Riflessioni bibliche per combattere la discriminazione delle persone LGBT nelle chiese
.
Tuttavia, se questo debito ha ancora oggi un peso nella nostra cultura ecclesiale in particolare dal punto di vista della tradizione, non potrebbe essere un guanciale di pigrizia sul quale riposarsi per evitare di confrontarsi in modo nuovo con queste questioni delicate.
Questo perché non è più possibile che i cristiani e tutta l’opinione pubblica passino sotto silenzio il fatto che, da noi, molte persone LGBT subiscono delle discriminazioni, delle emarginazioni, delle caricature e incomprensioni legate alla loro identità e al loro orientamento sessuale.
Perseverare nell’atto di giudicare e accusare significa contribuire ad aumentare questa sofferenza. Anche tacere o velarsi gli occhi vuol dire contribuire ad incrementare la loro sofferenza. Rifugiarsi dietro una tradizione o dei testi – anche biblici – significa ancora una volta aumentare la loro sofferenza.
Il nostro gruppo vuole umilmente offrire alcuni spunti di riflessione per poter fare un passo in più nel cammino religioso e, all’occorrenza, cristiano, verso la diminuzione delle emarginazioni delle persone LGBT e forse permettere altresì a tutti una miglior comprensione reciproca.
Il nostro punto di partenza è stato fissato, i nostri obiettivi non sono certo neutri (ma può esserlo una riflessione sulla domanda di senso?) e il nostro documento non può che essere parziale di fronte ad un argomento vasto che ha a che fare con numerose discipline diverse e solleva diverse questioni. Per questo, ci auguriamo di offrire degli spunti di riflessione per non pensarla sempre allo stesso modo, anzi per cercare di camminare insieme serenamente.
La Bibbia è contraddistinta dal contesto in cui i testi sono nati.
Gli autori della Bibbia utilizzavano le parole della loro vita quotidiana, del loro contesto, per parlare del loro rapporto con Dio. La Bibbia è stata scritta da degli uomini[2] che vivevano una realtà particolare: quella della loro vita, del loro contesto e del loro ambiente. Le parole che utilizzavano erano il riflesso di questa realtà. Tentare di rintracciare ciò che significavano le parole della Bibbia per coloro che le hanno scritte,[3] è per noi un modo di essere fedeli alla Bibbia e di rispettarla infinitamente.
L’utilizzo dei testi biblici, quando li si usa a proposito della questione dell’omosessualità, troppo spesso lo si fa in un modo che rasenta il fondamentalismo. Si pensa che la Bibbia sia un libro di ricette morali che devono semplicemente essere applicate anche se da quei testi ci separano due o tre millenni. Per cui, un tale ricorso alla Bibbia è contemporaneamente impossibile e incoerente: non solo ha un aspetto anacronistico, ma rileva spesso una cattiva esegesi dei testi. È Agostino che, nel IV secolo, considerava i rapporti tra persone dello stesso sesso come contro natura e li condannava. Teodosio, alla fine del IV secolo, li condurrà al rogo. La parola «omosessualità» comparirà per la prima volta nel XIX secolo per classificare delle persone.
Di quale omosessualità parla la Bibbia?
Non c’è un solo modo di credere, non c’è un solo modo di leggere![4] . Per la presentazione dei testi qui sotto, siamo perfettamente consapevoli che si tratti di una lettura particolare. Che è possibile darne altre interpretazioni, avere altri strumenti per approcciarli.[5] Tuttavia, pensiamo che una lettura di questo tipo permetta di fare un passo in più nella lotta contro le discriminazioni. E di confutare le letture che dicono: «La Bibbia è contro l’omosessualità, basta leggere quel passo…». La questione non si riduce semplicemente a questo né si tratta di un qualcosa di semplice.
Noi ci battiamo contro una lettura della Bibbia che ne svuoti completamente il senso per affermare che c’è un solo modo di credere e un solo modo per leggere. Affermiamo ancora che ogni lettura è interpretazione e Dio utilizza molteplici modi per parlare[6] e entrare in rapporto con l’uomo.[7]
Qualche cenno circa il contesto….[8]
Per l’antico Vicino Oriente, la sessualità è prima di tutto una questione di ruolo e di genere. S tratta di rispettare l’ordine sociale. Prima di tutto, lo stesso termine «omosessualità» è un’invenzione moderna che risale al XIX secolo, per il quale né l’ebraico biblico né il greco del Nuovo Testamento hanno una parola che permetta di tradurla. Dato che, però, alcune traduzioni utilizzano, in certi passi, il termine «omosessuale», si tratta di un pericoloso anacronismo.
La concezione della sessualità che avevano gli autori biblici e, in generale, quella che prevale nell’antico Vicino Oriente, è molto diversa dalla nostra. Per loro, la sessualità è l’espressione stessa dell’ordine sociale[9] all’interno del quale i ruoli degli uomini e delle donne sono chiaramente distinti. È bene ricordarsi che il matrimonio è un obbligo e ha prima di tutto a che fare con una transazione commerciale e, in secondo luogo con l’amore.
Per il Vicino Oriente antico, la sessualità è prima di tutto una questione di ruolo e di genere. L’uomo è attivo e dominante, mentre la donna è passiva e sottomessa; perciò, il rapporto sessuale deve riflettere questo ordine delle cose. Ecco perché, allora, non è possibile immaginare un rapporto sessuale tra due uomini o due donne che siano di uguale posizione sociale, in quanto ciò significherebbe che uno dei due partner assumerebbe un ruolo che non è il suo. Al contrario, ci sono numerose testimonianze di violenze sessuali ai danni di persone omosessuali: il problema non era lo stesso, dato che il dominante era rispettato e che non c’era uguaglianza. Inoltre, un uomo libero poteva avere dei rapporti omosessuali con uno schiavo senza correre il rischio di vedere messi in discussione il suo onore e la sua dignità di maschio.
