“Religioni, Omofobia, Transfobia”. E’ tempo di costruire un dialogo tra le persone LGBT e le chiese
Appello diffuso da IDAHO (Organizzazione internazionale della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia) negli anni 2010-11, liberamente tradotto da Arianna Picchio
“Religioni, Omofobia, Transfobia“. Perché questo tema? In tutto il mondo, le violenze transfobiche o omofobiche sono spesso commesse da persone o da gruppi fanatici che utilizzano le credenze religiose per giustificare le loro azioni. Questi atteggiamenti riguardano la maggior parte delle religioni. Sarebbe troppo facile moltiplicare gli esempi coinvolgendo cattolici, protestanti, ortodossi, musulmani, ebrei, indù, animisti, ecc. Queste disposizioni sono ovviamente dannose in particolare per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e trans), e per i diritti umani in generale, ma danneggiano anche la causa dei credenti, che si screditano a loro volta, ogni volta che mantengono il silenzio su questi atteggiamenti che altri commettono in loro nome.
Del resto, questa violenza non ha niente a che vedere con i credenti. Anche tra le persone agnostiche o atee, le tradizioni religiose lasciano spesso abitudini di pensiero, che li spingono a giudizi e atti che mirano la dignità, la sicurezza, e a volte la vita delle lesbiche, dei gay, dei bisessuali e dei transessuali. Tuttavia, lungi dall’essere un fenomeno del passato, promesso a una progressiva estinzione, questa violenza di (così detta) ispirazione religiosa costituisce un fenomeno costante, tendenzialmente in aumento in alcuni paesi, che mette necessariamente in discussione chi lotta per i diritti umani.
Come avviare un dialogo con i credenti “moderati”?
I credenti non sono necessariamente tutti omofobi o transfobici – naturalmente. È quindi una questione di mobilitare la nostra causa a coloro che sono suscettibili di sostenere più o meno la causa LGBT. Questo dialogo, che può essere stabilito solo con credenti << moderati >>, deve riunire le ONG, gli LGBT, le istituzioni religiose, e ancor più le associazioni religiose LGBT, ma anche le OBG che rappresentano i laici o i liberi pensatori, senza dimenticare le autorità pubbliche, fortemente minate quando le violenze omofobe o transfobiche sono commesse in nome di Dio, chiunque egli sia.
Evidentemente, molte tradizioni religiose vietano e condannano i travestimenti o le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso. Ma qui, non si chiede ai credenti << moderati >> ciò che pensano dell’omosessualità o della transidentità, si domanda loro (cosa molto diversa), quello che pensano dell’omofobia e della transfobia, in particolare quando si tratta di violenze messe in atto in nome di precetti religiosi. Se essi si oppongono, ditelo in modo chiaro, forte, e con le associazioni LGBT e coloro che lavorano per i diritti umani. Se essi non dicono niente, questo silenzio rischia fortemente di essere interpretato come una sorta di complicità silenziosa, molto dannoso per la loro rispettabilità. Questa inversione di prospettiva, dall’omosessualità all’omofobia, dalla transidentità alla transfobia, potrebbe rivelarsi estremamente proficua per l’attuazione di questo dialogo.
Quale strategia adottare?
Ci sono molti movimenti in tutto il mondo che lavorano per sviluppare questo dialogo.
Il comitato IDAHO, l’organizzazione che promuove a livello internazionale la Giornata Internazionale contro l’Omofobia e la Transfobia, ha sviluppato un’iniziativa internazionale in collaborazione con alcuni di questi movimenti che mira a sfruttare l’attenzione politica e mediatica di cui gode la Giornata a tutti i livelli per sostenere queste strategie di dialogo. Questa iniziativa è fondata sul fatto che la Giornata porta un valore aggiunto a queste strategie, poiché essa:
– Beneficia di una buona attenzione da parte dei media e costituisce un momento interessante per generare una discussione pubblica
– Costituisce un’opportunità interessante per reclamare l’attenzione dei responsabili politici, del pubblico e di altri
– Permette di attirare l’attenzione del grande pubblico sui temi dell’omofobia e della transfobia, oltre la solita cerchia “abituale” del pubblico LGBT.
– E soprattutto permette di realizzare azioni comuni attraverso il mondo, che moltiplica l’effetto e l’impatto delle azioni svolte individualmente nei diversi paesi.
Quali azioni sono previste?
A seguito degli scambi con diversi movimenti coinvolti nella questione dei legami tra religioni, omofobia e transfobia, prevediamo varie attività comuni, di cui le principali consistono in:
1) Elaborare un Appello Internazionale ai Religiosi e diffonderlo largamente, al fine che questo appello sia segnato il più largamente possibile dai cittadini, dai politici, dagli intellettuali, dagli artisti, ecc.. E soprattutto, ovviamente, dei religiosi moderati (sia da credenti “anonimi” della base, sia da responsabili religiosi moderati)
2) Organizzare dialoghi nazionali attorno a questa iniziativa, preferibilmente includendo leader religiosi moderati, per promuovere la partecipazione positiva e costruttiva delle religioni al dibattito sui diritti umani.
Testo originale: IDAHO 2010-2011: « Religions, Homophobie, Transphobie»