Quanta amarezza da una Chiesa che non sa prendersi cura delle persone LGBT
Lettera al direttore di Avvenire di Federica Firrincieli di Ragusa
Gent. le Direttore, sono la sorella di una persona omosessuale, ho ricevuto un’educazione cattolica autentica e non di facciata, ho frequentato vari gruppi dai Salesiani ai Francescani, facendo sempre volontariato, lectio divine ecc. e mettendomi in discussione.
Da adolescente, ai tempi della guerra nei Balcani, mi sono scontrata ferocemente coi sacerdoti, di solito prof di religione, che dicevano che le donne che avevano subito lo stupro etnico non dovessero abortire e che comunque le donne abortivano solo per potere andare a ballare.
Perché bisogna fare distinguo e condannare? Perché è necessario far sentire sbagliate le persone LGBTI? Perché dovrebbero nascondere, reprimere, sacrificarsi? La vita non è una sola per tutti?
Che merito ho io di avere un orientamento sessuale non di minoranza o di sentirmi a mio agio nel mio sesso biologico? Perché sarei migliore di un altro o di un’altra?
Non sarebbe più intellettualmente onesto cercare di educare ad accettarsi come persone ad immagine di Dio, dotate di una sessualità che dovrebbe essere consapevole? Potrei continuare…
Amarezza e tristezza perché da sempre una Chiesa siffatta perde l’occasione concreta di migliorare le cose.