Rapporto sull’omofobia dei principali candidati al Soglio Pontificio
Articolo pubblicato il 17 febbraio sul sito di “Dosmanzanas.com” (Spagna) liberamente tradotto da Adriano
A seguito delle dimissioni di Joseph Ratzinger, tutti i media di comunicazione pubblicano liste sui principali candidati che potrebbero essere eletti al ruolo di nuovo Papa.
Anche se è difficile fare previsioni in un processo storico caratterizzato dall’ambizione personale, dai giochi di potere e dalle alleanze d’interesse (altrimenti chiamata volontà dello Spirito Santo, per i fedeli cattolici), ci sembra interessante esaminare gli antecedenti omofobi dei principali nomi di spicco. Il risultato non è incoraggiante.
Già il solo fatto che colui che viene considerato il “grande favorito” sia un cardinale africano che si è dimostrato comprensivo con le leggi che impongono la pena di morte alle relazioni omosessuali, dovrebbe essere oggetto di profonda riflessione…
I nomi che risuonano di più in questi giorni sui media sono i seguenti.
Peter Turkson (Ghana, 64 anni)
L’attuale presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Peter Turkson, è considerato il “grande favorito”, condizione che per molti è il suo principale svantaggio. Essendo conservatore, ragionevolmente giovane e soprattutto africano, faciliterebbe alla chiesa cattolica un potenzialità enorme sulla ripresa della sua immagine, soprattutto al di fuori dell’Europa, dove questa confessione si trova ad affrontare una forte concorrenza delle altre confessioni. Però egli è, in tutta la lista, colui che più chiaramente esprime delle convinzioni omofobe.
Un anno fa, il “National Catholic Register” pubblicò la risposta di Turkson sulla petizione che il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, fece all’Unione africana, invitando i leader del continente a rispettare i diritti delle minoranze sessuali (molti paesi africani puniscono gli omosessuali con la reclusione o addirittura con la morte).
Il cardinale rispose a Ban Ki-moon che, sebbene alcune delle sanzioni imposte agli omosessuali da parte dei paesi africani fossero “esagerate”, l’intensità della reazione contraria all’omosessualità in Africa “è probabilmente in linea con la tradizione”. “Così come vi è la necessità di fare appello ai diritti, vi è la necessità di rispettare la cultura, di ogni tipo di persone. Se gli omosessuali vengono stigmatizzati, ad essere onesti, è probabilmente corretto chiedersi anche il motivo per il quale lo sono”, ha aggiunto.
Dopo aver così dimostrato la sua comprensione verso la persecuzione degli omosessuali, Turkson ha anche sottolineato la sua opposizione affinchè i diritti LGBT vengano considerati diritti umani. “Esortiamo i diritti dei detenuti, i diritti degli altri, e l’ultima cosa che vogliamo è quello di violare i diritti di ciascuno. Ma se si parla è di ‘stile di vita alternativo’, che diritti umani sono?” ha detto. “Egli [riferendosi a Ban Ki-moon] deve riconoscere che c’è una sottile distinzione tra la morale e i diritti umani, e questo è ciò che deve essere chiaro”. Non commentiamo oltre …
Francis Arinze (Nigeria, 80 anni)
L’altro grande papabile africano, anche lui con un profilo conservatore. Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (succeduto poi dallo spagnolo Antonio Cañizares), il suo nome cominciò a risuonare fortemente sette anni fa, e rimane ancora nella lista, ma l’età gli gioca ora contro.
I punti di vista omofobi di Francis Arinze non sono così espliciti come quelli di Tuckson ma, scavando nella sua biografia, scopriamo un suo intervento presso la Georgetown University negli Stati Uniti, nella quale paragonava l’omosessualità, la pornografia, la “fornicazione” e l’adulterio, oltre a criticare le unioni “irregolari” e il divorzio. Un intervento che già a suo tempo aveva scatenato le proteste degli insegnanti e degli studenti dell’università.
Marc Ouellet (Canada, 68 anni)
Marc Ouellet è l’attuale prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. E’ stato arcivescovo di Québec e cardinale primate del Canada. Oppositore del matrimonio gay proprio in uno dei primi paesi ad approvarlo.
Nel 2005, durante il processo delle audizioni prima dell’approvazione a livello federale, Ouellet ha detto che “lo Stato deve trattare gli omosessuali con rispetto e trovare una sistemazione in linea con i loro diritti, ma non è una categoria di suo interesse a differenza della categoria sul matrimonio “.
