Quando una visione teologica su sesso e genere si trasforma in ideologia
Articolo di Cristina Traina* pubblicato sul sito dell’associazione cattolica New Ways Ministry Stati Uniti) il 28 settembre 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’edizione internazionale del [quotidiano cattolico francese] La Croix ha pubblicato un saggio in tre parti di Jeanne Follman, un’autrice di Chicago, sull’intreccio tra gerarchia, sessualità, autorità, ecclesiologia, matrimonio e ordine sacro nella dottrina ufficiale cattolica. Follman condensa in poche pagine un argomento che normalmente richiederebbe un intero libro, se non due.
In breve, Follman dimostra come la teologia di papa Francesco sul sesso e la complementarietà di genere (che si ispira soprattutto a Paolo VI e a Giovanni Paolo II) si sia pietrificata in ideologia che utilizza un unico tema di riflessione teologica per determinare unilateralmente la riflessione sui sacramenti, il diritto canonico e l’etica, chiudendo contemporaneamente la porta a ogni altra teologia e calpestando la riflessione scientifica e l’esperienza sociale contemporanee.
Irrigidire una teologia in ideologia è un problema serio per la tradizione teologica cattolica, la quale ha sempre insistito sull’accordo tra fede e ragione, entrambe creazione di un Dio di bontà, e sul fatto che la teologia deve sempre rimanere aperta alle nuove informazioni che la ragione e l’esperienza le pongono dinnanzi. Il passaggio da una pluralità di teologie a un’unica ideologia è un problema anche per la Chiesa, perché sottintende che un’unica teologia della sessualità e del genere debba informare l’etica e il diritto canonico.
Per capire come mai tutto questo sia problematico, prendiamo come esempio la nostra fede in Gesù Cristo. Noi crediamo che Gesù è Dio fatto carne, che ha perdonato i nostri peccati e ha redento il mondo, ma come questo funzioni e cosa significhi spiritualmente per noi è argomento di molte differenti teologie. Alcune evidenziano la divinità di Gesù, altre la sua umanità; alcune si concentrano sulla sua morte, altre sulla sua resurrezione; alcune parlano del suo impegno per la giustizia sulla terra, altre del “Cristo in noi”, e così via. Tutte queste teologie esprimono delle dimensioni importanti della nostra esperienza di Gesù, e tutte convivono all’interno della nostra fede condivisa nel Gesù delle confessioni di fede; per così dire, creano un ologramma, una ricca fede a tre dimensioni, che può essere vista da molte angolazioni. Nessuno pensa che dovremmo sceglierne solo una, informarvi intorno l’etica e i sacramenti, e dichiarare eretiche le altre.
Invece papa Francesco, sulla scia dei suoi predecessori, ha adottato un’unica teologia del sesso e del genere, fortemente influenzata dalla sua esperienza sociale. Nella sua visione (che è anche quella della “teologia del corpo” di Giovanni Paolo II) “il maschile” e “il femminile” sono due forze complementari create per realizzarsi nelle autentiche nature dell’uomo e della donna, e che si esprimono nei ruoli rispettivamente paterno e materno, attivo e ricettivo, di guida e di cura, petrino e mariano. Questo schema non solo distingue i ruoli all’interno della Chiesa, ma giustifica il fatto che il matrimonio debba essere solo eterosessuale, in quanto, riproduzione a parte, se i tratti della personalità umana si dividono tra i due generi, una coppia sana avrà bisogno di entrambi.
Il primo problema di questo schema è che non è confermato né dalla scienza, né dall’esperienza quotidiana dei laici. Tutti conosciamo padri sentimentali e chiocce, madri ambiziose e grintose e coppie omosessuali che, insieme, coprono l’intero spettro delle caratteristiche a favore della loro fortunata prole. Inoltre, la linea tra “uomo” e “donna” non è sempre chiara: in mezzo ci sono le persone intersessuali, transgender e varie categorie di queer. Se la teologia è fede che cerca di comprendere, che cerca di rendere ragione della nostra esperienza spirituale e delle nostre convinzioni fondamentali, allora la teologia del corpo è a dir poco inadeguata, se non cattiva teologia.
Il secondo problema è che la complementarietà essenziale di genere non ha solido ancoraggio nella Rivelazione. Gli immaginari e le analogie che troviamo nelle varie Scritture e teologie sono profondamente influenzate dai loro rispettivi contesti: dalle relazioni di genere, dalle strutture politiche, dalle concezioni scientifiche e mediche del loro tempo. Prendere un immaginario, con le sue analogie, legato a un periodo specifico, in modo letterale e farne uno standard permanente di ortodossia, è idolatria, né più, né meno. Tutti conosciamo quelle raffigurazioni di Gesù con i capelli biondi e gli occhi azzurri, che probabilmente per gli Americani di origine tedesca che le concepirono esprimevano in qualche modo “il Dio in noi e con noi”; insistere perché le parrocchie ispaniche o afroamericane che sono giunte ad occupare i loro edifici adorino il Gesù “tedesco” sarebbe idolatra e anacronistico.
Questo significa che utilizzare l’autorità papale per costruire il diritto canonico, la prassi sacramentale e la legge morale sul fondamento di un’unica teologia del genere vuol dire piegare la teologia a uno scopo ideologico e porre il genere, che nella teologia della salvezza ha un ruolo periferico, al centro della nostra fede, al pari della creazione, della redenzione e della presenza continua dell’amore e della saggezza di Dio: anche questo è idolatria.
Essere cauti su questo punto non significa che la teologia dovrebbe saltare a pie’ pari il genere e il sesso. La nostra vita ci offre gli strumenti per la riflessione. Meditare su un Dio che ci mette al mondo e amorevolmente ci accudisce, o su un Dio che ci concepisce nella folle complessità del mondo, parlare del genere mutevole o ignoto di Dio, arricchisce il linguaggio con cui esprimiamo il suo amore.
L’errore consiste nel prendere una singola prospettiva teologica e farne la misura dell’intera verità e il modello dell’etica, del diritto canonico, perfino del codice civile. Secondo Follman, c’è un’altra strada: “È tempo che i fedeli, i teologi e i consacrati riprendano in mano il dibattito e mettano in piena luce l’attuale dottrina sul sesso, cominciando con un riconoscimento del danno fatto da tale dottrina e procedendo con un dibattito aperto e sincero alla luce delle prove scientifiche e della tradizione morale cattolica, senza darsi bastonate, senza esclusioni e senza preconcetti. Poi possiamo ulteriormente procedere nello spirito del Vaticano II, finalmente! fino a che la dottrina cattolica su tutto ciò che riguarda il sesso non sarà più retrograda, né di natura ideologica, né in conflitto con altre venerabili dottrine morali della Chiesa, e pienamente ricevuta dai fedeli”.
Forza, cominciamo!
* Cristina L.H. Traina insegna teologia ed etica cristiane alla facoltà di studi religiosi della Northwestern University di Evanston, nell’Illinois. Si è laureata in teologia alla University of Chicago e interviene pubblicamente su molti temi etici, come la sessualità, l’immigrazione, il lavoro infantile e l’aborto. Da molto tempo lavora con le persone gay e lesbiche della parrocchia di san Nicola a Evanston.
Testo originale: Theology or Ideology? Parsing Vatican Thinking on Sex and Sexuality