Nella Bibbia, la coppia è esaminata in vari modi, in particolare nell’Antico Testamento.[10] Una corrente mette l’accento sulla procreazione (Genesi 1),[11] un’altra corrente mette l’accento sull’amore e l’erotismo senza per forza legarlo al matrimonio ed alla procreazione (Cantico dei Cantici). Bisogna aggiungere, inoltre, che la Bibbia non tratta molto queste problematiche, se paragonate ad esempio al rifiuto (non accoglienza), della mancanza d’amore, del giudizio (che spetta soltanto a Dio e non agli uomini), del perdono e del peccato universale. Chiaramente, nell’AT l’esodo/esilio gioca un ruolo centrale, dato che si pone l’accento sul passaggio dalla schiavitù alla libertà.[12] Nel Nuovo Testamento (NT),[13] invece, è il tema della morte/risurrezione a dominare, ovvero il passaggio dall’alienazione alla vera vita. Non ce n’è abbastanza per cambiare il nostro atteggiamento nei confronti delle persone LGBT?
Levitico (Lv) 20,13
Il problema di Lv 20, sono gli atti sessuali che mettono in discussione l’ordine familiare, clanico o sociale della sua epoca. Quando uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro. (Cfr anche Lv 18,22).
Questo testo vieta l’atto sessuale tra due uomini in cui l’umo assume il ruolo passivo che «normalmente» tocca alla donna. Ciò che è condannato in questi due testi è la trasgressione dei ruoli. Tra l’altro, Lv 18 (che è senza dubbio il testo più antico), punisce soltanto il partner attivo. Diventa chiaro allora che è questa la posta in gioco: gli atti sessuali che permettono di mettere in discussione della coerenza familiare, dell’ordine clanico o ancor più l’ordine della società sono giudicati inaccettabili. Per i sacerdoti[14] che hanno scritto questo il libro del Levitico la sessualità diventa legittima soltanto se finalizzata alla procreazione. Lv 18 e 20 non si focalizzano sui rapporti omosessuali.
Qualsiasi perversione che secondo gli autori stessi è stata ereditata dalle società vicine viene condannata: la zoofilia, l’incesto, l’adulterio, la prostituzione sacra o le relazioni sessuali con una donna durante le mestruazioni.[15]
Coloro che citano i testi del Levitico per condannare l’omosessualità, dimenticano spesso che citare un testo proveniente da una civiltà che accetta la schiavitù e che non conosce l’eguaglianza tra uomini e donne è un discorso anacronistico. Per cui, c’è sempre un rifiuto di tutto ciò che potrebbe mettere in discussione l’organizzazione sociale del tempo, nonché una diffidenza nei confronti delle società vicine.
Va detto che questi testi del Levitico mostra quanto sia importante il radicamento dei valori sociali e quanto sia importante riflettere su quanto possano aumentare la coesione del gruppo e la qualità di vita dei suoi singoli membri. Questi testi rappresentano oggi un invito alla riflessione sul nostro vivere insieme in modo da aiutare la società a crescere nel rispetto reciproco.
Genesi (Gen) 19[16]
Il problema di Genesi 19 è la violazione delle regole dell’ospitalità, il rifiuto di accogliere l’altro. Il racconto della distruzione di Sodoma e Gomorra (Gen 19), che è all’origine del termine «sodomia», è stato spesso interpretato come la punizione divina degli abitanti di Sodoma per le loro tendenze omosessuali. Ma il vero intento dell’autore, che del resto è quello di Gesù (si veda Lc 10,10-12),[17] è mostrare il non rispetto dell’ospitalità ed il tentativo di trattare male gli ospiti: Prova ne sia il fatto che gli abitanti di Sodoma partecipano all’aggressione (e non solo gli uomini); d’altra parte, se il verbo «conoscere» può avere una connotazione sessuale, non significa che ce l’abbia sempre.
Loth[18] ha avuto occasione di fraintenderne il significato. Nell’AT stesso, il peccato di Sodoma non è assimilato all’omosessualità, ma al rifiuto dell’ospitalità e dell’accoglienza, che sono considerati dei valori essenziali per quest’epoca e gli abitanti di Sodoma, di conseguenza, se ne fregano. L’origine della lettura del racconto di Sodoma come condanna dell’omosessualità in generale risale all’incontro del giudaismo con la cultura greca avvenuto circa nel III secolo a.C.[19] Allora, gli ebrei ebbero a che fare con la pederastia greca e la nudità mascolina quando si trattò di competere dal punto di vista sportivo.[20] È probabile che in quel momento la città di Sodoma fosse vista come il simbolo della civiltà greca, che il giudaismo «ortodosso» accettava a fatica. Questo tipo di visione è all’origine della lettura omofoba di Gen 19 in numerosi trattati dogmatici e giuridici. Oggi, affrontare la lettura di Gen 19 significa interrogarci sulla qualità dell’accoglienza che offriamo a tutti coloro che ci sono estranei… ma soprattutto è un invito a non ripetere l’errore di Sodoma rifiutando e aggredendo, spesso con l’uso della violenza, coloro che ci interpellano.
2 Samuele (2 Sam) 1, 26[21] (in senso ampio da 1 Sam 13 a 2 Sam 1)[22]
Dell’erotismo nel rapporto tra Davide e Gionata? “L’angoscia mi stringe per te, fratello mio Gionata! Tu mi eri molto caro”. Dunque, dopo che Davide terminò il suo colloquio con Saul, Gionata si affezionò a Davide e l’amò come sé stesso (1 Sam 18,1).
«Saul comunicò a Gionata suo figlio e ai suoi ministri di avere deciso di uccidere Davide. Ma Gionata, figlio di Saul, nutriva grande affetto per Davide.» (1 Sam 19,1).
