Quella domanda di nostro figlio gay che cambiò il nostro modo di essere genitori cattolici
Testimonianza n.7 di Corrado e Michela, una coppia di genitori italiani con un figlio gay, tratta da Tell it out (Dillo ad alta voce), libro di testimonianze di genitori con figli LGBT+ di tutta Europa realizzato da ENP – European Network of Parents of LGBTI+ Persons (Rete Europea di Genitori di Persone LGBTI+) con il supporto editoriale della Tenda di Gionata ed il contributo del Consiglio d’Europa, pubblicato nel 2020, pp.19-21, liberamente tradotta da Diana, revisione di Giovanna V. e Giacomo Tessaro
“Parlare e aprire i nostri cuori, il passaparola, ecco i modi che ci hanno permesso di scoprire che non eravamo soli.”
Quando pensate di aver trovato tutte le risposte giuste nella vostra vita, spesso la vita cambia le domande, come ci ricorda spesso la nostra amica Mara.
Era la domanda postaci da nostro figlio Simone quattro anni fa; aveva scoperto di essere gay quindici anni prima: “Cosa state facendo per me e per quelli come me, voi che fate così tanto per le coppie sposate e fidanzate nella vostra parrocchia? Cosa fate per quelli che vengono allontanati dalle loro famiglie o dalla loro Chiesa?”. Ecco la domanda che cambiò le nostre vite tranquille di genitori di tre figli e nonni di cinque nipoti.
Questa domanda trafisse i nostri cuori: aveva ragione!! Tutto cambiò da allora. Ci lasciammo interrogare, e comprendemmo che non era sufficiente aver accettato la realtà di nostro figlio molti anni prima, ora dovevamo aprirci ad altri genitori, ad altri figli e figlie.
Per farlo bastava semplicemente mostrarsi in pubblico e permettere ad altre coppie di avvicinarci e condividere la loro realtà di genitori di figli omosessuali.
Nella nostra esperienza ci sono stati incontri personali, inviti a pranzo, discussioni, conversazioni a cuore aperto, il passaparola, tutti modi che ci hanno permesso di scoprire che non eravamo soli. Infatti, la solitudine e il senso di fallimento rinchiudono i genitori in un “armadio” dal quale è molto difficile uscire.
Così nacque il gruppo Davide a Parma: il nostro gruppo è formato da sette coppie sposate e ragazzi gay, due dei quali si sono sposati civilmente.
Abbiamo cominciato ad incontrarci tutti i mesi per condividere le nostre vite, le ansie e le preoccupazioni, ma anche le gioie e le scoperte, accogliendo le reciproche esperienze come doni preziosi. Abbiamo così sperimentato la gioia di sentirci ascoltati e accolti, e di non essere più soli.
Riflettendo e pregando con l’aiuto della Parola di Dio abbiamo compreso come il Signore ama i suoi figli e le sue figlie così come sono. Ha progettato il nostro piano d’amore: scoprire la felicità di essere amati per aprirsi al dono di se stessi ed essere capaci di amare.
Si tratta di un modo diverso di amare, una relazione d’amore diversa, ma non meno intensa, vera, liberatoria e degna di essere vissuta.
Questa certezza ha rassicurato noi genitori preoccupati per la felicità dei nostri figli, ma anche preoccupati che possano perdere la fede (come purtroppo succede) sentendosi rifiutati o cacciati dalla comunità cristiana.
Fin dall’inizio, infatti, avevamo la forte convinzione di tenere per mano da una parte i nostri figli e dall’altra la Chiesa, cercando, a volte con lacerazioni, di non perdere nessuno dei due, che nessuno venisse abbandonato o rifiutato.
A volte, in questo tentativo sembra di essere su una croce, tirati da una parte o dall’altra, ma sappiamo di essere in buona compagnia! Da parte nostra incontriamo gruppi di ragazzi LGBT credenti in diverse città italiane, che continuano ad avere fede, e tutte le volte rimaniamo stupiti dalla loro fede e dall’intensità delle loro preghiere. Questo abbiamo potuto toccare con mano, ascoltare e vedere nelle loro vite.
È stato anche il modo in cui la Provvidenza ci ha mostrato come aiutare i genitori in difficoltà, creando una rete in cui l’amicizia è diventata palpabile, con uno stretto legame lungo tutta l’Italia.
Questa esperienza ci ha cambiati.
Stiamo vivendo una forma rinnovata e più ampia di genitorialità: accogliere nostro figlio nella sua realtà è stato il modo di farlo nascere una seconda volta. Accogliere, supportare, incoraggiare altri genitori e altri figli e figlie è stato un modo di diventare genitori per la terza volta.
Ci ha fatti crescere nel nostro cammino di fede con un incontro più autentico e profondo col Signore, con la Sua Parola, con la continua richiesta di conoscere la Sua volontà.
Questa esperienza ha anche aperto i nostri cuori, scoprendo la bellezza della diversità e aiutando coloro che, a causa della loro diversità, sono stati allontanati, derisi, rifiutati.
Ecco perché ringraziamo spesso il Signore e ci sentiamo genitori fortunati!
> Per leggere le altre testimonianze di genitori europei con figli LGBTI+
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