Quando una nonna non capisce che suo nipote è gay
Riflessioni di Marta
A volte leggo le riflessioni che si scambiano via mail il gruppo dei genitori cristiani con figli LGBT, di “3volte genitori“. A volte. Poi mi fa male e non leggo più. É un male che conosco, ma che non posso evitare: quando leggo “marito e moglie”, “padre e madre”, e io sono sola, a fare da madre e da padre … sì, lo confesso, mi sento a disagio.
Il disagio che nasce dall’invidia che provo per chi ha qualcuno con cui scambiare opinioni, dubbi, riflessioni, decisioni, pesi, fatiche… è un’invidia che mi provoca rabbia, soprattutto quando sono stanca, e da stanca mi devo rimboccare le maniche e arrangiarmi. Ma nello stesso tempo non voglio il compatimento di nessuno. Avrei voluto la condivisione, il peso portato assieme, non il sentirmi compatita. Mai. Perchè io ce la faccio. So che ce la faccio, stringendo i denti, ma ce la faccio.
Ci sono delle coppie che, pur dividendosi, hanno mantenuto un buon dialogo e sostegno reciproco almeno per crescere i figli. Noi due no. Se con mio ex marito si fosse potuto parlare, comprendere, non mi sarei neppure separata, e un qualche civile e benefico equilibrio l’avremo trovato. Ma tutt’ora non so cosa gli sia successo, in quale pazzia non diagnosticabile lui si sia trovato impigliato. So solo che la vita era impossibile, e che non sarei riuscita a costruire nulla, con lui. É faticoso essere soli, ma con lui sarebbe stata una inutile fatica immensa, e forse mi sarei anche già spezzata, se fossi rimasta con lui.
Così, ormai 15 anni fa, mi sono tenuta i figli, ed ho provveduto a loro. Non a me. La mia ora non è ancora arrivata. O forse non sono in grado di farla arrivare. Forse mia madre mi ha nutrito con quel latte che rende le donne serve, capaci di spezzarsi per gli altri, ma non di prendersi davvero cura di se stesse. Incapaci di volersi davvero bene, di volere anche il proprio bene, quello che fa prendere decisioni anche a proprio favore, ogni tanto. E non solo a favore degli altri, figli, genitori, amici… amanti…
Se è vero che tutto ha un senso nel cammino che Dio ci ha messo davanti, avrà anche un senso questo dovermi occupare di mia madre, in questo tempo. Quella madre che non mi ha insegnato ad essere davvero una donna libera, impregnandomi del senso del dovere, dove i sogni evaporano alle prime luci dell’alba della giovinezza, e viene tracciata la strada dovuta: fidanzata, moglie, madre, prima di ogni altra cosa.
Quella stessa mia madre che oggi mi prospetta nel mio futuro prossimo anche la nonnitudine, quella nonnitudine che mi evoca nausea, e finanche vomito. Perchè non mi interessa, e non voglio ancora continuare a fare quello che lei, e il suo mondo, si aspettano da me. E anche perchè non posso dirle, no, non posso, se Marco non vuole, non posso dirle che Marco è gay, ma una fidanzata non me la porterà a casa mai. Almeno spero di no, almeno lui, che sia libero di essere se stesso, di quella libertà che io non ho avuto.
Siccome il tema “omosessualità”, almeno come discussione di argomento di attualità, a casa nostra non è tabù, ogni volta che mia madre, la nonna di Marco, ne sente parlare, si esprime con disagio, e manifesta il senso di vomito che le evoca il rapporto d’amore tra due uomini. Un po’ l’ho sopportata, per il rispetto che le devo, ma all’ennesima espressione del suo disagio le ho detto, forse con un po’ di aggressività, che la smettesse, perchè per noi l’omosessualità è una cosa normale, che dipende dalle caratteristiche della persona, come il colore dei capelli, o la statura, e che riteniamo sia giusto che ognuno realizzi come meglio crede il suo amore.
Devo essere stata particolarmente convincente, perchè non ha più detto niente. Il che non significa che abbia capito. Ma a quasi 90 anni va bene anche così. Certo che, ho pensato, se Marco… mah! Faccia pure il suo cammino, io se sarò ancora viva, di sicuro sarò al suo fianco.