È possibile, all’opposto di Gen 19, leggere la storia della profonda amicizia tra Davide e Gionata di cui parla 1 Sam come una legittimazione delle coppie omosessuali? Anche questo tipo di lettura sarebbe anacronistico, in quanto i due amici sono sposati e hanno dei figli. Tuttavia, nel testo biblico ci sono non poche scene che sembrano aggiungere un pizzico di erotismo a quest’amicizia, com’è avviene anche nell’epopea di Gilgamesh,[23] che tratta di una relazione erotica tra due eroi e che l’autore della storia di Davide e Gionata conosceva sicuramente. Si ha una prova dell’erotismo nel rapporto tra Davide e Gionata, spesso negato dagli esegeti, ma mostrato apertamente dai romanzieri e dai pittori, sia nei baci e negli abbracci che gli amici si scambiano, che nel lamento che Davide scrive dopo che Gionata è caduto in battaglia (2 Sam 1,26). Il narratore non sembra voler mettere in secondo piano la componente erotica di questo rapporto, in quanto l’intento dell’autore, con molta probabilità, è di eguagliare Davide al grande re Gilgamesh.
Romani (Rm) 1,26-27[24]
Paolo dimostra che tutti gli uomini sono sottomessi al peccato, qualsiasi cosa facciano per negarlo. E quindi che tutti necessitano del beneficio della grazia, del perdono, dell’amore di Dio.
Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento.
Come la Bibbia ebraica, non parla dell’omosessualità nello stesso modo in cui la concepiamo noi oggi. Il famoso passaggio dell’epistola ai Romani (1,26-27) si spiega esattamente allo stesso modo della condanna dei rapporti sessuali tra due uomini che avevamo visto nel Lv.
La problematica che affronta Paolo è proprio l’ordine sociale – e dunque l’ordine sociale della sua epoca. Quando si legge questo passo di Rm e lo si contestualizza nella riflessione paolina, i rapporti omosessuali sono un esempio come tanti altri di ciò che Paolo considera come il disordine del mondo. L’apostolo utilizza questa immagine tra le altre per mostrare quanto gli uomini abbiano bisogno del perdono di Dio: non solo alcuni, ma tutti. Paolo vuole mostrare che tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio: tutti peccatori, giustificati gratuitamente da Dio in Gesù Cristo.[25] Per farlo, utilizza le categorie del suo tempo (si veda anche il versetto 23 e i versetti 29-31 che dimostrano molto bene come la questione non si riduca al mero dibattito «omosessuale» o no) e stila una lista che mira a mostrare come ognuno di noi siamo di fronte alla collera di Dio in quanto tendiamo a soffocare la verità della sua presenza (versetto 18) nel mondo e nella nostra vita.
L’enfasi di questi versetti (si tratta di un enfasi tipicamente orientale in quest’epoca) è legata al fatto che, di conseguenza, abbiamo tutti bisogno del perdono di Dio, donato gratuitamente e indipendentemente dalle nostre azioni e dai nostri pensieri. Tra l’altro, i giudici stessi sono accusati di essere esattamente come quelli che sono sottoposti al loro giudizio (Rm 2,1). Paolo qui non parla della questione dell’omosessualità in quanto tale, ma utilizza le categorie del disordine sociale della sua epoca per illustrare il bisogno del perdono e della presenza di Dio.
Bibbia e lotta contro l’emarginazione
La Bibbia stessa ci può aiutare per portare avanti con forza il nostro cammino di lotta contro la discriminazione distruttrice, l’emarginazione messa in atto da chi vede una falsa diversità. In tutta la Bibbia sono presenti parecchie scuole di pensiero che sottolineano sempre come si corra il rischio per l’uomo di credersi un giudice, quando in realtà il vero e solo giudice è Dio, per mettere in guardia dalla mancanza di accoglienza e di apertura alla sorpresa e al mistero dell’altro,[26] per ricordarsi che l’amore ha lo scopo di costruire e cercare di capire contro tutti i nostri pregiudizi, per ricordarci con forza che tutti siamo peccatori e che abbiamo tutti bisogno del beneficio del perdono di Dio,[27] ma soprattutto per invitarci ad impegnarci seriamente e concretamente nei confronti di coloro che soffrono.[28]
In questa ultima parte, ci auguriamo che i testi biblici che seguono possano darci degli spunti di riflessione e le nostre azioni in modo da sradicare l’emarginazione delle persone LGBT.
Isaia (Is) 58,6-14[29]
Il profeta lotta contro l’emarginazione di coloro che sono percepiti come diversi. L’emarginazione di coloro che sono percepiti come diversi, è radicata spesso nella paura o quando si percepisce una minaccia alla propria identità personale. Questo passo del profeta Isaia mira a proporre un altro modo di concepire un atto religioso tradizionale per quei credenti che si trovino proprio in un contesto di paura o di fragilità identitaria.
Invece di ricorrere al digiuno religioso e a degli atti egoisti e aggressivi, Isaia, invece di concentrarsi su una lettura superficiale del termine, spiega al popolo il significato profondo del digiuno, da sapere: «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?», in modo da non rischiare che il discriminare o il condannare ingiustamente aggiungano un giogo in più. Isaia continua: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, (…), allora brillerà tra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.».
Questo testo interpella tutti quei credenti che si rifugiano dietro una pratica religiosa di cui non capiscono il significato profondo: così facendo rischiano di promuovere la chiusura, il giudizio, l’annientamento interiore, o l’indifferenza, spesso facendosi forti della loro fede.
Il «riedificatore di rovine» (versetto 12), non è colui che «corregge» l’altro diverso cercando di farlo diventare come lui, ma è colui che cerca come permettere all’altro di vivere la sua diversità nella comunione e in amicizia profonda con l’altro.
La Chiesa[30] – i credenti[31] – possono impegnarsi concretamente sul cammino di ricostruzione delle devastazioni del passato (Is 58,12) in modo tale da poter lottare a fianco delle persone LGBT contro la discriminazione e da poter proporre, negli ambienti ecclesiali, degli strumenti per poter valorizzare non solo la tolleranza, ma ancora di più: l’amore.
