Raccontare relazioni queer.”La mia diletta” di Romy Hausmann
Dialogo di Katya Parente con la scrittrice Romy Hausmann
Il web lo definisce “un thriller psicologico magistrale” e per una volta Internet ha ragione. Parlo de “La mia prediletta” (Giunti, 2020) di Romy Hausmann. Si tratta di un libro superbo, una storia intricata scritta con consumata maestria: quando si crede di intuire come stanno le cose, nuovi particolari stravolgono tutto e ci sono colpi di scena fino all’ultima pagina.
Ho contattato Romy su Facebook, senza eccessive speranze (“Figuriamoci, un’autrice come lei…”). E invece, nel giro di poco tempo, mi ha risposto.
La storia è assolutamente mozzafiato. Come hai fatto a creare una vicenda così intricata da regalare colpi di scena fino all’ultima pagina?
Penso che il segreto di ogni buona storia stia nei personaggi. Se ne crei di interessanti e il più possibile verosimili, troverai che ti sorprenderanno se li segui lungo la storia. Ed è questo ciò che faccio io: creo un conflitto di base e poi, semplicemente, seguo i miei protagonisti. E, a volte, sono loro a sorprendermi.
Si è scritto che hai preso spunto dalla vicenda di Elisabeth Fritzl. È vero o si tratta di una speculazione gratuita?
Veramente mi sono ispirata al caso di Natasha Kampusch (anche questo austriaco), rapita da adolescente e riuscita a scappare dal suo aguzzino dopo essere stata tenuta per otto anni in un seminterrato.
Ma non è stata tanto la sua storia ad ispirarmi, quanto la prima intervista che Natasha ha rilasciato alla televisione tedesca dopo essere scappata. Sono stata impressionata nel vedere come fosse intelligente e riflessiva, anche se aveva smesso di andare a scuola quando aveva dieci anni.
È stata di grande ispirazione per il personaggio di Hannah, che pure è davvero intelligente anche se tutto quello che sa lo ha imparato dai libri che ha letto. Ma tutta la sua conoscenza é solo teorica, dal momento che è cresciuta nell’isolamento dei boschi e non ha mai conosciuto il mondo reale.
Il tuo libro è diventato un caso mediatico. Ti aspettavi un successo così eclatante?
Nessuno poteva aspettarsi o predire una cosa di questo genere, quindi la risposta è: chiaramente no. Come scrittore puoi solo raccontare le tue storie, ma non sai mai cosa può succedere una volta che il libro è finito, pubblicato, per così dire mandato nel mondo. Ma, ovviamente, ne sono molto felice e grata.
Hannah (forse affetta dalla sindrome di Asperger, e che perciò vede quello che la circonda da una prospettiva assolutamente inconsueta) sembra essere il perno del racconto. È solo una bimba strana o, nel suo atteggiamento, c’è una vena di sadismo per non dire di crudeltà?
Sta al lettore decidere, infatti nel libro non ho voluto rispondere alla domanda. Forse Hannah e il suo comportamento sono solo il risultato dell’essere nata e cresciuta in totale isolamento, forse ha anche dei tratti psichiatrici – non lo sappiamo.
All’inizio sembra che il rapporto tra Jasmin e la sua coinquilina sia solo quello di due ragazze che si dividono spazi e spese domestiche. Perché non palesare subito cosa c’era (stato) tra loro?
Per me, è molto importante trattare e raccontare le relazioni queer normalmente, come ogni altra relazione, dal momento che lo sono! Per cui, se mi svegliassi come Jasmin, dopo essere stata rapita e intrappolata in una stanza buia e pensassi al mio ragazzo, il primo pensiero a venirmi in mente sarebbe quello di stare a letto con lui? Non credo proprio!
Anche se scrivo fiction, cerco sempre di essere il più possibile aderente alla realtà, il che comporta che i pensieri dei miei personaggi siano il più possibile autentici.
Una storia che rimane, scritta in modo perfetto, senza sbavature, in cui ogni parola é funzionale a tutte le altre creando una trama che avvince letteralmente fino all’ultimo. Un libro così perfetto che fa venire voglia di leggere tutta la produzione di Romy, che approfittiamo per ringraziare