Quando l’omofobia si nasconde nel quotidiano
Articolo tratto dal blog cathogay (Francia), tradotto da Dino M.
“Le dicerie più grevi sui finocchi scivolano su di me senza offendermi. Viceversa le battute mi irritano al massimo grado”. Si tratta di quell’omofobia nascosta nel quotidiano che spesso viene dal mondo cattolico, che afferma come “gli omo inevitabilmente siano dei poveri infelici, che hanno un animo tormentato e infantile. Nient’altro che dei poveri narcisisti su cui non si può fare affidamento, dato che sono dominati dalla loro anormalità”.
Parole che feriscono in profondità finché non siamo in grado di apprezzare noi stessi. Ecco perchè è importante ricordare sempre che “Dio ci ama e ci apprezza in quanto cristiani e gay”. Perchè fintanto che l’omofobia, riesce a colpirci, “significa che noi non riusciamo ancora a credere che il Cristo l’ha già vinta. No, non la vincerà un giorno, in un futuro più o meno vicino, ma, l’ha già vinta lo stesso giorno della sua resurrezione”.
Gli studi sul razzismo sono molto utili per comprendere il meccanismo delle altre discriminazioni, come il sessismo o appunto l’omofobia. E’ evidente che si potrebbe semplicemente aspettare che gli scienziati studino direttamente l’omofobia. Ma in questo campo non sono ancora stati raccolti dei dati. Invece per quanto riguarda il razzismo abbiamo alle nostre spalle decenni di studi, in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Francia.
Un articolo che mi ha molto colpito: secondo due psicologi americani, le vittime del razzismo (in questo caso gli Afro-Americani), hanno sviluppato, nel corso del tempo, un’estrema sensibilità agli attacchi più piccoli, al cosiddetto “razzismo sottile”.
Infatti questa forma diffusa e meno pesante di razzismo fa loro molto più male, poiché non sempre essi riescono a dimostrarla (non vengono creduti quando la denunciano) e dunque nemmeno possono combatterla.
Mentre invece gli Americani bianchi reagiscono soltanto ai casi estremi di razzismo e ritengono che i loro compatrioti Afro-Americani siano talvolta “esageratamente suscettibili” e che “reagiscano per un nonnulla”. Avevo già sentito simili commenti riguardo agli Ebrei o anche sulle donne. Vi traduco un passaggio che mi sembra particolarmente significativo:
« Come si può leggere nel numero di settembre della rivista Psycological Science , gli aspiranti al lavoro di colore, che avevano sperimentato come a volte le scelte nell’assunzione siano nello stesso tempo ingiuste e criticabili, riuscivano meno bene nei test (che sono descritti nell’articolo) poiché una parte delle loro risorse mentali erano utilizzate per spiegarsi queste ingiustizie. La cosa più interessante è che al contrario, gli aspiranti bianchi erano molto più sensibili al razzismo “maggiore” piuttosto che alle discriminazioni più sfumate.
I due autori, Salvatore e Shelton, lo spiegano col fatto che i bianchi raramente fanno l’esperienza di un razzismo apertamente rivolto a loro; per questo essi neppure notano le forme sottili di razzismo.
Ed al contrario si trovano completamente destabilizzati dal razzismo “primario”. Si può invece constatare che molti neri sono molto più capaci di affrontare il razzismo “primario” nella sua forma più odiosa; al contrario è il razzismo allusivo, costante, vago, sempre un po’ “al limite” che li addolora di più” ».
Eh sì, io comprendo perfettamente ciò di cui si parla in quest’articolo e me lo figuro esattamente, poiché è la stessa cosa che provo io di fronte all’omofobia “light”. Le affermazioni di omofobi “primari”, come senz’altro voi ne conoscete, non mi fanno più niente. Così come le dicerie più grevi sui finocchi: scivolano su di me senza offendermi.
Viceversa le battute che sono “colpi bassi” mi irritano al massimo grado. Io sono spesso molto contrariato dall’omofobia light e in particolare se viene dal mondo cattolico.
Quando per esempio si suppone che gli omo inevitabilmente siano dei poveri infelici, che hanno un animo tormentato e infantile. Nient’altro che dei poveri narcisisti su cui non si può fare affidamento, dato che sono dominati dalla loro “anormalità”. E che non trovano una ragione di vivere se non scimmiottando gli etero, come nel matrimonio o nell’essere genitori. Un esempio? Quando si vuole screditare un omo all’interno di un gruppo, certi etero fanno quel piccolo gesto facendo scattare il pugno, che vuol suggerire che si tratta di un finocchio (nel testo francese viene usato il termine “tapette” che è la spatolina forellata con la quale si scacciano le mosche, reggendola appunto con il pugno chiuso. Familiarmente “tapette” indica anche un gay effeminato, per cui il gesto francese dell’usare la palettina equivale all’italianissimo toccarsi l’orecchio – ndr).