I miracoli di Gesù – l’atteggiamento di Gesù
Il vero miracolo è colui che mostra un Dio che si fa prossimo de «L’impuro», del discriminato, del disprezzato. E questo significa che per lui, Dio, quell’uomo non è quel rifiutato. Il fatto che i Vangeli[32] ci parlino di Gesù che percorre le strade della Galilea e oltre è significativo: la pratica di Gesù[33] non ha mai smesso di rendersi vicina a tutti coloro che venivano discriminati dalla società (e quindi la religione) del suo tempo.
A tutti coloro che venivano considerati impuri, malati, colpevoli, a tutti i sofferenti e a tutti coloro che erano emarginati e a tutti coloro che non erano ritenuti degni nemmeno del rapporto con Dio, Gesù è venuto a dire loro una presenza concreta: si è avvicinato, ha toccato, ha usato delle parole di guarigione di perdono, d’amore e di rapporto rinnovato. Grazie ai suoi gesti e alle sue parole, ha ridato a tutte queste persone un posto in mezzo agli altri e ha ricordato loro che l’affetto che Dio aveva per loro non è mai venuto meno, a prescindere dal giudizio degli altri.
È interessante notare che le parole dure che Cristo usa sono riservate ai credenti praticanti della sua epoca: i farisei e i dottori della legge.[34]
Gesù ha parlato di giudizio e di condanna a tutti coloro che non facevano altro che giudicare e condannare i loro simili. Inoltre, nei Vangeli si legge di guarigioni di persone omosessuali. Inoltre, le guarigioni del Cristo indicano che il Regno è vicino e che la sofferenza non ha mai l’ultima parola sulla vita umana. La sofferenza non «corregge» mai un presunto errore, ma va letta come segno di benevolenza.
Coloro che sono stati guariti – assieme forse agli ammalati propriamente detti – sono proprio coloro il cui giudizio e i cui atteggiamenti emarginavano i sofferenti, non curandosi assolutamente di loro. È un atteggiamento che Gesù ha guarito: le guarigioni indicano proprio il suo Regno; si tratta di un appello a fare il bene che riceviamo: cercare un modo di interagire con gli altri in modo da aiutarli a trovare un sollievo alle loro sofferenze invece di incrementarle.
Galati (Gal)[35] 3,26-29
Per Paolo tutti siamo diversi: ma al di là delle nostre differenze condividiamo la stessa umanità e siamo, per la fede, figli e figlie dello stesso Dio. Dobbiamo valorizzare prima di tutto ciò che ci unisce, e non ciò che ci divide.
Non c’è più né giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Gesù Cristo.
Queste sono le parole forti e provocatrici dell’apostolo Paolo, in cui la questione è, nel contesto di questo versetto, il giudizio, la valutazione, la finzione…. Giudeo o Greco, schiavo o uomo libero, uomo o donna: tutte queste persone avevano, all’epoca di Gesù, un valore diverso, un posto diverso nella società, diritti differenti, sostanzialmente come un abito dice un po’ del nostro status sociale.
Paolo dice di vestire un abito diverso, nuovo, quello ricevuto all’atto del nostro battesimo. «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo» dice Paolo (Gal 3,26-29).[36] Non si tratta di annullare le differenze, in quanto queste si riveleranno sempre ad una conoscenza più approfondita, ma di affermare con forza un’identità di valore. Annullare le differenze, per i battezzati significherebbe soltanto affermare una differenza di valore. Ai Galati che misuravano il valore di una persona e del suo rapporto con Dio dalle sue capacità (vivere in conformità con la Legge), Paolo mostra loro un modo completamente diverso. Cosa può dirci oggi, a noi che misuriamo il valore di una persona in base alla sua apparenza? Paolo ci invita a cambiare prospettiva e a vedere questo vestito[37] con cui Cristo ci ha rivestito, in modo da scoprire ciò che ci unisce davvero ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, piuttosto che vedere ciò che ci divide. Siamo eredi della promessa, che ci è stata fatta da Dio stesso, di una vita di amore e di relazione.
Questo richiede di rinunciare a sé stessi, al suo solito abito – e dunque anche ai propri pregiudizi -, a tutto ciò che fa sì che io sia quello che sono in forza delle mie capacità; rinunciare a questo modo di vedere me stesso, in quanto è proprio così che rinuncerò a questo modo di vedere gli altri. Rinunciare ad essere ciò che si è dimenticandosi che Dio valorizza la vita di ognuno.
Portare la croce, rivestirsi di Cristo, testimoniare al mondo che non c’è più né Giudeo, né Greco, né schiavo, né uomo libero, né uomo né donna, e – all’occorrenza – né etero né omosessuale né bisessuale né trans…. Testimoniarlo ma soprattutto cercare di viverlo sempre da persone rinnovate dall’incontro con Cristo.
Queste parole forti dell’apostolo Paolo possono accompagnarci ancora oggi, in un mondo in cui le discriminazioni sono ancora molto forti e generano sofferenze e giudizi.
La Bibbia parla di Dio attraverso le parole e le esperienze umane[38]
I cristiani conoscono la Parola di Dio leggendo la Bibbia. Tuttavia, la Bibbia non è stata scritta da Dio, e non è stata dettata parola per parola.[39] È il frutto di un lungo processo di maturazione che ha preso per mano i credenti nel loro rapporto con Dio e che, nel corso del tempo, altri hanno riconosciuto come valida, ispirata e ispirante. Si conosce la Parola di Dio nelle parole della Bibbia, senza mai confondersi con queste. Tradizionalmente, i cristiani parlano della differenza che c’è tra lettera e Spirito e riconoscono che uno stesso testo può dire cose diverse in base alle persone e ai contesti (geografici, culturali, storici, etc.). In altri termini, la Bibbia contiene le parole di uomini e di donne che, in un dato contesto, parlano della loro esperienza di Dio. E dunque, questi passi hanno un senso per un’ampia comunità di persone e che, dopo tanto tempo, hanno acquisito un valore canonico e uno statuto a parte: quello di dire Dio all’uomo.
Non si può non interpretare!
