Fermatevi ed ascoltate! Risvegliarsi al proprio vero sé
Articolo di Ko Imani tratto dal blog My Out Spirit (Stati Uniti), del 18 agosto 2007, liberamente tradotto da Marius
“Venite, voi che siete dei leoni, e sbarazzatevi dall’illusione di essere delle pecore. Siete anime immortali, spiriti liberi, benedetti ed eterni.” (Vivekananda).
Un giorno, il diavolo e un suo amico stavano camminando lungo la strada. Davanti a loro, videro un uomo chinarsi, raccogliere una cosa da terra e infilarsela in tasca avidamente.
“Che cos’era?”, chiese l’amico del diavolo. “Oh, era un pezzo della Verità”, rispose il diavolo. “Per te questa è una rogna, vero?” rimarcò l’amico. E il diavolo, con un sorrisetto: “Niente affatto. Voglio permettergli di (possederne un pezzo) per organizzarla”.
Nel nostro cammino spirituale di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, le sovrastrutture delle organizzazioni religiose costituiscono alcune delle illusioni più ingannevoli che arrestano la nostra crescita. Per molti di noi che, a causa dell’identità di genere o dell’orientamento sessuale, sono stati scacciati dal giardino della nostra tradizione di fede, la lotta per tornarvi prende il sopravvento sul modo in cui percepiamo la religione e la spiritualità. Ma tornare dove?
Troppo spesso ci accontentiamo di tornare ai riti, alla comunità o di prolungare la nostra tradizione di fede, vincendo contro coloro che pensavano di poter fermarci o di escluderci, ma senza riuscire a dedicarci, vita e anima, a un rapporto di trasformazione con il Divino.
Noi affermiamo le parole, ma non la forza; celebriamo le usanze , ma evitiamo la pratica; ci leghiamo alle istituzioni, ma soffochiamo lo Spirito; progettiamo grandi palazzi, ma rimaniamo ciechi alla Verità.
Non è che le tradizioni religiose siano male, anzi. Splendidi edifici, tessuti colorati, incensi, doni, musiche e melodie sono tutte le cose belle, ma se non aiutano a rendere più profonda la coscienza delle persone, se non semplificano invece di complicare, trasformare invece di tradurre e se, come le parole, non vanno oltre se stesse, se non rivelano il nostro vero sé, allora sono tutte barriere vane e inutili per la maturazione evolutiva dello spirito umano verso Dio.
La pura verità – e poi, se lo desiderate, potete pure smettere di leggere, in quanto il resto lo confermerà ulteriormente – è che la salvezza, l’illuminazione e la pace interiore si possono trovare solo entrando in se stessi, e mai cercando al di fuori.
“Se coloro che vi guidano vi dicono: “il Regno di Dio è in cielo!”. Allora gli uccelli del cielo vi precederanno. Se vi dicono: “È nel mare! Allora i pesci del mare vi precederanno”. Io vi dico: “Il Regno è dentro di voi, fuori di voi e attorno a voi. Chiunque conosca se stesso troverà il Regno di Dio. E quando vi conoscerete, allora saprete che voi siete i figli del Dio vivente”, dice Gesù nel Vangelo di Tommaso. Come facciamo a conoscere il nostro vero sé?
Calmiamoci, tranquillizziamoci e diventiamo pienamente presenti. Chiudiamo la bocca, sospendiamo il funzionamento dei sensi, smussiamo gli spigoli, sciogliamo i nodi, mitighiamo le luci, e lasciamo che la polvere si depositi. Solo allora potremo conoscere la nostra identità primaria (*). Solo allora potremo sentire la voce dolce e sommessa dello Spirito. Solo allora saremo aperti all’azione dello Spirito. Solo allora saremo disponibili per la grande opera di trasformazione.
