Ritorniamo alla realtà con i numeri dell’omofobia
Articolo di Massimo Battaglio pubblicato su«La Voce e il Tempo», settimanale della diocesi di Torino il 5 settembre 2021
Quando si parla di omofobia, si perde spesso il senso della realtà. Recuperiamolo coi numeri, utilizzando le «Cronache di ordinaria omofobia», ricerca che «La Tenda di Gionata» conduce reperendo informazioni quotidiane su casi e vittime accertate.
Dal novembre 2012 a oggi, si sono registrate 1280 vittime: 148 all’anno (ma il dato è in aumento) solo tra quelle che hanno sporto denuncia. Nulla a che vedere col numero 35 (vittime) che circola su certi giornali e che indica tutt’al più i processi conclusi. Il dislivello tra i due valori evidenzia la difficoltà giuridica di identificare un atto omofobo e renderlo realmente perseguibile.
Di solito pensiamo all’omofobia come a una questione di opinioni espresse sopra le righe. Non è così. Le «Cronache» non considerano nemmeno questa forma di violenza minima. Registrano invece omicidi (30), suicidi (44), tentati suicidi (10), aggressioni fisiche singole (340) o plurimi (260 vittime) e atti non fisici ma di rilevanza penale (594 vittime). L’episodio omofobo tipico prevede quindi la violenza fisica (49% delle vittime), spinta talvolta fino all’omicidio (2%). Vediamo pestaggi improvvisi e immotivati, lesioni anche gravi, uccisioni tra le più efferate.
Penso a Marta Baroni, ritrovata morta in un bidone della spazzatura, o a Vincenzo, il cui cadavere fu rinvenuto a pezzi sparpagliati nei vari quartieri di Napoli. O penso a Maria Paola, speronata dal fratello in motorino. Il numero dei suicidi è sicuramente sottostimato poiché è difficile, per parenti e amici delle vittime, rendere pubblico il loro atto estremo, tanto più quando si teme di infangarne la memoria. Si sono conteggiati solo i 43 episodi più inequivocabili.
Tra le vittime di atti non fisici, troviamo molte persone cacciate di casa. In 30 hanno reso pubblica la propria storia ma almeno cinque volte tanto sono quelli che hanno trovato ospitalità nelle strutture di accoglienza delle associazioni Lgbt (non le registriamo per ragioni di privacy). Abbiamo poi storie di mobbing, licenziamento pretestuoso, espulsione da locali pubblici, danni materiali (auto sfregiate, scritte sotto casa, devastazione di appartamenti o negozi), minacce di morte.
Gli ambienti più omofobi sono la strada e i non-luoghi come stazioni o parcheggi (41%). Seguono i luoghi del tempo libero e la famiglia (16%), la scuola e i posti di lavoro (5%). L’ultimo dato evidenzia come i giovani con istruzione sono meno omofobi, mentre è difficile denunciare colleghi, superiori o clienti.
Alcuni episodi si sono registrati in pubblici uffici (4%), altri in ambienti religiosi (2%). Col lockdown è esploso il fenomeno dell’omofobia via web: video compromettenti (se tale può essere un bacio su una panchina) o fenomeni di stalking.