Non si può non interpretare mentre si sta leggendo. La scelta del testo significa già interpretare; anche la traduzione; inoltre, non si troverà mai il senso che un singolo o una comunità dà a un testo se quel testo non fa pensare come quella persona o quella comunità il suo rapporto col mondo, la sua esperienza di vita, il suo passato e il suo avvenire, in poche parole: tutto ciò che concerne la sua dimensione esistenziale.[40]
Una parola avrà un significato diverso a seconda di chi legge e del significato che quel termine che ha per lui (per esempio dire il termine «papà» non è la stessa cosa per chi ha conosciuto un padre che gli ha voluto bene e che è stato presente, e per qualcuno che invece che è stato picchiato dal padre o che non l’ha conosciuto).
Alcuni testi dell’Antico Testamento che sono difficili da interpretare fuori dal loro contesto….
Conoscete sicuramente questo breve testo umoristico che circola su internet dal 2000. Permette di mettere in discussione il modo con cui noi interpretiamo i testi biblici:[41]
«Recentemente una celebre conduttrice radiofonica statunitense ha sottolineato con forza che l’omosessualità è una perversione: “È ciò che dice la Bibbia nel libro del Levitico, capitolo 18 versetto 22: “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio”. “Lo dice la Bibbia. E questo è tutto”, ha affermato.
Alcuni giorni dopo, un ascoltatore le recapitò una lettera aperta che diceva: “Grazie per tutto quello che fai per far sì che la gente sia educata nella Legge[42] di Dio. Imparo molte cose ascoltando il vostro programma e cerco di fare tutto ciò che posso perché anche altri ne traggano giovamento. Ma avrei bisogno di consigli a proposito di altre leggi bibliche.
Ad esempio, vorrei vendere mia figlia come schiava come è previsto dal libro dell’Esodo, capitolo 21 versetto 7. Secondo voi quale potrebbe essere il prezzo giusto?
Anche il Levitico, capitolo 25, versetto 44, insegna che posso possedere degli schiavi, a patto che siano acquistati nelle nazioni vicine. Un mio amico dice afferma che ciò è permesso coi messicani, ma non coi canadesi. Potreste farmi capire meglio? Perché non posso avere degli schiavi canadesi?
So che non posso avere rapporti con le donne durante il loro ciclo mestruale, come prescrive il Levitico, capitolo 18, versetto 19. Ma come faccio a rendermi conto se hanno o meno le mestruazioni? Ho provato a fare una domanda di questo tipo, ma molte ragazze sono riservate o si sentono offese.
Ho un vicino che va a lavorare anche il sabato. L’Esodo, capitolo 35, versetto 2, dice che dev’essere condannato a morte. Devo proprio ucciderlo io stesso? Potreste darmi sollievo togliendomi il peso di questa questione imbarazzante?
Inoltre: il Levitico, capitolo 21, versetto 18, dice che non ci si può avvicinare all’altare di Dio se si hanno dei problemi di vista. Devo mettermi gli occhiali per leggere. La mia acuità visiva deve proprio essere del 100%? Sarebbe possibile vedere al ribasso questo prerequisito?
Un ultimo consiglio. Mio zio non rispetta ciò che dice il Levitico, capitolo 19, versetto 19, piantando due tipi di culture diverse nello stesso campo, lo stesso dicasi di sua moglie che si veste con dei vestiti che sono fabbricati con tessuti diversi, cotone e poliestere.
Inoltre, tutti i giorni non fa altro che sparlare e bestemmiare. Bisogna proprio portare a termine quell’imbarazzante procedura di riunire tutti gli abitanti del villaggio per lapidare mio zio e mia zia, proprio come prescrive Lv 24,10-16? Non si potrebbe piuttosto bruciarli vivi nel corso di una riunione familiare privata, proprio come si fa con quelli che hanno rapporti con parenti prossimi, esattamente come prescrive il libro sacro, capitolo 20, versetto 14?
Mi affido pienamente al vostro aiuto. Grazie perché ci ricordate che la Parola di Dio è eterna e immutabile. E questo è tutto.»
Ribadire ciò in cui si crede…….
Al termine di questo piccolo percorso biblico, vorremmo sintetizzare ciò che è emerso grazie all’incontro tra noi stessi e i testi biblici sulla questione specifica della discriminazione o no degli orientamenti sessuali atipici:
- Né l’eterosessualità, né l’omosessualità, né la bisessualità, né tutto ciò che concerne la transessualità[43] è in sé una malattia. Anzi: l’identità sessuale dell’uomo è ricca e variegata; la sessualità dell’uomo non è soltanto piacevole (teoricamente!) ma è anche buona e possiede una dimensione creativa che è propria dell’uomo. La sessualità può essere problematica, nel senso che alcuni potrebbero viverla male, ma l’identità sessuale si esprime in un grande ventaglio di possibilità, addirittura all’interno delle frontiere indefinite e sottoposte a cambiamenti continui. Il dibattito su ciò che è innato da ciò che si acquisisce dal punto di vista dell’identità sessuale è ancora aperto, ma questo non toglie niente all’approccio a questa diversità.[44] Siamo tutti creature di Dio, in ognuno di noi ha deposto la sua immagine!
- Inoltre, l’orientamento sessuale atipico di per sé non è un peccato, come anche il fatto di vivere attivamente la sessualità (praticarla). La dimensione del peccato, che comporta la rottura del proprio rapporto con Dio, non è legata alla sessualità in quanto tale, ma al male o alla violenza che si potrebbe subire o fare subire dal punto di vista sessuale. Lo stesso dicasi per la dimensione del peccato, che implica mancare il bersaglio, la vocazione stessa dell’uomo, etc. Si può benissimo essere etero e peccare nel modo di vivere la propria sessualità, e si può essere omosessuale o bisessuale e non peccare nel modo d viverla.
- Da questo punto di vista, la distinzione che spesso si fa tra «atto» e «persona» non ci sembra adeguata. Dire a qualcuno che è rispettato come persona omosessuale quando lui/lei non vive la sua sessualità è inaccettabile ai nostri occhi. Se l’identità dell’uomo non risiede nei suoi atti, tuttavia questi sono indissolubilmente legati all’essenza dell’uomo.