Ci sono molte tecniche che possono favorire questa trasformazione, dalla centratura e dalla preghiera contemplativa allo yoga, alla meditazione Zen e ai Vedanta. Gli obiettivi di una pratica di trasformazione spirituale sono l’auto-realizzazione e la comunione con il Divino.
Naturalmente, il significato dell’auto-realizzazione e della comunione con il Divino è esplorare le parti di noi stessi e di Dio che vorremmo non ci fossero. Solo quando diventiamo pienamente consapevoli della rete di idee e di credenze che abbiamo costruito sul mondo e su noi stessi – una rete di cui siamo prigionieri – siamo costretti a smantellare le nostre illusioni.
Allora impariamo a vedere cosa c’è davvero dentro e fuori di noi, solo allora siamo in grado di interagire con il mondo così com’è e non come immaginiamo che sia. “Non-sapere è la vera conoscenza. Presumere di sapere è una malattia”, avverte Lao-Tzu nel Tao Te Ching. “Conoscere gli altri è intelligenza, conoscere se stessi è la vera saggezza. Dominare gli altri è forza, dominare se stessi è il vero potere”.
Purtroppo, essendo omosessuali siamo abili a evitare questo tipo di conflitto per mezzo delle nostre costruzioni mentali, poiché siamo abituati a confrontarci con le tradizioni razziste e i principi della nostra società e di molte religioni.
Questo conflitto è così primordiale, così radicale da riuscire a cambiare non solo la trasmissione pubblica dei valori spirituali, ma anche di trasformare la nostra comprensione della realtà e far sì che parte di noi voglia sfuggire. La voce forte e invadente dell’ego mantiene la nostra attenzione al di fuori di noi, spingendoci a cambiare le cose sulla superficie del mondo fenomenico.
Qualsiasi tipo di introspezione fondamentale, qualsiasi possibilità di una profonda quiete interiore, minaccia di distruggere il concetto di ciò che è il sé e di come funziona l’universo su cui basiamo ogni pensiero e decisione! Molti di noi pensano, inconsciamente o no, che più di tanto non vogliono saperne.
Ammetto di aver notato questa esitazione in me stesso, mi ci sono voluti anni per prendere un libro di Ken Wilber, poiché sapevo che non potevo sopportare che la mia visione del mondo venisse minacciata così tanto. L’ultima volta che ho affrontato mio padre, a proposito dei motivi religiosi per i quali disapprovava il mio matrimonio, alla mia preparazione esegetica delle Sacre Scritture egli ha risposto in maniera emotiva con “Io non voglio sentirlo. Ho bisogno di credere a ciò in cui credo”.
Ciò accade alla maggior parte di noi. Le nostre vite intere sono costruite attorno a determinati presupposti su come funzionano le cose e perché. Vogliamo che la nostra comprensione dello Spirito e che la nostra esperienza del mondo siano cose statiche che, una volta ottenute, non debbano mai cambiare. Purtroppo, col passare del tempo, e per il fatto che gli esseri umani imparano sempre di più sull’universo, sulla natura umana e sul loro funzionamento, la nostra comprensione personale deve cambiare, sennò ci fossilizzeremo in una visione del mondo sorpassata. Il nostro sviluppo si blocca: punto e basta. Solo perché un modo di essere è diventato comodo non significa che sia giusto.
In realtà, la nostra fatica aumenta via via che ci avviciniamo allo Spirito attraverso la meditazione e la preghiera. In primo luogo, “vediamo che Dio non è un farmaco o un creatore di beatitudine istantanea”, spiega Julia Mossbridge, autrice di talento di Unfolding: The Perpetual Science of Your Soul’s Work, “scopriamo che le nostre vite non sono l’unico punto sull’agenda di Dio. Collaborare con Dio non è sviluppare un rapporto etereo e irreale con una certa forza d’Amore.
