Cosa dico a Papa Francesco sulla famiglia
Articolo di José Arregi tratto dal sito Periodista Digital (Spagna), del 6 novembre 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Caro papa Francesco: tutto oggi corre veloce, così già oggi è arrivato nelle nostre mani il questionario sulla famiglia che Lei ha appena indirizzato ai vescovi di tutto il mondo: 38 domande piene di concretezza, suddivise in otto aree tematiche.
Apprendiamo di non essere solo l’oggetto ma anche i destinatari di queste domande, che riguardano (e fanno male) più noi che i vescovi. Per questo ci permettiamo di risponderle direttamente, con l’affetto che le portiamo e la fiducia che ci ispira. Grazie, papa Francesco, per averci rivolto tante domande scomode che sono state e sono ancora tabù! E grazie di ascoltarci, di accogliere le nostre voci che salgono dall’anima, con le loro certezze e i loro dubbi.
1) Se l’insegnamento della Sacra Scrittura e del Magistero gerarchico a proposito della sessualità, del matrimonio e della famiglia è conosciuto e accettato dai credenti.
Forse non è ben conosciuta, però certamente è accettata a denti stretti o semplicemente ignorata. Constatiamo che negli ultimi decenni è andata crescendo in maniera critica la breccia, ma diremmo piuttosto la rottura, tra la dottrina ufficiale e il sentire della grande maggioranza dei e delle credenti.
Questo è grave e ci fa male, ma crediamo sinceramente che la ragione di questa crescente frattura non sia l’ignoranza né tanto meno l’irresponsabilità dei credenti, quanto il barricarsi della gerarchia dietro schemi del passato.
I tempi sono cambiati molto e molto rapidamente in tutto ciò che ha a che vedere con la famiglia, il matrimonio, la procreazione e la sessualità in generale. Sappiamo che sono temi delicati, che sono in gioco le cose più sacre e che è necessaria la massima cautela. Non si può però accudire la vita ripetendo il passato.
Crediamo profondamente che lo Spirito della vita continua a parlarci dal cuore della vita, con le sue gioie e i suoi dolori. Crediamo che la Ruah vivente non possa essere richiusa in nessuna dottrina, testo o scrittura del passato, crediamo che essa seguiti a ispirare il sentimento di tutti i credenti e di tutti gli uomini e tutte le donne di oggi. Niente deve mai rimanere chiuso.
Papa Francesco, ci felicitiamo con lei per la sua volontà di tornare ad ascoltare la voce dello Spirito negli uomini e nelle donne di oggi, e osiamo chiederle: continui a pronunciare parole di misericordia e incoraggiamento, non torni a “verità” e “norme” obsolete e senza senso. Nel nome della Vita!
2) Sul posto che occupa tra i credenti il concetto di “legge naturale” in relazione al matrimonio.
Glielo diremo in tutta semplicità e franchezza: per la immensa maggioranza dei pensatori, degli scienziati e dei credenti della nostra società, il concetto di “legge naturale” non occupa nessun posto. Certo, la natura di cui facciamo parte esibisce un ordine meraviglioso e leggi meravigliose grazie alle quali la scienza è possibile. Ma la legge suprema della natura è la sua capacità di trasformazione e di novità.
La natura è creatrice, inventiva. Di questa capacità creatrice e inventiva, di questa sacra creatività sono frutto tutti gli atomi e le molecole, tutti gli astri e le galassie, siamo frutto noi tutti esseri viventi, tutte le lingue e le culture, tutte le religioni, saranno frutto, tra milioni di anni, infinite nuove forme che ancora non conosciamo. La natura è abitata dallo Spirito, dalla santa Ruah che aleggiava sopra le acque della Genesi, che continua a vibrare nel cuore di tutti gli esseri, nel cuore di ogni atomo e di ogni particella. Tutto vive, tutto respira, tutto si muove.
Tutto cambia. Anche la famiglia è andata cambiando senza tregua, dai clan primitivi fino alla famiglia nucleare, passando per la famiglia patriarcale che abbiamo conosciuto fino a pochi anni fa. Davanti ai nostri occhi il modello famigliare continua a cambiare: famiglie senza figli, famiglie monoparentali, famiglie con figli di padri diversi… E le cose seguiteranno a cambiare, non sappiamo come. Tutto è molto delicato e produce molto dolore.
Chiediamo alla Chiesa che non parli male delle nuove forme di famiglia; esse devono già vivere e tirare avanti ogni giorno in mezzo alle enormi minacce che derivano da un sistema economico crudele e disumano. Alla Chiesa non tocca dettare regole, bensì prima di tutto lenire e confortare, come lei stesso ha affermato.
