Quando muore una ragazza transgender. Riflessioni di una sopravvissuta
Articolo di Anna Magdalena pubblicato sul blog The Catholic Transgender (Stati Uniti) il 3 gennaio 2015, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
“La mia morte dovrà significare qualcosa” (Leelah Alcorn). Mi ci è voluto un po’ per digerire la morte di Leelah Alcorn, una ragazza transgender salita alla ribalta nazionale dopo aver annunciato il suo suicidio sul suo account tumblr. Ho dovuto fare ordine nelle mie molte emozioni e ho passato gli ultimi giorni a girare a vuoto, affogata nella tristezza e nella rabbia. Ammetto di capire chi vuole reagire a questa tragedia con la violenza. La vita di Leelah non aveva prezzo, molte altre vite preziose come la sua vengono distrutte ogni anno e anche se il mondo intero venisse devastato, giustizia non sarebbe fatta.
Ho molte cose in testa. Per dirne una, vivo nella zona di St. Louis, molto coinvolta nelle proteste di Ferguson, e ho visto sia il male che il bene (quest’ultimo più significativo) che scaturiscono da una analoga battaglia per i diritti civili. Cosa ancora più importante, io sono sopravvissuta a quello che ha passato Leelah. Non fosse stato per la grazia di Dio, sarei stata un’altra sconosciuta transgender morta. Come è successo a Leelah, i miei genitori non hanno preso bene il mio coming out. Come è successo a Leelah, hanno cercato di controllarmi. Come è successo a Leelah, mi hanno mandato da un terapista riparativo perché mi “aggiustasse”. E come Leelah, ho avuto la tentazione del suicidio.
La differenza tra me e Leelah è che lei ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto con se stessa prima di me. La grazia che mi ha salvato è che ho passato 20 anni, e non 14, a odiare me stessa e a cercare di compiacere gli altri. Se avessi avuto il coraggio di uscire allo scoperto alla sua età, non ho il minimo dubbio che a quest’ora sarei morta.
Questo mi fa riflettere e capire quanto sia fragile la mia vita: la sola differenza tra me e Leelah è la sua temerarietà, e il fatto che lei è morta e io sono viva. Sono stata fortunata: quando ho fatto coming out avevo l’età per essere legalmente indipendente dai miei genitori, che mi hanno potuto controllare solamente dal punto di vista economico e scolastico. Il mio inferno è durato solamente un anno, ma durante quell’anno ogni settimana ho contemplato il suicidio. Come Leelah, avevo scelto di buttarmi sotto una macchina. Un giorno in particolare, l’unica ragione per cui sono sopravvissuta è che dissi a Dio che mi sarei uccisa, a meno che qualcuno non fosse intervenuto. Poco dopo quella preghiera, la mia amica Theophilia mi chiamò all’improvviso e disse di avere avuto la premonizione che fossi in difficoltà! Non ho dubbi che Theophilia mi abbia salvato la vita. (Grazie Theophilia <3)
Io sono stata a pochissimi passi dalla morte dopo solo pochi mesi di terapia riparativa durante una fortuita interruzione della mia vita sociale, Leelah invece ha dovuto sopportare anni di terapia, costretta dai genitori a fare a meno di una vita sociale! È incredibile che sia sopravvissuta così a lungo. Una ragazza veramente forte. Ciò che la rende speciale è che voleva cambiare il mondo anche quando se l’era lasciato alle spalle. Se avessi abbandonato questo mondo quando volevo, sarei stata niente di più che un’altra vittima invisibile dell’olocausto transgender. Nel caso di Leelah abbiamo un nome, una faccia, una persona da piangere. È più di una persona diventata simbolo: è una storia incarnatasi in una persona. Con questi pesanti trascorsi, ecco alcuni pensieri sulla morte di Leelah e le possibili risposte.
1. È tempo di piangere la morte di Leelah. Prima di ogni altra cosa, dobbiamo ricordare Leelah così com’era prima che la sua storia venga globalizzata. Leelah Alcorn era un individuo bello e irripetibile, e anche se pochi di noi la conoscevano personalmente, la sua vita ci ha toccati. Dobbiamo pregare per lei, onorarla e ricordare che era LEI. Ci sono tantissime persone transgender che sono morte in simili circostanze, ma prima di ricordare loro dobbiamo ricordare lei.
2. È tempo di essere consapevoli. Detto questo, quella di Leelah è un delle molte vite stroncate da una cultura cristiana che apprezza la normalità sociale molto più dell’amore. Non ho dubbi che le statistiche delle morti e dei suicidi transgender non facciano giustizia ai fatti, dato che la maggior parte delle persone transgender sono represse/soppresse e non disponibili per un censimento.
