Quaranta. Un numero pieno di significati nella Bibbia
Articolo tratto da Castello7, lettera settimanale ai parrocchiani, anno 26°, n. 19, del 5 marzo 2017
Il numero quaranta è un numero pieno di significati per l’uomo biblico. Quando designa un tempo si tratta sempre di un periodo che segna una situazione provvisoria e di attesa. E’ il tempo del castigo e della penitenza, ma anche il tempo della misericordia e del perdono. E’ il tempo dell’intimità con Dio e del colloquio con lui. E’ il tempo in cui l’uomo prende coscienza di sé e si prepara ad accogliere i doni di Dio. E’ il tempo dell’Alleanza e della rivelazione.
Per rendersi conto di tutti questi significati è necessario tener presente che nell’antichità i numeri venivano rappresentati con le lettere dell’alfabeto e pertanto, attraverso i numeri (o meglio le lettere che servivano per indicare un numero), si potevano esprimere concetti che niente avevano a che vedere col loro valore numerico. Presso alcuni popoli, e in particolare per il popolo ebraico, dalla forma di queste lettere si potevano ricavare anche significati simbolici.
La lettera (ebraica) MEM oltre al numero 40 indica con la sua forma il ventre materno e anche una sorgente di acqua. I quaranta giorni così rappresentano un periodo determinato che racchiude un avvenimento o un’esperienza che si prolunga nel tempo, ma che è aperto alla vita.
Scorrendo la bibbia vediamo anche che con 40 anni si indica la durata della vita di un uomo. Con questo criterio il Deuteronomio (34,7) può affermare che Mosè visse 120 anni, cioè 40×3, perché per tre volte egli ha mutato radicalmente la sua esperienza di vita.
Sono 40 gli anni trascorsi dal popolo di Israele nel deserto; 40 giorni e 40 notti durò il diluvio (Gen. 7,4); 40 giorni e 40 notti Mosè rimase sul monte (Es. 24,18); Elia camminò per 40 giorni e 40 notti nel deserto per sfuggire all’ira della regina Gezabele (1 Re,19,8); 40 giorni sono il tempo concesso agli abitanti di Ninive per fare penitenza (Giona 3,4); 40 sono il massimo dei colpi di verga per le punizioni corporali (Deut. 25, 3).
Nel Nuovo Testamento il numero 40 si trova 22 volte. I vangeli sinottici parlano di 40 giorni e 40 notti di digiuno di Gesù nel deserto (Matteo 4,1ss; Marco 1,13; Luca 4,2 ss) mettendoli in relazione con il periodo trascorso da Mosè sul monte Sinai. Matteo e Luca poi stabiliscono anche un raffronto fra la permanenza del popolo d’Israele nel deserto, periodo in cui «tentarono e misero alla prova Dio» (Salmo 95,9-10), con la fedeltà e l’obbedienza di Gesù.
In questo modo, servendosi del semplice numero 40, gli evangelisti ci invitano a riconoscere in Gesù il nuovo Mosè, che dà inizio al nuovo popolo capace di dare un senso nuovo all’alleanza fondata non più su una legge scritta, ma sulla stessa persona di Gesù.
Secondo il libro degli Atti (1,3) per 40 giorni il Signore si manifestò ai discepoli dopo la risurrezione prima di salire al cielo per completare il suo insegnamento e confermarli nella fede.
La Chiesa ci propone i quaranta giorni della Quaresima perché nel silenzio e nell’ascolto della Parola possiamo ritrovare il senso del nostro pellegrinaggio qui sulla terra, perché possiamo scoprire la nostra dimensione di limite e di peccato, perché possiamo accogliere il dono dello Spirito Santo, che dà vita e speranza e nascere di nuovo nella Pasqua del Signore.