3) Su come si vivono e si trasmettono nelle famiglie la fede, la spiritualità e il Vangelo.
Domanda decisiva. Sì, constatiamo con dolore che le famiglie si stanno dimenticando di essere “chiese domestiche” dove si prega e si coltiva, si respira e si trasmette la buona novella di Gesù. Ma non dobbiamo credere che sia giusto incolpare le famiglie. La crisi della religione e della trasmissione famigliare della fede ha a che fare in primo luogo con la profonda trasformazione culturale che stiamo vivendo.
Costituisce una grande sfida non solo né forse in primo luogo per la propria famiglia, quanto piuttosto per la propria istituzione ecclesiale: accettare i nuovi fondamenti spirituali e le nuove forme religiose che lo Spirito sta ispirando negli uomini e nelle donne di oggi.
4) Su come la Chiesa deve affrontare alcune “situazioni matrimoniali difficili” (fidanzati che convivono senza sposarsi, “unioni libere”, divorziati che si risposano…).
Grazie di nuovo, papa Francesco, solo per voler reimpostare queste domande! Grazie di desiderare ascoltarci e di nominare la misericordia nelle sue domande! Lei conosce bene la complessa e cangiante storia del “sacramento del matrimonio” fin dalle origini della Chiesa. La storia è stata molto variabile e lo sarà sempre. Guardi per esempio cosa succede tra di noi, in questa Europa ultramoderna.
I nostri giovani non dispongono né di alloggio né di mezzi economici per sposarsi e vivere con il compagno o la compagna prima dei 30 anni nel migliore dei casi; come può la Chiesa chiedere che si astengano dalle relazioni sessuali fino a questa età?
Le forme cambiano, ma crediamo che il criterio sia molto semplice e che Gesù sarebbe d’accordo: “Dove c’è l’amore c’è il sacramento, che i fidanzati siano sposati o meno, e dove non c’è l’amore non c’è il sacramento, per quanto siano sposati canonicamente.”
Tutto il resto è un di più. E se la coppia è in difficoltà, come molte volte succede, verrà solo da Dio ciò che li aiuterà a risolvere le difficoltà e tornare ad amarsi, se possono; e verrà solo da Dio ciò che li aiuterà a separarsi in pace, se non possono risolvere le difficoltà né tornare ad amarsi.
Dunque elimini, la supplichiamo, gli ostacoli canonici che impediscono a chi ha fallito un matrimonio di rifarsi una vita con un altro amore. La Chiesa non continui ad aggiungere dolore a dolore. Che in nessun modo impedisca loro di condividere il pane che riconforta alla mensa di Gesù, perché egli non lo ha mai impedito a nessuno.
5) Sulle unioni con persone dello stesso sesso.
Il danno causato dalla Chiesa agli omosessuali è immenso, e un giorno o l’altro dovrà chiedere perdono. Speriamo che lei, papa Francesco, in nome della Chiesa, chieda loro perdono per la vergogna, il disprezzo e il senso di colpa scaricati sulle loro spalle per secoli e secoli! La grandissima maggioranza degli uomini e delle donne della nostra società non riesce più a comprendere questa ossessione, questa ostilità.
Come possono continuare a sostenere che l’amore omosessuale non è naturale quando invece è tanto comune quanto naturale, per motivi biologici o psicologici, in tanti uomini e tante donne di tutti i tempi e di tutti i continenti e in varie specie animali?
In questa causa, come in numerose altre, la Chiesa dovrebbe essere un passo avanti, invece è la società a precederci. Ci rallegriamo del fatto che sono sempre più numerosi i Paesi che riconoscono all’unione di persone dello stesso sesso gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. E perché essa non dovrebbe chiamarsi “matrimonio”? Forse non si chiamano così quelle unioni eterosessuali che, per qualsiasi motivo, non prevedono figli?
Cambino quindi i dizionari e il Diritto Canonico, adeguandosi ai tempi e tenendo conto delle persone. E cosa impedisce di chiamare “sacramento” un matrimonio omosessuale? È l’amore che ci rende umani e ci rende divini. È l’amore ciò che fa il sacramento. Tutto il resto sono glosse e tradizioni umane.
6) Sull’educazione dei figli all’interno di situazioni matrimoniali irregolari.