- Dio ama gli uomini così come sono e si rapporta con loro in molti modi diversi e con molteplici linguaggi (si veda il dono della Pentecoste). Il suo amore non dipende assolutamente dalla nostra identità sessuale.
- La dimensione dell’alterità, potrebbe essere presente in un rapporto omosessuale, esattamente come una coppia eterosessuale potrebbe negare la propria identità. La differenza dell’altro non è nel suo sesso, ma va cercata nella sua essenza, ossia in ciò che fa sì che quella persona è quello che è. Questa differenza può sempre essere fonte di incomprensione, di paura e addirittura di conflitto e di discriminazione. Ma l’amore per il prossimo non è soltanto l’amore per coloro che già amiamo: «amate i vostri nemici» (Mt 5,38-48),[45] diceva Gesù, invitando tutti a scoprire la ricchezza insita nell’altro diverso. L’alterità è un dato fondamentale di ogni nostro incontro, a prescindere che si tratti dell’incontro con un uomo o con una donna. Il libro di Rut,[46] che racconto un legame molto forte tra due donne («Dove andrai tu andrò anch’io!») (Rt 1,16),[47] illustra molto bene un rapporto esemplare e molto forte tra due persone dello stesso sesso e che rispettano la loro reciproca alterità.
Conclusione
«Ama il prossimo tuo come te stesso…»
«Amate i vostri nemici»
«Non giudicate!» (Parole di Gesù Cristo)
Avremmo potuto citare ciò che prescrive il Pentateuco a proposito dell’accoglienza, la storia di Rut la moabita, una straniera che trova un posto all’interno di una comunità, e tanti altri ancora. I testi sono tanti, ma tutto dipende dalla lettura che ne facciamo.
Molti, basandosi su Gen 2-3, affermano che Dio ha creato la coppia etero (secondo un politico americano, non ha creato Adamo e Bruce, ma Adamo e Eva); altri invece diranno che questo testo sottolinea con forza il posto che l’amore ha nella vita dell’uomo, criticando l’immagine della coppia il cui unico fine è la riproduzione (in Gen 1), altri ancora sosterranno che giudicare significa oltrepassare il limite che Dio ha fissato: non mangerai del frutto della conoscenza del bene e del male (cf. Gen 2,17).[48] I lettori sono molti e altrettanto numerose sono le letture possibili.
Noi ci auguriamo, invece, che tutti possano lavorare sui propri pregiudizi legati alla lettura, sulle proprie paure e sulle proprie speranze profonde, sul suo vissuto, sui rapporti che l’hanno costruito, in modo da rinnovare il soffio che percorre tutta la Bibbia: amerai il Signore Dio tuo e amerai il prossimo tuo come te stesso.
E a coloro che chiedono «Chi è il mio prossimo?» ricordiamoci questo: chi tra di voi si è fatto prossimo di colui che soffre? In quanto la questione si pone proprio in questi termini, soprattutto grazie alla lotta contro la discriminazione e ad una promozione dell’amore.
___________
[1] LGBT è un acronimo che significa «Lesbiche, gay, bi e trans-gender»
[2] Questa frase è teologicamente imprecisa: perché si possa parlare di sacra Scrittura non basta la dimensione umana, ma bisogna aggiungere con assoluta chiarezza che la Bibbia è Parola di Dio scritta con parole umane. Ne consegue che gli autori sacri (in lessico tecnico sono detti agiografi) a cui fa riferimento il testo hanno sì scritto il testo dei vari libri della sacra Scrittura, ma li hanno scritti grazie al carisma dell’ispirazione. Per approfondire, si veda: V. Mannucci, Bibbia come Parola di Dio. Introduzione generale alla sacra Scrittura, Queriniana, Brescia 200719, 165-192; D. Hercsik, Elementi di teologia fondamentale. Concetti, contenuti, metodi, EDB 2006, 66; Concilio ecumenico Vaticano I, Costituzione dogmatica sulla fede cattolica «Dei Filius», in Denz. 3006; concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum», in Denz. 4215; Concilio di Trento, Decreto sui libri sacri e le tradizioni da accogliere, in Denz. 1501; Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3373 e Benedetto XV, Enciclica «Spiritus Paraclitus», in Denz. 3650-3654. Per la questione del canone, cioè l’elenco dei libri che la Chiesa ritiene ispirati, si veda: Terzo sinodo di Cartagine, in Denz. 186; Quarto sinodo di Toledo, in Denz. 486 e Sinodo di Roma, «Decretum Damasi», in Denz. 179-180.
[3] Si veda: G. Benzi, la Bibbia, “Grande Codice” culturale 1 (appunti per il corso), FTER 2011.
[4] Anche se ci sono diversi modi di interpretare i testi biblici, bisogna sempre accertarsi di interpretarli in conformità alla fede della Chiesa.
[5] Qui il testo fa riferimento, tra l’altro, all’ermeneutica, ossia quella branca della filosofia che si occupa dell’interpretazione. Per approfondire si veda: R. E. Brown, Introduzione al Nuovo Testamento, Gastone Boscolo (ed.), Queriniana, Brescia 20083, 56 e V. Mannucci, Bibbia come Parola di Dio, 276-350. Si veda inoltre: Leone XIII, Lettera enciclica «Providentissimus Deus», in Denz. 3281-3282; Innocenzo III, Lettera «Cum ex iniuncto», in Denz. 770-771; Pio XII, Enciclica «Divino afflante Spiritu», in Denz. 3829-3830 e Istruzione della Pontificia Commissione Biblica «Sancta mater ecclesia», in Denz. 4402-4407. Si veda inoltre: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3750-3751.
[6] Si veda: Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di fede, in Denz. 150; Pio IX, Bolla «Iniunctum nobis», in Denz. 1862 e Concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum», in Denz. 4204.
[7] Si veda: Concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum», in Denz. 4202.