Più di metà delle persone trans* disponibili ai sondaggi (cioè, solamente quelle uscite abbastanza allo scoperto da essere raggiunte) affermano di avere tentato il suicidio, quasi sempre a causa della discriminazione. Ogni persona trans* – in particolare se è cristiana – è la sopravvissuta a un genocidio spirituale. I cristiani devono svegliarsi e comprendere il livello di persecuzione a cui sono sottoposte le persone transgender. La storia di Leelah e di altre come lei dovranno essere una priorità per la nazione in questo nuovo anno. Non è una questione che deve essere dibattuta o discussa, bisogna vedere e agire ORA. Nessuno deve più morire, punto. Ogni vita è preziosa, e nessuna ragazza come Leelah deve morire. La morte di Leelah è già terribile, e ogni anno un numero altissimo di persone come lei finiscono in massa nella tomba.
3. I cristiani non devono ritenere Leelah responsabile della sua morte. La mia esperienza mi insegna che l’essere scampata alla morte non è stata una scelta morale ma una pura grazia, un colpo di fortuna. Il suicidio non è necessariamente un segno di malattia mentale: spesso è una risposta umana al non vedere nessuna alternativa. Quando la tua famiglia ti perseguita, quando i tuoi amici non ti conoscono, quando gli psicologi e i preti ti dicono che sei essenzialmente malvagio, quando ti scippano la salute, la speranza nel futuro, l’identità e l’espressione di te stesso, in breve, quando non hai nulla, il suicidio appare un passo ragionevole. In casi come questo, il dito che preme il grilletto non è altro che quello della società.
Nel mio caso, sono stata abbastanza fortunata da avere una profonda relazione personale con Cristo, e credo che questo mi abbia salvata molte volte perché, quando davvero non avevo nulla, avevo perlomeno Cristo. Più precisamente, ciò che mi ha salvato è stato il conoscere Cristo non solo attraverso il cristianesimo ma, come dice Lui, nel Cristo come Persona. Se la mia relazione con Cristo fosse passata solamente attraverso le trappole del cristianesimo io sarei morta, perché i cristiani mi avrebbero scippato Dio. Quando i cristiani sequestrano la parola di Dio per giustificare il loro odio, allora agli oppressi viene tolto anche Dio. Lasciate senza niente, senza nemmeno Dio, è un miracolo che tante persone transgender siano ancora vive.
4. La terapia riparativa deve CESSARE. La terapia riparativa è simile ai forni di Auschwitz, e come Auschwitz la sua malvagità consiste nella distruzione di anime umane. La mutilazione dell’identità e della dignità di una persona è il peggior peccato possibile. Non lo dico come ideologa: lo dico come sopravvissuta. Certamente la mia terapia riparativa è stata molto blanda se confrontata con altre, ma il semplice fatto di sedersi di fronte a uno psicologo ogni settimana, continuamente contraddetta, sapendo che i tuoi genitori lo vogliono, è incredibilmente traumatico.
Non c’è ancora NESSUNA prova che la terapia riparativa funzioni con le persone transgender. Anche chi propone la teoria della autoginefilia [ovvero la propensione ad essere sessualmente eccitati dal pensiero o dall’immagine di se stessi come donna n.d.t.] della transessualità, una teoria accettata da molti terapisti riparativi cristiani, ammettono che l’identità transgender non cambia. I difensori della terapia riparativa fanno spesso riferimento all’esigenza della “libera scelta”, ovvero il diritto di utilizzarla se la si desidera.
Il problema è che gli adolescenti come Leelah non hanno scelta, in quanto tali decisioni sono prese dai loro guardiani. Dato che tutte le prove indicano che la terapia riparativa è essenzialmente dannosa (o perlomeno potenzialmente dannosa, se vogliamo annacquare la verità), essa dovrebbe equiparata al fumo, una cosa consentita solo agli adulti consenzienti a loro rischio e pericolo. Sottoporre i minorenni a una terapia obbligatoria è una tortura.
5. I suoi genitori hanno bisogno di tempo e di compassione. Capisco la rabbia verso i suoi genitori, sul serio, e sembra impossibile sapere come reagire alla loro idiozia. Da un lato devono essere biasimati per la morte di Leelah, ma dall’altro hanno appena perso una figlia! La mia opinione proviene in parte dalla mia relazione con i miei genitori. Come i suoi, anche i miei non accettano la situazione e non ho dubbi che, se morissi domani, al mio funerale risuonerebbe il mio nome maschile e mi piangerebbero come il loro figlio. E se qualcuno mi chiamasse “Anna” sono sicura che insisterebbero che questi attivisti transgender non conoscevano il loro figlio. E la verità è che VORREI che la gente protestasse al mio funerale se venissi ricordata come la persona sbagliata e, per quanto possa essere triste, direi ai miei genitori che chiunque mi conosca come una ragazza di nome Anna, anche se non mi ha mai incontrata, mi conosce meglio di loro. Considerato quello che Leelah ha scritto nella sua lettera, penso che i suoi sentimenti fossero uguali ai miei.
