Ricordando Paolo Seganti, una vita troppo breve
Testimonianza su Paolo Seganti de La Sorgente, gruppo di omosessuali Cristiani di Roma
Paolo Seganti era un gay dichiarato e un cattolico praticante. “Uno che aveva scelto di non nascondere la sua fede e il suo orientamento omosessuale”. La notte del 10 luglio 2005 è stato ucciso, dopo essere stato torturato con un coltello, in un parco alla periferia di Roma.
Di fronte a un episodio come questo non possiamo interropgarci sulle conseguenze che possono avere certi discorsi di condanna dell’omosessualità. Discorsi che rischiano, al di là delle intenzioni con cui sono pronunciati, di alimentare i motivi profondi di un’omofobia che può arrivare ad uccidere.
Davanti alla tragica morte del nostro amico Paolo, davanti alle sue grida inascoltate, come non evocare quel Salmo 21 che i Vangeli collocano nella bocca del Figlio di Dio nel momento di suprema sventura e abbandono?
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi? Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorre in mio aiuto! Scampami dalla spada, dalle unghie del cane la mia vita. Dalla profondità dell’amarezza e della violenza, sorge, nella speranza cristiana, ma anche nell’impegno civile, uno spiraglio di luce sul futuro.
Quando, a febbraio, Paolo era arrivato, per un breve periodo, al nostro gruppo di omosessuali cristiani, si è confidato, ha condiviso alcune sue ferite e sofferenze. Paolo viveva con dignità e grande serietà le sue tensioni personali e i contrasti e contraddizioni con cui si confrontava, anche nell’ambito cristiano e ecclesiale.
Soffriva vedendo tanti fratelli vivere negativamente la loro condizione di vita. In un messaggio scritto quattro mesi fa, Paolo ci parlava del bisogno e dell’urgenza di “dialogare” apertamente sulle problematiche legate all’omosessualità, non tanto con le parole (“parliamo anche troppo”, avvertiva), bensì soprattutto (aggiungeva) testimoniando “il proprio vissuto, i propri dolori, peccati, speranze, tutto quello che ci rende persone umane fatte a immagine e somiglianza di Dio, prima ancora che omosessuali”.
E deplorava il fatto che un “silenzio ipocrita”, “una ostinazione ceca ammantata di prudenza”, che regna ancora in certi ambienti (anche all’interno della Chiesa), finisca per “gettare molti nella disperazione di una negazione assoluta” [della propria identità omosessuale] o in una “schizofrenia spirituale e umana”.
Di fronte a un episodio come questo che ha portato via in un modo così barbaro un nostro amico piena di vita, tutta la società civile, ma specificamente la nostra comunità cristiana, non può non interrogarsi sulle conseguenze che possono avere certi discorsi di condanna dell’omosessualità.
Discorsi che rischiano, al di là delle intenzioni con cui sono pronunciati, di alimentare i motivi profondi di un’omofobia che può arrivare ad uccidere. Per questo motivo vorremmo poter sentire oggi qui, da ognuno e da tutti – e molto concretamente dai responsabili civili e religiosi – delle parole chiare di condanna della violenza omicida che ha torturato e ucciso il nostro amico Paolo Seganti, cristiano e omosessuale.
Un amico da poco arrivato al nostro gruppo, che non ha dunque conosciuto personalmente Paolo, è stato capace di riassumere il dolore di questa sua tragica morte, scrivendo queste parole sentite; un appello a tutti noi qui presenti:
“Io non so se morirò di una morte simile alla sua.
Non so se anch’io una notte mi troverò ad urlare in un parco, non so se anch’io sbatterò impotente le sbarre di un cancello cercando di fuggire, non so se anch’io verrò spogliato di tutto e picchiato e ucciso.
Se dovessi succedere sono sicuro che Dio avrà pietà di me, se non altro perché gli ricorderò la passione del suo Figlio. Ma spero proprio che non mi succeda: se avrò mai la sventura di trovarmi così male e disperato vorrei che mie grida di dolore, il mio disagio, la mia angoscia riuscissero a rompere l’isolamento in cui sicuramente mi troverei, così che gli altri – VOI! – possiate venirmi in aiuto”.
Prendetevi cura gli uni degli altri, portate il peso dei vostri fratelli, ascoltate le loro grida di aiuto… Credo che se adesso Paolo potesse parlarci, ci direbbe queste parole. Se riusciremo a prendere la decisione di essere davvero attenti gli uni agli altri, disposti a sostenere e ascoltare chi si trovi in situazione di disagio e bisogno, forse non ci saranno più delle morti assurde come quella di Paolo Seganti.
Da parte nostra, ci impegniamo in questo senso.
La morte di Paolo Seganti
Estratto da “Orrori di mezza estate” di Gianni Rossi Barilli pubblicato su “Pride” dell’agosto 2005
Paolo Seganti, attore romano di 35 anni assassinato a Roma nella notte del 10 luglio (2005). Ucciso in un parco di periferia, mentre urlava disperatamente aiuto facendosi sentire dalla gente dei palazzi vicini che stava in casa con le finestre aperte per il caldo. Qualcuno ha avvisato la polizia e qualcun altro i carabinieri, ma le pattuglie intervenute non hanno notato niente di strano e se ne sono andate.
Poi si è sentito di nuovo urlare e poi più nulla. La mattina dopo una signora che portava a spasso il cane ha trovato il cadavere immerso nel sangue e ha dato l’allarme. Secondo la ricostruzione fornita, Paolo Seganti è stato torturato con un coltello che gli ha procurato oltre venti ferite ai genitali e alle natiche e poi finito con un colpo alla base del cranio. Le indagini sono ancora in corso, ma almeno stando alle apparenze, l’omosessualità della vittima non è un dettaglio insignificante per spiegare l’accaduto.
Paolo Seganti era un gay dichiarato e un cattolico praticante. “Uno che aveva scelto di non nascondere la sua fede e il suo orientamento omosessuale”.