[8] È bene ricordarsi sempre che quando si parla della sacra Scrittura bisogna sempre tenere presente il contesto da cui provengono questi testi.
[9] Sant’Antonino da Firenze, nella sua Summa moralis, pubblicata agli inizi del XVI secolo, scrive che la virtù sociale per eccellenza è la continenza, nel senso che se una persona sa contenere le proprie pulsioni e i suoi desideri sessuali, significava che si aveva a che fare con una persona forte e che sa mantenere il proprio posto nella società. Inoltre, scrive che per poter essere un buon cittadino bisognava essere contentus uxore sua (ovvero «Contenti della propria moglie»).
[10] Sull’AT, si veda: Concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum», in Denz. 4221-4223.
[11] Si veda: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3512-3519.
[12] La parola «Pasqua» deriva infatti da una parola ebraica il cui significato è appunto «Passaggio».
[13] Si veda: Concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum», in Denz. 4224-4227 e Leone XIII, Enciclica «Providentissimus Deus», in Denz. 3288.
[14] Qui il testo fa riferimento ad una delle quattro tradizioni (dette anche fonti o documenti): Jahvista, (la cui abbreviazione è J); Elohista (E), Sacerdotale (P) e Deuteronomio (Dt). Quest’ultima, come dice il nome, è presente soltanto nel Dt. Le altre tradizioni, invece, sono presenti nei primi quattro libri della Bibbia: Gen, Es, Lv e Num. Spesso ci sono due racconti redatti da due fonti diverse: ad es. Gen 1,1-29 (ossia il primo racconto della Creazione), appartiene alla fonte Sacerdotale, mentre Gen 2,1-24 appartiene alla fonte Jahvista. Il motivo per cui la fonte Sacerdotale si abbrevia P è che gli studiosi che hanno condotto queste ricerche sono esegeti tedeschi. Ogni tradizione ha delle caratteristiche ben precise. La tradizione sacerdotale (vedasi ad es. Lv 19,1-37) dà molta importanza alla dimensione cultuale e alle sue norme.
[15] Si veda: Leone IX, Lettera a Pier Damiani «Ad splendidum nitentis», in Denz. 687-688 e Alessandro VII, 45 proposizioni condannate nei decreti del Sant’Uffizio del 24 settembre 1665 e 18 marzo 1666, in Denz. 2044.
[16] Il testo francese utilizza l’abbreviazione Gn: questo acronimo induce in errore, in quanto è l’abbreviazione del libro di Giona, che fa parte dei libri profetici. L’abbreviazione corretta per il libro della Genesi è Gen. Si veda: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3394-3397 e Lettera del segretario della Commissione Biblica all’arcivescovo di Parigi, card. Suhard, in Denz. 3862-3864.
[17] Si tratta del racconto dell’invio dei settantadue discepoli. Il motivo per cui il testo cita questo racconto è perché alla fine ci sono queste parole: «Io vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città». I passi paralleli sono: Mt 10,1-15 e Mt 11,24.
[18] Si tratta del nipote di Abramo.
[19] Qui il testo fa anche riferimento al fatto che ad un certo punto Israele ha avuto a che fare con il re di Siria Antioco IV Epifane, che cercò di imporre l’ellenizzazione forzata. La risposta a questo tentativo fu la redazione dei due libri dei Maccabei. Mentre i due libri di Samuele e i due libri dei Re [spesso riuniti insieme con la definizione di «Libri dei regni»] sono dei libri unici divisi in due parti per ragioni liturgiche (prova ne sia il fatto che in questi libri ci sono dei racconti che iniziano nel primo libro e finiscono nel secondo), 1 e 2 Mac sono due libri completamente diversi, nel senso che hanno due teologie diverse, parlano dello stesso periodo storico ma partono da due prospettive completamente diverse [1 Mac parla della lotta contro l’ellenismo con una vera e propria guerra, e quindi con le armi; 2 Mac invece parla sempre della lotta contro l’ellenismo, ma dal punto di vista di coloro che hanno optato per la resistenza passiva, ossia per la lotta usando la fede], ma soprattutto sono stati scritti in due lingue diverse: 1 Mac era stato scritto in ebraico, ma le traduzioni sono state svolte solo sul testo greco, in quanto il testo originale è andato perduto; 2 Mac, che non è la continuazione del primo libro, anche se in parte è parallelo al primo testo, è stato scritto in greco. Nonostante 1 e 2 Mac non siano stati accolti nel canone della Bibbia ebraica, ossia nell’elenco dei testi ritenuti ispirati, vengono comunque letti il giorno della festa che ricorda la dedicazione del tempio di Gerusalemme.
[20] È poco noto che a causa del fatto che la circoncisione fosse oggetto di aspra derisione durante il regno di Antiioco IV Epifane: proprio per questo, prima di poter partecipare appunto alle attività sportive, gli ebrei ellenizzati si sottoponevano ad un’apposita operazione per nascondere la circoncisione.
[21] Qui il testo francese utilizza due acronimi erronei: 1 e 2 S. Queste abbreviazioni non esistono! Gli acronimi corretti sono: 1 e 2 Sam.
[22] Questo è un esempio di quanto ho scritto nella nota 19: il fatto che questo racconto inizi in 1 Sam 13 e si concluda in 2 Sam 1, è la prova del fatto che questi libri (e i due dei Re) in origine erano libri unici che sono stati divisi in due parti per ragioni liturgiche.
[23] Grande saga babilonese risalente al XXVI secolo a.C.: al suo interno ci sono dei racconti che hanno delle sorprendenti somiglianze con i racconti biblici della Creazione e del diluvio universale.
[24] Si veda: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3628-3630. Sulla lettera ai Romani si veda: K. Barth, L’Epistola ai Romani, Feltrinelli, Milano 2009. Si veda inoltre: R. E. Brown, introduzione al nuovo Testamento, 740-768.
[25] Si veda: Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, in Denz. 1520-1583.
