Resurrezione o trans-formazione? Un punto di vista queer sulla Pasqua
Riflessioni del reverendo Mario Bonfanti* pubblicate sul sito della comunità MCC Il Cerchio il 31 marzo 2018
Quest’anno la Veglia pasquale cade nella ricorrenza dell’International Transgender Day of Visibility, che si celebra ogni anno il 31 marzo. Colgo lo spunto di questa interessante (casuale) coincidenza per fare qualche riflessione “fuori strada” (queer) sulla Pasqua.
Et resurrexit tertia die: dogma vs Vangeli?
Tutta la tradizione cristiana celebra con solennità la resurrezione di Gesù da morte. E lo proclamano solennemente tutti i Simboli di fede che in svariate redazioni vengono recitati dai fedeli nei secoli.
Ma – comincio provocatoriamente a chiedere – Gesù è davvero risorto?
Stando ai Vangeli non è così chiaro. In essi si parla di “sparizione del cadavere” e di “tomba vuota”. A tal punto che nel Vangelo di Marco le donne scappavo via spaventatissime e il Vangelo si chiude così (Mc 16:8). Essendo, però, un finale poco gradito, lo hanno interpolato aggiungendo un po’ di versetti scopiazzando da Matteo. Ogni studioso della Bibbia lo sa molto bene.
Qualcuno potrebbe obiettare che nei Vangeli si dice che, quando le donne arrivano al sepolcro, un angelo disse loro: “Non è qui. È risorto”. Nel Vangelo di Matteo leggiamo anche che i sommi sacerdoti e i farisei vanno da Pilato e gli dicono: “Ordina che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: è resuscitato dai morti” (Mt 27:64). La stessa Maria Maddalena, sconvolta nel vedere la tomba vuota, corre dai discepoli a dire: “Hanno rubato il corpo” (Giovanni 20:2). Quindi, più di un sospetto sulla resurrezione di Gesù circolava già immediatamente dopo la sua sepoltura. Ma poi il Credo (e il dogma) hanno chiuso in fretta la questione col marchio a fuoco dell’anatema: o ci credi o non sei cristiano. E Paolo arrivò a dire ai fedeli di Corinto: “Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.” (1 Corinzi 15:12-14) Mi sembra (passatemi il termine) una sparata un po’ grossa: come se il cristianesimo fosse tutto lì. Non esageriamo, Paolo!
Risurrezioni ovunque!
Se, infatti, diamo un velocissimo sguardo al panorama religioso extracristiano, troviamo una infinità di resurrezioni un po’ ovunque. Con buona pace di Paolo!
In Egitto (ben prima della nascita di Gesù) si celebrava la morte e resurrezione di Osiride, assassinato nel corso di un complotto organizzato dal fratello minore Seth, e tornato in vita divenendo così Signore del mondo dei morti.
Lo Zoroastrismo (religione orientale che ebbe grande influenza sulla Bibbia) prevedeva la resurrezione corporea dei morti per un Giudizio Finale di Dio.
Nell’universo greco (ripreso in parte dai romani) vi sono parecchi personaggi che muoiono e risorgono: Semele, uccisa per gelosia da Era, ma riportata in vita dall’Ade da Dioniso; Pelope, fatto a pezzi dal padre Tantalo, ma risuscitato da Zeus; Ippolito, morto in un incidente su un cocchio, e riportato in vita da Asclepio; Alcesti, strappata all’Ade da Eracle; il re trace Reso, ucciso nel sonno ma poi resuscitato grazie all’intervento di Euterpe; ecc.
Anche secondo l’Islam, l’umanità è destinata alla morte ma, nel momento del Giorno del Giudizio, Allah farà suonare dai suoi angeli le Trombe del Giudizio e farà risuscitare tutti gli uomini, in corpo, anima e spirito, perché siano giudicati.
E mi fermo qui perché gli esempi sarebbero davvero tantissimi.
Realtà o simbolo?
A questo punto, smentita l’unicità della resurrezione cristiana, mi sorge il sospetto che più che fatto realmente avvenuto, anche la resurrezione di Gesù sia un simbolo. Cito le affermazioni di un grande studioso di religioni e mitologie umane, Joseph Campbell. Nel libro “Percorsi di felicità. Mitologia e trasformazione personale” egli scrive:
“C’è collisione tra questi articoli di fede e le nostre scienze storiche e fisiche. Molte figure che la nostra religione afferma dogmaticamente abbiano realtà storica, sono assai difficili da interpretare in termini storici. Essi sono simboli. E, come tali la loro verità primaria non è storica, ma spirituale; originano dalla psiche, parlano dello e allo spirito: sono veicoli di comunicazione tra le profondità più profonde della nostra vita spirituale e lo strato relativamente sottile della coscienza”. E ammonisce: “La religione è mitologia fraintesa. Il fraintendimento tipico consiste nell’interpretare i simboli mitologici come se si riferissero a fatti storici“.
La simbolica TRANS
Mi è venuto in mente un passaggio dell’Offertorio che si cantava nelle messe da “requem” e che recita: “fac eas de morte transire ad vitam (concedi che possano passare dalla morte alla vita)”. Cogliendo l’invito di Campbell, penso che, per uscire dal fraintendimento della religione, sia importante transitare dal dogma (sterile e mortale per lo spirito) al simbolo (vitale e creativo). Il tema del passaggio (transire – appunto) è centrale nella festività pasquale: l’esodo dall’Egitto con l’attraversamento del mare e del deserto (ancora oggi tragicamente attuale per milioni di persone che fuggono dalle proprie miserie per cercare “terre della promessa”), il transito lunare che a Pasqua da crescente passa a calante, i fiori che germogliano e che usiamo come simbolo del transito dall’inverno alla primavera, le uova (altro simbolo di transito e trasformazione), il transitare di Gesù (nei racconti evangelici) da un posto all’altro fino al sepolcro, il suo transito dalla morte alla vita, il suo transito (secondo la teologia ortodossa) attraverso gli inferi per liberare Adamo ed Eva e infine il suo transitare dalla terra al cielo (con il simbolo dell’ascensione)… è tutto un tripudio di transiti.
Quindi chiudo con una provocazione.
Potremmo forse, a questo punto, abbandonare il termine resurrezione (troppo dogmaticamente inquinato e fonte di fraintendimenti e resistenze) per sostituirlo con il termine transformazione (non è un errore: la “n” è voluta). Una opzione non solo di fede, ma anche culturale (e politica, nel senso alto della parola): una scelta che, da una parte, concilierebbe il simbolo della fede con il postulato fondamentale di Lavoisier (Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma) e, dall’altra, destrutturerebbe il dominio ideologico binario, mettendo al centro della fede cristiana la cifra TRANS. E quindi anche le persone trans!
Quindi, buona Pasqua di transformazione a tutt*
* Sono il reverendo Mario Bonfanti, ordinato sacerdote nel 2002 e uscito dalla Chiesa Cattolica nel 2012 per essere autenticamente me stesso: spiritualmente e sessualmente impegnato nello stesso tempo. Dopo un avvicinamento alla Chiesa Anglicana ho aderito alle Metropolitan Community Churches ( www.mccchurch.org ). Attualmente mi definisco “prete queer” in quanto pastore di una comunità MCC a nord di Milano ( www.mccilcerchio.it ) e appartenente alla teologia e al movimento queer.