C’è un precedente positivo nella sua storia però, che lo rende unico nella lista: nel 2007 ha pubblicato una lettera in cui ha chiesto pubblicamente perdono per gli errori della Chiesa cattolica in Québec nel passato, tra i quali vi era la promozione al razzismo e all’antisemitismo, all’indifferenza dei diritti dei popoli indigeni canadesi e alla discriminazione nei confronti delle donne e degli omosessuali.
Timothy Dolan (USA, 63 anni)
Anche se nessuno prende troppo seriamente la scommessa su un papa americano, il nome di Timothy Dolan, Arcivescovo di New York e presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, appare costantemente nelle liste dei papabili. Le sue credenziali omofobe sono solide, in ogni caso.
Nel 2011, durante la discussione del matrimonio omosessuale a New York, Dolan ha paragonato l’apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, al controllo sociale delle dittature come Cina e Corea del Nord. “In questi paesi, il governo ‘ridefinisce’ quotidianamente i diritti, le relazioni, i valori e la legge naturale. Gli ordini del governo dettano le dimensioni delle famiglie, chi ci vive e chi ci muore, e ciò che si intende con la definizione di ‘matrimonio’ e di ‘famiglia’ “, ha detto.
Qualche settimana prima, in un programma televisivo, già Dolan aveva contestato pubblicamente contro il matrimonio gay, comparandolo all’incesto. “Amo mia madre, ma non ho il diritto di sposarla”, sono state le sue parole.
Una volta approvata la legge sul matrimonio egualitario a New York, Dolan ha rilasciato una dichiarazione riaffermando che il matrimonio è “l’unione tra un uomo e una donna, un matrimonio che dura tutta la vita e aperto ai bambini” e che questa definizione “non si può cambiare” per giungere ad una decisione che ha definito “tragica”.
Odilo Pedro Scherer (Brasile, 63 anni)
Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, è la grande speranza della Chiesa latino-americana di accedere al papato per la prima volta. Considerato un moderato, scopriamo senza sorpresa di averne già parlato precedentemente, e non precisamente a causa della sua apertura alla realtà LGBT.
Nel giugno del 2011, durante il Pride LGBT di São Paulo (tradizionalmente considerato il più affollato del mondo) ha aperto le polemiche per la presenza di varie immagini di santi utilizzati per promuovere l’uso del preservativo come un modo per prevenire l’HIV .
Il cardinale Scherer ha reagito furiosamente, definendo quanto accaduto come “miserabile, libertino e irrispettoso”. Né gli è piaciuto il tema del Pride di quest’anno che era “Amatevi gli uni gli altri”. “Strumentalizzare queste parole sacre per giustificare il contrario del loro significato è profondamente irrispettoso e offensivo, in relazione a ciò che i cristiani considerano molto sacro e vero”, ha detto questo attuale papabile.
Oscar Andres Rodriguez Maradiaga (Honduras, 70 anni)
Altro cardinale latino-americano il cui nome risuona con forza come papabile è Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, presidente di Caritas Internationalis (la nota organizzazione umanitaria della Chiesa cattolica) nel passato è stato segretario generale del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM). Considerato anche lui un moderato, ricordiamo la sua critica al cantante portoricano Ricky Martin, gay dichiarato, di essere divenuto padre di due bambini con una maternità surrogata, “come si fa con il bestiame”.
Per Rodriguez Madariaga ciò che ha fatto Martin “è sminuire la dignità della persona umana.” Ma ciò che è particolarmente preoccupante è la fiera opposizione di Rodriguez Madariaga alle campagne a favore dell’uso del preservativo come un modo per prevenire la trasmissione dell’HIV, che secondo lui è “destinato a incoraggiare la promiscuità e la fornicazione.”
“Ciò non sconfiggerà la malattia, perché riteniamo che bisognerebbe invece considerare un problema più grave, cioè promuovere il recupero dei valori morali, la fedeltà tra le coppie e le altre azioni che impediscono l’avanzamento del male”, ha rivendicato.
Altra macchia scura nella sua biografia, non relativo ai diritti LGBT ma con pregiudizi discriminatori, erano state le sue dichiarazioni antisemite del 2002, quando ha accusato il presunto controllo ebreo dei media americani di ingrandire lo scandalo degli abusi sui minori commessi da clero cattolico per deviare l’attenzione dal conflitto israelo-palestinese. Rodriguez Madariaga ha poi chiesto scusa per le sue parole.