[26] Qui la parola mistero è usata nel senso biblico: dire che l’altro è un mistero, significa affermare che io dell’altro posso capire e dire molte cose, ma quelle molte cose che capisco e dico non esauriscono il mistero stesso; il che significa che la ricerca per capire noi stessi, gli altri, e così via non ha mai fine.
[27] Si veda: 2 Cor 5,20 e 2 Cor 6,2.
[28] Sul tema della sofferenza, si veda: Concilio ecumenico lateranense IV, I malati debbono preoccuparsi più dell’anima che del corpo, in Denz. 815. Per specifiche questioni di bioetica, si veda: Risposta del Sant’Uffizio alla Facoltà teologica dell’Università di Montreal, in Denz. 3358; Decreto del Sant’Uffizio, in Denz. 3684 e Decreto del Sant’Uffizio, in Denz. 3790. Si veda inoltre: M. P. Faggioni, La vita nelle nostre mani. Manuale di bioetica teologica, Edizioni Camilliane, Torino 20092; Pio XI, Enciclica «Casti connubii», in Denz. 3700-3724 e Pio XII, Discorso al IV Congresso Internazionale dei medici cattolici, in Denz. 3873a.
[29] Si veda: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3505-3509.
[30] Per approfondire si veda: E. Castellucci, La famiglia di Dio nel mondo. Manuale di ecclesiologia, Cittadella Editrice, Assisi 2008; Concilio ecumenico Vaticano I, Prima costituzione dogmatica sulla Chiesa di Cristo «Pastor Æternus», in Denz. 3050-3075; Concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa «Lumen gentium», in Denz. 4101-4179; Concilio ecumenico Vaticano II, Decreto sulle Chiese orientali cattoliche «Orientalium Ecclesiarum», in Tutti i documenti del Concilio, Editrice Massimo, Milano 200625, 470-481. (Questo documento è presente, in forma abbreviata, in Denz. 4180-4183) e Concilio ecumenico Vaticano II, Decreto sull’ecumenismo «Unitatis Redintegratio», in Tutti i documenti del Concilio, 447-460. (Il documento è anche presente, in forma abbreviata, in Denz. 4185-4194).
[31] Si veda: Decreto sull’apostolato dei laici «Apostolicam Actuositatem», in Tutti i documenti del Concilio, 359-385.
[32] Si veda: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3561-3567 e Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3568-3578
[33] Per approfondire si veda: P. Gamberini, Questo Gesù (At 2,32). Pensare la singolarità di Gesù Cristo, EDB, 2005. Si veda inoltre: XIV sinodo di Toledo, in Denz. 564.
[34] Interessanti a questo proposito sono le parabole del fariseo e del pubblicano (Lc 18,9-14) e quella dei talenti (Mt 25,14-30).
[35] Il testo francese usa un’abbreviazione non corretta: Ga. L’acronimo corretto è Gal.
[36] L’aggiunta del riferimento al testo biblico è mia.
[37]Con questa metafora, Paolo si riferisce al battesimo. Per approfondire si veda: Gregorio II, Lettera a Bonifacio «Desiderabilem mihi» in Denz. 580; Gregorio III, Lettera al vescovo Bonifacio «Magna nos habuit», in Denz. 582-583 e Zaccaria, Lettera all’arcivescovo Bonifacio di Magonza «Virgilius et Sedonius», in Denz. 588. Si veda inoltre: Concilio di Trento, Decreto sui sacramenti, in Denz. 1600-1630.
[38] Il testo sta sostenendo delle tesi teologicamente imprecise in questo passo, in quanto sta separando la dimensione umana dalla dimensione divina; così facendo non ci sarà mai sacra Scrittura!
[39] Qui il testo fa un malcelato riferimento alla concezione luterana e calvinista del carisma dell’ispirazione biblica. Si veda: V. Mannucci, Bibbia come Parola di Dio, 180.
[40] Per poter far sì di fare penetrare il testo biblico nella dimensione esistenziale di ciascun fedele, si usa il metodo della lectio: non si legge tutto il passo in questione, ma soltanto quanto basta per permettere al testo di fare emergere il vissuto.
[41] Sull’ermeneutica della sacra Scrittura si veda: Concilio di Trento, Decreto sull’edizione della Vulgata della Bibbia e l’interpretazione delle sacre Scritture, in Denz. 1506-1508 e Concilio ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum», in Denz. 4215-4220.
[42] La parola «Legge», che le Bibbie italiane usano come riassunto dell’argomento dei primi cinque libri della Bibbia (Gen, Es, Lv, Num e Dt, facenti parte di quello che i traduttori greci hanno chiamato Pentateuco, ossia «astuccio dei cinque»). In realtà, si tratta di una traduzione erronea, in quanto la parola ebraica Torah significa «istruzione».
[43] Si veda: P. Fabrizio Zorzan O.P., Corso di bioetica, (dispense), Ferrara 2011.
[44] Anche la Chiesa si è occupata di sessualità. Si veda: Paolo VI, Enciclica «Humanæ vitæ», in Denz. 4470-4479; Decreto del Sant’Uffizio, in Denz. 3684; Monitum del Sant’Uffizio, in Denz. 3907.
[45] L’aggiunta del riferimento al testo biblico è mia.
[46] Questo libretto fa parte dei libri storici in quanto inizia così: «Al tempo in cui governavano i giudici»; in realtà, va detto che questo testo non fa parte della tradizione Dt che va da l libro di Giosuè (Gs) fino a 2 Re.
[47] L’aggiunta del riferimento al testo biblico è mia.
[48] L’aggiunta del riferimento al testo biblico è mia. Su Gen, si veda: Risposta della Commissione Biblica, in Denz. 3512-3519.
* Thomas Römer insegna Antico Testamento a Losanna. Allievo di Rolf Rendtorff, è vicepresidente del Gruppo di ricerche bibliche di Francia e membro del comitato della Society of Biblical Literature.
.
Testo originale: Quelques Jalons théologiques en matière de prévention du rejet des personnes LGBT (file pdf)