Crediamo che questo linguaggio – regolare, irregolare – sia errato e anche dannoso. È dannoso per un bambino sentire che è nato o vive all’interno di un matrimonio o di una famiglia “irregolare”, ed è dannoso per i suoi genitori, chiunque siano.
Ciò che procura il danno non è essere l’eccezione, bensì essere censurati per essere l’eccezione. Per il resto, sappiamo tutti che basta che si moltiplichino i casi perché l’eccezione diventi norma. In qualunque caso, la Chiesa non è lì per definire cosa è regolare e cosa è irregolare, ma per accompagnare, animare e sostenere ciascuna persona nella situazione in cui si trova.
7) Sull’apertura degli sposi alla vita
Fortunatamente sono molto rari i credenti al di sotto dei 60 anni che hanno sentito parlare della Humanae Vitae, l’enciclica di Paolo VI (1968) che dichiarò peccato mortale l’uso di qualsiasi metodo contraccettivo “non naturale”, qualsiasi metodo che non fossero l’astinenza o l’armonia con il ciclo femminile della fertilità. Questo però ha fatto soffrire moltissimo quasi tutti i nostri genitori.
Questa dottrina, adottata contro il parere di buona parte dell’episcopato, era deplorevole in quell’epoca e non è meno deplorevole che sia stata mantenuta fino a oggi. Oggi nessuno la comprende e quasi nessuno, tra gli stessi cattolici, la rispetta. Pochi sacerdoti e vescovi osano esporla ancora. Non ha senso affermare che la relazione sessuale debba essere necessariamente aperta alla riproduzione.
Non ha senso nemmeno continuare a distinguere tra metodi naturali e artificiali, e meno ancora condannare un metodo perché sarebbe “artificiale”, perché per la stessa ragione dovremmo condannare una vaccinazione o una qualsiasi iniezione. Ai nostri giorni assistiamo a un cambiamento epocale in tutto ciò che ha a che fare con la sessualità e la riproduzione: per la prima volta dopo molti millenni, la relazione sessuale non è più necessaria per la riproduzione; un cambiamento tecnologico che porta con sé un cambiamento antropologico e che richiede un nuovo paradigma morale.
La sessualità e la vita seguitano ad essere sacre come prima ed è necessario prendersene cura con enorme delicatezza. Ma il criterio e le norme della Humanae Vitae in questo non aiutano, anzi pongono ulteriori difficoltà. Che la parola della Chiesa sia luce e consolazione come lo Spirito di Dio, come lo fu la parola di Gesù ai suoi tempi e come lo sarebbe anche ai nostri giorni.
8) Sulla relazione tra la famiglia, la persona e l’incontro con Gesù.
Crediamo che Gesù esca per incontrarci in tutte le strade, in tutte le situazioni, in qualsiasi modello di famiglia, in qualsiasi situazione famigliare. Crediamo che Gesù non distingua tra famiglie regolari e irregolari ma che tenga conto di ciascuna situazione con la sua grazia e la sua ferita.
Crediamo che richiuderci in noi stessi (con le nostre idee e le nostre norme, le nostre paure e le nostre ombre) sia l’unica cosa che ci allontani dall’altro e da Dio. Crediamo che l’umiltà, la chiarezza e la fiducia ci avvicinino ogni giorno all’altro e ogni giorno ci aprano alla Presenza del Vivente, lì dove siamo e così come siamo. Crediamo che una Chiesa che annuncerà questo, come Gesù, sarà una benedizione per l’umanità, in qualsiasi situazione possa trovarsi.
Per pregare
Benedetto tu sii mio Dio, mia aria,
che sei qui, certo come l’aria che respiro.
Benedetto tu sii mio Dio, mio vento,
che mi animi, mi spingi, mi dirigi.
Benedetto tu sii mio Dio, mia acqua,
essenza del mio corpo e del mio spirito,
che rendi la mia vita più limpida, più fresca, più feconda.
Benedetto tu sii mio Dio, mio medico,
sempre vicino a me,
tanto più vicino quanto più mi sento malato.
Benedetto tu sii mio Dio, mio pastore,
che mi conduci in buoni e freschi pascoli,
che mi guidi per le gole oscure,
che vieni a me
quando sono perduto nell’oscurità.
Benedetto tu sii mio Dio, mia madre,
che mi vuoi così come sono
che per me sei capace di dare la vita
mio rifugio, mia sicurezza, mia fiducia.
Benedetto tu sii, Dio, benedetto tu sii.
José Enrique Ruiz de Galarreta
Testo originale: Al papa Francisco, sobre la familia