesso modo? Sarei riuscita a fare quell’inversione di marcia, quella trasformazione provvidenziale?
Le parole che ho conservato nella memoria del cuore tenacemente strette col loro carico di rabbia, di amarezza, di acredine, di sofferenza in che modo influiscono ancora sulla mia sete di giustizia? Come bloccano il mio cammino di fede?
Come le somatizzo e come influenzano gli equilibri di salute del mio corpo?
Mi è d’aiuto il cammino di CONSAPEVOLEZZA.
Se ripercorro la mia storia di madre di un figlio gay consapevolizzo che RIFIUTO e INGIUSTIZIA io li ho sentiti sulla mia pelle agiti come marchio da Chiesa e società civile. Rifiuto e ingiustizia però appartengono a figli e figlie e non è caricandomeli io che li sdradico. Anzi queste forti emozioni negative fanno venire meno la solidità e il baluardo che un figlio, una figlia devono trovare in un genitore. Io genitore ho la responsabilità di essere trasmettitore e testimone dell’amore di Dio MADRE/PADRE verso ogni preziosa creatura generata.
La sete di riconoscimento e di dignità della Samaritana, come il cammino di consapevolezza di Giuseppe d’Arimatea e di Nicodemo mi spingono ad essere SEME. Ma il seme da seminare deve essere quello buono, non contaminato dalla gramigna delle emozioni negative (rabbia rancore, acredine, amarezza) che mi abitano e mi condizionano.
È tempo di lasciare l’anfora davanti ai palazzi del potere e assumermi la responsabilità di BATTEZZATA, di persona DEGNA, non ho bisogno della conferma del Magistero, attingerò ”l’acqua viva” che mi dona Gesù.