È’ sviluppare un’amicizia intima, quotidiana, attimo dopo attimo, in cui si è con Dio tutto il tempo: facendo volontariato, tenendo un discorso, cantando in un coro, ballando al proprio matrimonio, facendosi una scazzottata, mangiando il terzo piatto di nachos, imprecando contro i pedoni. Tutto il tempo”.
“È una chiamata a seguire Gesù uscendo da tutti gli schemi, dalle sicurezze, e persino dalle pratiche spirituali utilizzate come sostegni. Tutto ciò viene lasciato alle spalle in quanto parte del sistema del falso sé … Il falso sé è un’illusione” dice l’illustre mistico cristiano, Padre Thomas Keating in Open Mind, Open Heart. In breve, quando diventiamo completamente, profondamente presenti, mentre cominciamo a riconoscere il nostro vero sé e guardiamo Dio negli occhi, ci sentiamo mancare la terra sotto i piedi.
Anche se abbiamo una bassa tolleranza alla sofferenza, non è una cosa negativa. Essere confusi è solo una prova della nostra crescita. I nostri piedi non si staccherebbero mai da terra, se fossero fissi sulla nostra solita comprensione. La mancanza di punti di riferimento fa parte del processo. Così come ci deve essere silenzio per sentire lo Spirito, ci deve essere spazio nei nostri pensieri e nelle nostre convinzioni affinché la verità si manifesti.
La mancanza di punti di riferimento spazza via i nostri preconcetti. In The Places That Scare You, Pema Chodron spiega che, man mano che ci abituiamo a questa insicurezza, “la paura si dissolve nella misura in cui smettiamo di lottare contro l’incertezza e l’ambiguità”.
Nell’amore non esiste la paura. Quando la mancanza di punti di riferimento alimenta il nostro coraggio, incontriamo la nostra natura veramente amorevole, e ci rendiamo disponibili per un’interazione aperta e sincera con l’universo. Come sostiene Jim Marion, mistico cristiano gay, in Putting the Mind on Christ, “Tutto quello che dobbiamo fare per essere ‘salvati’ è realizzare consapevolmente chi siamo da sempre. Dobbiamo realizzare la nostra divinità, farla nostra, assumercene la responsabilità, e viverla “.
Se noi donne, uomini, giovani, transgender, bisessuali, lesbiche e gay, non ci risveglieremo alla responsabilità, alla realizzazione, alla forza che abbiamo, allora la nostra funzione naturale come esseri umani nella società continuerà ad essere frustrata, ostacolata e dissociata. Se le persone LGBT non usciranno allo scoperto e non diventeranno più presenti nel servizio al prossimo , e non porteranno, a tutti i livelli della vita, le nobili qualità dello Spirito, svanirà per noi la possibilità di emancipazione, legittimazione e liberazione finale.
Queste qualità universali dello Spirito – amore, compassione, pazienza, tolleranza, perdono, umiltà, contentezza, responsabilità e armonia – ci aiuteranno a trasformare le comunità etero in ambienti giusti e sostenibili per la crescita di individui completi, attenti e in continua evoluzione. Il risveglio della nostra intelligenza spirituale ed emotiva sarà il tuono che infrangerà il loro sonno.
Il nostro impegno e il nostro servizio inonderanno e cancelleranno via le fosche macchie di odio e di pregiudizio. La nostra realizzazione definitiva sarà la divampante “camicia di fuoco” (**) che permetterà alla nostra luce interiore di brillare.
Grazie a Dio, il nostro tempo è adesso che il male
viene ad affrontarci ovunque,
per non lasciarci finché non compiremo
Il passo spirituale più grande che l’uomo abbia mai fatto.
Ormai le cose sono a misura dell’anima.
L’impresa è l’esplorazione di Dio.
Dove state andando? Ci vogliono
molte migliaia di anni per svegliarsi,
Coraggio, volete svegliarvi?
Christopher Fry, A Sleep of Prisoners
(*) l’autore cita Lao Tzu
(**) A Shirt of Flame di Ko Imani
Testo originale: Still and Know