Rompendo il silenzio. Le voci delle vittime gay dell’Olocausto
Testo di Lewis Oswald tratto da Homocaust (2004), liberamentre tradotto Claudio Abate
Dopo la “liberazione” alcuni sopravvissuti come Karl Gorath hanno combattuto coraggiosamente per il riconoscimento attraverso i tribunali nella società del dopoguerra. Comunque, con il paragrafo 175 ancora in vigore, molti sopravvissuti cercarono di lasciarsi questa esperienza alle spalle per paura di altre persecuzioni.
Rifiutandosi di scomparire silenziosamente nella notte, un sopravvissuto cominciò ad annottare su carta i suoi ricordi dolorosi. Ne derivò lo straordinario “Männer mit dem rosa Winkel” (“L’uomo con il triangolo rosa”). Pubblicato per la prima volta nel 1971, il libro tedesco ha sollevato il coperchio su una parte di storia che era rimasta nascosta per così lungo tempo. Il sopravvissuto austriaco scelse di rimanere anonimo temendo possibili ripercussioni invece di unire le sue esperienze a quelle dello scrittore tedesco Heinz Heger.
“Ho già raccontato tanto dei campi di concentramento. Ne ho parlato prima e non voglio più farlo. Per me è una cosa che appartiene al passato” dice Karl Gorath, il gay sopravvissuto.
Il libro fu successivamente tradotto in inglese e ripubblicato nel 1980 con il titolo “Gli uomini con il triangolo rosa”, ed ha riscontrato il più ampio riconoscimento.
Subito dopo sono seguiti libri di altri sopravvissuti, compreso “The Pink Triangle” di Robert Plant; “An Underground Life: Memoirs of a Gay Jew in Nazi Berlin” di Gad Beck; “Liberation was for Others, Memoires of a Gay Survivor of the Nazi Holocaust” di Pierre Seel (originariamente pubblicato in francese con il titolo “Moi Pierre Seel, déporté Homosexuel”); e “Damned Strong Love: The True Story of Willi G. and Stephan K” di Lutz Van Dijk.
La premiata commedia “Bent” di Martin Sherman del 1979 ha portato sul palco la sofferenza degli uomini gay nell’Europa nazista e ulteriore consapevolezza sulla materia. Nel 1997 è stata realizzata una versione cinematografica. Alla commedia fecero seguito due documentari con testimonianze di sopravvissuti: “Desire” (diretto da Stuart Marshall, 1989), e “We Were Marked With A Big «A»” (diretto da Elke Jeanrod e Josef Weishaupt, 1990).
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Una dichiarazione
Gli storici iniziarono ad indagare ampiamente sulla persecuzione nazista degli omosessuali, tra loro anche il dottor di origine tedesca Klaus Mueller, che ha prodotto molti articoli sul tema. Nel 1995 ha aiutato e incoraggiato otto sopravvissuti a rilasciare una dichiarazione collettiva per la richiesta di un riconoscimento morale e giudiziale della loro persecuzione. La dichiarazione recita: Dichiarazione di gay sopravvissuti, 50 anni dopo la loro liberazione.
“50 anni fa le truppe alleate ci liberarono dai campi e dalle prigioni naziste, ma non vedemmo mai il mondo in cui avevamo sperato. Fummo costretti a nasconderci e a far fronte a persecuzioni in atto in base alla stessa legge nazista prevista dal codice dal 1935 fino al 1969. Le incursioni erano frequenti e alcuni di noi, mentre stavano assaporando la libertà appena riacquistata, furono di nuovo condannati a lunghe pene detentive.
Sebbene alcuni di noi provarono coraggiosamente ad ottenere riconoscimento appellandosi alle corti di giudizio fino alla Corte Suprema della Germania Ovest, non ci è mai stato riconosciuto lo stato di perseguitato dal regime nazista.
Fummo esclusi da qualsiasi risarcimento per le vittime del regime nazista. Ci è mancato anche il supporto morale e la compassione del pubblico.
Nessun soldato dell’SS è mai stato processato per l’assassinio di un uomo gay all’interno o fuori dai campi. E mentre ora si godono la pensione per il loro “lavoro” nei campi, i nostri anni trascorsi nei campi sono sottratti dalla nostra pensione. Oggi siamo troppo vecchi e stanchi per combattere per il riconoscimento dell’ingiustizia nazista che abbiamo subito. Molti di noi non hanno mai osato testimoniare e tanti sono morti soli con i loro ricordi tormentosi. Abbiamo aspettato a lungo, ma invano un chiaro gesto politico e finanziario del Governo e delle corti tedesche.
Sappiamo che ancora oggi si insegna molto poco del nostro destino nelle scuole e nelle università. Persino i musei dell’olocausto e i memoriali molte volte non menzionano la persecuzione nazista degli omosessuali.
Oggi, 50 anni dopo, ci rivolgiamo alle giovani generazioni e a tutti coloro che non sono mossi da odio e omofobia affinché ci sostengano nella nostra lotta a ricordare e documentare le atrocità naziste contro omosessuali e lesbiche.
Non dobbiamo mai dimenticare le atrocità naziste commesse nei confronti di ebrei, zingari, testimoni di Geova, massoni, disabili, prigionieri di guerra polacchi e russi e omosessuali.
Impariamo dal passato e sosteniamo la nuova generazione di donne lesbiche e di uomini omosessuali, di ragazze e ragazzi affinché conducano, diversamente da noi, una vita di rispetto e dignità con i loro amati, i loro amici e le loro famiglie”.
Nel 1999 l’innovativo documentario “Paragraph 175”, diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, ha raccolto le testimonianze di otto sopravvissuti. Sebbene non fosse il primo sul tema, è stato generalmente considerato come il più completo. Dopo aver vinto diversi premi, compreso il Gran premio della giuria del Sundance Film Festival per la “miglior regia per documentari”, il film è servito ad accrescere la consapevolezza ed è stato nominato nelle tanto attese scuse e nel riconoscimento delle vittime gay dal Governo tedesco.
Il riconoscimento alla fine è arrivato, ma tardi per molte vittime e sopravvissuti gay che hanno vissuto il resto delle loro vite come criminali agli occhi della legge. Mentre i memoriali ricordano le molte altre vittime dell’olocausto, ci sono voluti 54 anni prima che uno includesse anche le vittime gay. Nel gennaio 1999 la Germania ha finalmente tenuto la sua prima ed ufficiale commemorazione per le vittime omosessuali nell’ex campo di concentramento di Sachsenhausen.
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Scuse, finalmente
In ogni caso, solo nel dicembre del 2000 è arrivata una vera scusa. Il Governo tedesco espresse le sue scuse per la condanna di omosessuali nella Germania dopo il 1949 e concesse di riconoscere i gay come vittime del terzo Reich.I sopravvissuti furono finalmente incoraggiati a farsi avanti e a chiedere risarcimento per il loro trattamento durante l’olocausto (sebbene le richieste dovessero essere registrate prima della fine del 2001).
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) di stanza a Ginevra fu responsabile dell’avvio e la cura delle richieste. Il 17 maggio 2002, il processo fu completato con la concessione ufficiale da parte del Governo tedesco dell’indulto a migliaia di omosessuali che soffrirono durante il Reich. Circa 50.000 uomini gay furono inclusi.
Il ministro della giustizia tedesco Hertha Daeubler-Gmelin dichiarò in Parlamento: “Sappiamo tutti che le nostre decisioni odierne sono in ritardo di 50 anni, nonostante ciò sono necessarie. Lo dobbiamo alle vittime della sbagliata giustizia nazista”.
Testo originale: Breaking the silence