Ricordando padre Robert Carter, sacerdote e attivista gay
Testo tratto dal blog Queer Saints and Martyrs (Stati Uniti) del 24 Marzo 2010, liberamente tradotto da Annibale Cois
Non c’è contraddizione tra l’essere Cattolico e gay o lesbica. In realtà Robert Carter dice di essere stato più Gesuita nel momento in cui si è dichiarato pubblicamente gay, così molti di noi sono più completamente Cattolici quando si dichiarano pubblicamente nella Chiesa (dico deliberatamente “molti di noi”, perché il rendere pubblico il proprio essere omosessuale è sempre una decisione profondamente personale, che può non essere appropriata per tutti).
Robert Carter, Sacerdote e attivista gay, morto a 82 anni
Il Rev. Robert Carter, che nei primi anni ’70 fu uno dei primi sacerdoti cattolici nel paese che dichiarò pubblicamente di essere gay e aiutò a fondare la National Gay and Lesbian Task Force (Unità Operativa Nazionale Gay e Lesbica), è morto il 22 febbraio nel Bronx. Aveva 82 anni.
La sua morte, in una struttura sanitaria gesuita, è stata confermata dal Rev. Thomas R. Slon, assistente del responsabile della Provincia di New York della Compagnia di Gesù.
Il coming out (termine utilizzato anche in italiano per indicare la pubblica dichiarazione della propria omosessualità, n.d.t.) di Padre Carter fu veramente pubblico.
[Nella foto vediamo Robert Carter (a destra) con Dan McCarty (a sinistra) Bernard Lynch e John McNeill che sfilano ad una Marcia per l’orgoglio gay nei primi anni ’80].
Nell’Ottobre del 1973, il Dott. Howard J. Brown, precedentemente amministratore del servizio sanitario della città di New York, annunciò che era gay e che stava formando una organizzazione per i diritti civili di uomini e donne omosessuali.
Chiamata allora “National Gay Task Force” (Unità Operativa Nazionale Gay), successivamente prese il nome di National Gay and Lesbian Task Force (Unità Operativa Nazionale Gay e Lesbica).
Un articolo sull’organizzazione pubblicato sul New Your Times diceva: “Alcune organizzazioni gay e lesbiche sono rappresentate nel comitato direttivo. Uno dei membri é il Rev. Robert Carter, sacerdote Gesuita professore di teologia storica”.
Subito dopo egli ricevette la visita dal vice responsabile provinciale dell’ordine dei Gesuiti. “Sembrava che fossero preoccupati che io avessi avuto una crisi psicotica o qualcosa del genere”, scrisse Padre Carter in una memoria non pubblicata.
Benché ci fossero pressioni per la sua espulsione da parte di irati “Gesuiti, genitori ed ex-allievi delle nostre scuole”, continua Padre Carter, egli non ricevette sanzioni disciplinari.
In quei giorni, la Chiesa e l’ordine dei Gesuiti erano in qualche modo più accoglienti nei confronti delle persone gay.
La chiesa (cattolica) continua a mantenere la posizione che, mentre l’attrazione omosessuale è “disordinata”, le persone gay che sono celibi non sono intrinsecamente peccatrici.
Nel 2005, tuttavia, il Vaticano ha pubblicato un documento in cui si diceva che la Chiesa non avrebbe ammesso nei seminari o ordinato “coloro che praticano l’omosessualità, presentano radicate tendenze omosessuali o supportano la cosiddetta ‘cultura gay’”.
Padre Carter contribuì a fondare la sezione di New York di “Dignity USA”, un gruppo di supporto per Cattolici gay. Nel 1972, con il Rev. John McNeill, ospitò il primo raduno della sezione nella cappella dei Gesuiti nella 98° Strada Ovest di Manhattan.
“Io considero lui come il cuore di Dignity”, disse Padre McNeill, autore di “La chiesa e l’omosessuale” (The Church and the Homosexual”, Beacon, 1976) in un’intervista. “Io mi occupavo di tutte le pubblicazioni, ma lui era in prima linea, incontrandosi con la gente e supportandola nelle proprie scelte”.
Quando le autorità cattoliche proibirono a Dignity di radunarsi in locali di proprietà della Chiesa, Padre Carter iniziò a celebrare le Messe in diversi appartamenti di Manhattan.
Celebrò cerimonie di benedizione per coppie gay. Testimoniò in supporto della legge sui diritti delle persone gay proposta dal sindaco Edward I. Kock prima che fosse approvata dal Consiglio Municipale nel 1986. Spronò Dignity a marciare nei cortei dell’Orgoglio Gay e marciò egli stesso, con il suo abito clericale.
Benché fosse uno studioso classico, egli era anche un assistente sociale qualificato che faceva consulenze per sacerdoti gay e centinaia di laici Cattolici.
“Quando io cercavo di conciliare il mio essere gay e Cattolico”, disse Brendan Fay, un attivista gay di lungo corso, “ Bob Carter mi aiutò a passare dall’odio verso me stesso all’auto-accettazione e quindi all’’attivismo gay. Era una specie di Harvey Milk Cattolico”.
Robert Earl Carter era nato a Chicago il 27 Luglio del 1927, figlio di Earl e Ila Grace Smith Carter. Suo padre dirigeva diversi negozi di musica. Gli sopravvive suo sorella, Nancy Glader di Prospect Heigths, nell’Illinois.
I genitori di Padre Carter erano Protestanti, e cambiarono diverse denominazioni durante la crescita del figlio. Studente all’Università di Chicago, egli lesse il semiautobiografico “Ritratto dell’artista da giovane” di James Joyce. Quel libro lo introdusse, egli scrisse, alla “centralità del Cattolicesimo nella storia della civiltà Occidentale”.
Si laureò nel Giugno 1946 e l’anno successivo fu accolto nella Chiesa Cattolica. Tre anni dopo egli completò la sua specializzazione in Studi Greci nella stessa Università di Chicago, e nel 1953 vi ricevette il suo dottorato. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1954 e fu ordinato sacerdote nel 1963.
Padre Carter conseguì successivamente un’altra specializzazione, come Assistente Sociale, alla Columbia University nel 1981.
Già nel 1985 esercitava la sua professione nel supporto ai pazienti ammalati di AIDS all’ospedale Lincoln nel Bronx; successivamente divenne supervisore del programma ambulatoriale per pazienti con AIDS all’ospedale Bellevue a Manhattan.
Per lui, non c’era alcuna contraddizione tra omosessualità e Cristianesimo. Nelle sue memorie Padre Carter scrisse:
“Considerando che Gesù aveva momenti di fraterno convivo con emarginati e peccatori, rifiutati dalle autorità religiose del tempo, io ritengo di essere stato in modo più pieno un Gesuita, un “compagno di Gesù”, quando ho dichiarato pubblicamente di essere gay, uno tra gli emarginati sociali del mio tempo.
Soltanto con il nostro dichiararci pubblicamente, gli stereotipi negativi della società sarebbero stati superati e noi avremmo guadagnato accettazione sociale”.
Testo Originale: In Memoriam: Fr Robert Carter, Priest and Gay Activist