Ma senza dirlo, beninteso, perchè non si vuole sembrare omofobi. E se qualcuno prende delle posizione omofile e lo fa capire, sicuramente è perché, anche solo in parte, deve essere omosessuale. Allora, come tutti sanno, è sugli omofobi su cui si dovrebbero avere dei dubbi…Va bene, d’accordo, ho esagerato un po’…Facevo così per ridere…
Oppure quando si dice nel modo più mellifluo, che l’omosessualità è una situazione anormale, ma mai e poi mai si dirà degli omosessuali che essi stessi sono anormali. Poiché si ha troppo rispetto per loro, vero? Chi non ha riconosciuto da queste affermazioni un certo Vescovo belga?…(Si tratta di Mgr Léonard, membro della Conferenza Episcopale, che il 4 aprile 2007 rilasciò un’intervista dal contenuto offensivo nei confronti degli omosessuali – ndr)
Detto questo, esiste dunque una “ipersensibilità” delle vittime che le non-vittime non potranno mai capire e che troveranno sempre un po’ esagerata o anche indisponente. Secondo me questo fatto spiega perché molti omosessuali fanno fatica ad avere amici etero, anche quando si tratta di omofili.
E spiega anche quando li si sente dire “tu non puoi capire” ai loro amici etero, che talvolta cercano di minimizzare la loro suscettibilità. O quando degli etero sussurrano a proposito del loro amico omo che non si deve “parlare di questo argomento davanti a lui, poiché lo irriterebbe ancora di più”.
La stessa “ipersensibilità” che fa sì che fin dalla più giovane età, gli omo diventino degli esperti della menzogna, del camuffamento, della cortina di fumo, della clandestinità e della doppia vita. Poiché “tutto” è meglio che diventare il diretto obiettivo di questa omofobia dissimulata ma stabile. E’ meglio che “gli altri” non sappiano mai anche se al prezzo di un po’ di apparente omofobia. Meglio stare nell’armadio che in piena luce.
Come li capisco! Dato che, per quanto riguarda gli armadi, io sono ancora abbonato a molti di essi… La questione dell’orgoglio” (il famoso pride) non è dunque secondaria. O, riprendendo il linguaggio cristiano, quella della lode e dell’atto di ringraziamento. Vivere nella vergogna, significa per forza di cose consentire che la più piccola espressione omofobica assuma sempre maggior forza.
Finché non siamo in grado di apprezzare noi stessi, la più piccola ombra ci getta nella completa oscurità. Qualche volta sono un po’ severo con le associazioni omo cattoliche che si limitano soltanto a vivere “la croce” senza progredire verso la lode.
E’ urgente che ci sia un’associazione gay cattolica che proclami forte e chiaro che Dio ci ama e ci apprezza in quanto “cristiani e gay”. Che per ognuno di noi c’è una splendida missione, una felicità che Lui stesso ci incarica di trovare e di inventare per noi e per gli altri.
Poichè se noi vivessimo nella lode, ringraziando Dio ogni giorno per il dono della nostra sessualità, queste piccole frequenti espressioni omofobiche non ci toccherebbero più di tanto.
Allora, ne abbiamo o no piene le tasche del discorso omofobico, specialmente nella Chiesa Cattolica? Sperimentate la lode! Vivete come se foste già “nel Regno”! O, per dirla in altro modo, sperimentate la fede in Gesù Resuscitato che ha vinto ogni male, compresa la morte.
Perchè fintanto che l’omofobia, pur se “leggera” riesce a colpirci, significa che noi non riusciamo ancora a credere che il Cristo l’ha già vinta. No, non “la vincerà un giorno” (in un futuro più o meno vicino) ma, insisto, “l’ha già vinta” lo stesso giorno della sua resurrezione. E per darvi una dimostrazione di che cos’è la vera stima di sè, vi lascio in compagnia dei membri della segretissima società del ” Pink Klan ” (che vedete nella foto in alto), i cui membri sono tutti neri gay ed ebrei.
Testo originale: Garçons hypersensibles