Christoph Schönborn (Austria, 67 anni)
Nel mese di aprile del 2012 l’arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca, Christoph Schönborn, ci ha dato una piccola gioia sostenendo Florian Stangl, cattolico e gay, quale membro del consiglio parrocchiale di Stützenhofen, un villaggio della Bassa Austria, eletto da parrocchiani, nonostante l’opposizione iniziale del pastore.
Qualche settimana dopo arrivò la doccia fredda, quando in una intervista a un quotidiano italiano, Schönborn ha espresso la sua convinzione che la Chiesa cattolica continuerà a combattere i rapporti tra le persone dello stesso sesso. “È necessario un percorso di conversione sia per i divorziati che si risposano che per coloro che vivono in relazioni di coppia omosessuale. Dobbiamo aiutarli a capire che questi non sono nel piano di Dio”, ha poi detto.
In ogni caso, il cardinale Christoph Schönborn, membro di una famiglia di spicco della nobiltà centroeuropea, ha un profilo singolare che lo distingue dagli altri papabili. Pur essendo stato allievo di Joseph Ratzinger (a quanto pare fu uno dei suoi sostenitori nel conclave) è conosciuta la sua posizione critica contro il celibato obbligatorio, che considera in parte come responsabile degli abusi sui minori da parte del clero cattolico.
Nel 2010, riferendosi all’omosessualità, ha detto che le relazioni stabili tra persone dello stesso sesso erano “chiaramente migliori” della promiscuità. Forse per tutti questi motivi, anche se il suo nome compare tra i papabili, la sua elezione sarebbe una grande sorpresa.
E finalmente “gli italiani”
Pochi dubitano che i cardinali italiani, il più grande gruppo tra i cardinali elettori (28 su 117), non cercheranno di manovrare per riguadagnare il papato dopo due pontificati “stranieri”. Tra questi, l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola (71 anni), appare come il candidato più forte … e con provata omofobia.
Sul sito Dosmanzanas, infatti, abbiamo raccolto alcune delle sue affermazioni. Nel mese di giugno del 2012, facendo riferimento all’attenzione dei media sollevata dal Congresso Internazionale Teologico Pastorale e dal VII Incontro Mondiale delle Famiglie tenutosi proprio a Milano, Scola ha detto che “di fatto è un segno che la famiglia definita dai sociologi come normale, vale a dire in base alla relazione vera di un uomo e di donna sposati e aperta alla vita, è il desiderio di donne e uomini di oggi”. Angelo Scola, per inciso, ha firmato un’introduzione entusiasta di un libro del sacerdote cattolico francese “curatore” di gay, Tony Anatrella.
Un altro italiano il cui nome risuona come papabile è Gianfranco Ravasi (70 anni), Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Anche di lui abbiamo avuto occasione di discuterne in Dosmanzanas, proprio a proposito dello stesso congresso, dove ha equiparato le coppie gay alla violenza in famiglia, che ha definito come “pratiche sconcertanti”.
In una metafora veramente confusa, Ravasi ha paragonato la situazione della famiglia a quella di una casa che è composta da diverse stanze, la prima delle quali è la “sala del dolore”, cioè, quella della lacerazione, dell’incomprensione, della violenza che, secondo lui, rischia di minare le fondamenta dell’istituzione familiare.
“L’elenco delle vecchie lacerazioni come divorzi, ribellioni, infedeltà, aborto oggi si estende a nuovi fenomeni socio-culturali, come (…) il sorprendente e sconcertante itinerario bioetico della fecondazione artificiale, della clonazione, delle coppie omosessuali e delle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso, delle teorie sul genere, della monogenitorialità, della pornografia”, ha detto il prelato a suo tempo.
Il terzo degli italiani che suona come un possibile successore di Ratzinger è, infine, una vecchia conoscenza di Dosmanzanas: Tarcisio Bertone (78 anni), Segretario di Stato vaticano, il cui curriculum omofobo è certamente il più importante.
Basti ricordare le sue dichiarazioni nell’aprile del 2010, quando parlò dell’omosessualità nei casi di pedofilia da parte del clero cattolico. “Molti psicologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c’è relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri hanno dimostrato, mi è stato recentemente detto, che c’è una relazione tra l’omosessualità e la pedofilia”, dichiarò allora Bertone.
Parole che fecero il giro del mondo e che meritarono aspre critiche, ma ciò non sembra costituire un problema da prendere in considerazione per un candidato papabile.
Titolo originale: De la comprensión hacia la persecución de los homosexuales a la oposición al matrimonio igualitario: nuestro repaso a los papables