Dall’altro lato, conoscendo i miei genitori, sono sicura che il signore e la signora Alcorn sono soffocati dallo smarrimento e dallo sconforto, ed è difficile non provare compassione per loro. Sono sicurissima che pensavano che il loro comportamento nei confronti di Leelah fosse dettato dall’amore. Sicuramente, in maniera inconscia, hanno probabilmente agito per paura di cosa avrebbero pensato i vicini e per il desiderio di avere un “perfetto ragazzino cristiano”, che sono motivazioni innegabilmente egoistiche. Ma mentre l’amore autentico non genera la morte, allo stesso tempo i signori e le signore Alcorn della mia vita hanno davvero tentato (e lo stanno facendo tutt’ora) di fare il meglio del loro meglio, di fare la cosa giusta.
Molto probabilmente i miei genitori un giorno cominceranno a chiamarmi Anna, ma potrebbero volerci dei decenni. Allo stesso modo, i genitori di Leelah sono incapaci di ricordare la loro figlia Leelah, una figlia che non hanno mai conosciuto, mentre sono ancora in lutto per la perdita del loro figlio. Assimilare la morte del figlio che pensavano di conoscere, della figlia che non hanno mai conosciuto e del bambino che hanno cresciuto è un fardello pesante. Quindi vi prego di mostrare un po’ di compassione. Questo mi porta poi al prossimo punto.
6. La violenza genera soltanto violenza. Recentemente è apparsa la notizia che i funerali di Leelah sono stati cancellati per via di minacce non meglio specificate rivolte ai genitori. Pur condividendo con gli autori delle minacce lo stesso sentimento di oltraggio, sono convintissima che l’unica risposta adeguata sia la pace. “Chi vive di spada perirà di spada.” Certo, stiamo lottando per le nostre vite, ma stiamo lottando anche per tutte le vite transgender, ovunque, anche nel futuro. La guerra si vince un cuore alla volta. L’unico modo di cambiare il mondo è essere il cambiamento. Forse sono luoghi comuni, ma sono veri.
Ho osservato vari generi di protesta qui a St. Louis, dove la gente di colore grida come noi “Smettetela di ucciderci!”, e ho dato uno sguardo a cosa funziona e cosa no. Un minimarket saccheggiato non cambia nulla, eccetto per il fatto che il proprietario ora ha perso il lavoro. Una protesta pacifica che raggruppa persone da ambienti diversi – questo sì che è forte. Ha fatto cadere l’Impero britannico in India, ha fatto cadere il comunismo in Polonia e ha fatto partire il movimento per i diritti civili in America.
Pragmaticamente parlando, l’amore sarà la parte vincente. Ogni persona transgender è un’ambasciatrice nel mondo. Forse siamo considerati dei lebbrosi, ma perfino i lebbrosi possono avere la dignità di un re. Come mi disse una volta uno psicologo: “Quando devi affrontare l’indegnità, l’unico modo di vincere è reagire con dignità”.
7. Diffondete le nostre storie! Allora, come reagire? La potenza della storia di Leelah è la chiarezza con cui ha steso le sue ragioni per morire. Finalmente abbiamo nero su bianco la verità che ogni persona transgender depressa già conosce: che è la società a premere il grilletto. Fino ad ora i possibili detrattori sono rimasti in silenzio. Perché? Perché non si può discutere con il testimone della vita e della morte di una persona. La morte di Leelah ci ha fatto fermare e avere voglia di ascoltare e capire. Se il mondo è disponibile ad ascoltare – una cosa oltremodo rara – allora dobbiamo essere disponibili a parlare. E come possiamo farlo?
Condividiamo la bellezza. Per prima cosa, dobbiamo condividere la perdita della bellezza: le vite esauste di persone fantastiche ammazzate dalle persecuzioni. Dobbiamo diffondere storie come quella di Leelah perché siano sempre attuali e perché il prezzo di queste battaglie – vite umane – non sia perso di vista. Non è una battaglia per la chirurgia estetica, è una battaglia per le anime umane.
Seconda cosa, dobbiamo condividere i trionfi delle persone transgender. Per troppo tempo il mondo ci ha considerati una massa di pagliacci decadenti, sporchi, promiscui, folli e orribili. Sfatare queste bugie è facile come mostrare la verità, ma la verità deve ancora essere mostrata! Il più grande argomento a favore del concedere dignità alle persone transgender è ogni persona transgender che irradia la sua dignità in mezzo alle avversità.
Mentre iniziamo un anno nuovo di zecca, decidiamoci a fare del 2015 un anno di dignità per le persone trans* e manteniamo viva la dignità di Leelah Alcorn non permettendo che venga dimenticata. Leelah Alcorn, ti vogliamo bene! Riposa in pace sorellina, e che Dio ti avvolga nell’abbraccio che ti è stato negato sulla Terra.
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Testo originale: How do we respond to Leelah Alcorn’s death? – Reflections from a survivor