Quando mia figlia mi disse: “sono una persona trangender”
Testimonianza n.16 di “Marta”, una madre spagnola con una figlia transgender, tratta da Tell it out (Dillo ad alta voce), libro di testimonianze di genitori con figli LGBT+ di tutta Europa realizzato da ENP – European Network of Parents of LGBTI+ Persons (Rete Europea di Genitori di Persone LGBTI+) con il supporto editoriale della Tenda di Gionata ed il contributo del Consiglio d’Europa, pubblicato nel 2020, pp.30-31, liberamente tradotta da Diana, revisione di Giovanna e Giacomo Tessaro
Quali sono stati i tuoi sentimenti quando hai ricevuto la notizia che tuo figlio è una transgender? Più o meno eravamo una famiglia tradizionale, con la divertente peculiarità di inventare storie per spiegare perché si perdono sempre le chiavi, oppure perché gli orologi non mostrano mai l’ora in cui hai detto che sei arrivato a casa ieri sera…
Un giorno mio figlio ventenne mi chiamò in camera sua e mi disse: “Mamma ho capito di essere sempre stato una donna, ti ho scritto questa lettera per spiegarti la situazione”. Mi sembrava incredibile. Ero sul punto di dire: “Smettila con questo scherzo, non è divertente”, quando compresi che faceva sul serio. Era talmente timoroso di essere rifiutato che stava per piangere. Lo abbracciai dicendo: “Non capisco nulla, ma ti amo sempre”.
Ero davvero confusa; non riuscivo a smettere di chiedermi come fosse possibile che il figlio che avevo messo al mondo fosse diventato una donna. Due sentimenti contraddittori turbarono la mia mente. Da un lato pensavo che, dato che non avevo mai notato nulla durante i vent’anni della sua vita, ero la madre più stupida del mondo, e d’altra parte pensavo che, non essendo così stupida, se non lo avevo capito era semplicemente perché non avrebbe avuto alcun senso.
Quali sono state le tue paure?
Quando cominciai a crederci, avevo bisogno di sapere cosa significa la transizione sotto tutti gli aspetti: medico, psicologico, sociale… ero spaventata per i danni che avrebbe potuto causare alla sua salute: gli effetti collaterali della terapia ormonale ed i rischi chirurgici. Mi domandavo cosa sarebbe potuto succedere se avesse cambiato idea dopo la transizione.
Ero preoccupata per il rifiuto da parte della società, e mi chiedevo se avrebbe potuto vivere una vita normale. Ero spaventata per gli effetti su tutta la famiglia. Ci sforzavamo di rispettare i caratteri e le opinioni di ciascuno di noi. Nonostante le differenze, mio marito era stato un grande sostegno per me e mia figlia in tutto questo periodo. Ma non era semplice gestire l’intero processo di accettazione e impegno sulle tematiche LGBT.
Ora come ti senti?
Sono trascorsi cinque anni, e la transizione è terminata felicemente. Mia figlia sta studiando all’università e sta lavorando, ha molti amici e lo stile di vita di una giovane donna. Sto aiutando altri genitori a superare la transizione dei loro figli/e e sto aiutando i figli/e ad affrontare le difficoltà coi loro genitori.
Oggi ci rivolgiamo sempre a lei al femminile, anche parlando della sua infanzia. Per me è difficile dire che ho una figlia transgender, perché la considero una donna normale. Considerandosi una vera donna, mia figlia non ama spiegare che è trans. Questa è la ragione per cui uso uno pseudonimo.
Tuttavia, ad essere sincera, temo possa significare entrare in un secondo armadio. Il primo coming out significa dire la tua vera identità di genere ai tuoi genitori, il secondo armadio si materializza quando si è riluttanti a dire che si è fatta la transizione per paura di venire rifiutati.
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