Rudolf Brazda, un gay sopravvissuto al Terzo Reich
Articolo pubblicato sul blog L’armari obert (II) (Spagna) il 1 giugno 2019, liberamente tradotto da Federica Porchera, quinta parte
La storia di Rudolf Brazda non è molto diversa da quella di Pierre Seel: entrambi dovettero scontrarsi presto con la barbarie dell’intolleranza nazista.
Entrambi conobbero l’odio e l’intolleranza estrema del regime di Adolf Hitler. Entrambi furono costretti a nascondere la propria omosessualità una volta finita la Seconda Guerra Mondiale, dal momento che le relazioni omosessuali continuavano ad essere proibite.
Viveva apertamente la sua omosessualità in Sassonia, quando a 20 anni venne arrestato per la prima volta. Venne mandato nel campo di concentramento di Buchenwald. Lì, i cosiddetti “sodomiti” erano l’ultima ruota del carro, ed erano la categoria più umiliata. Solitamente, venivano usati come cavie per gli esperimenti scientifici che si svolgevano nel campo.
Alla fine della guerra, a differenza di Pierre, Rudolf ebbe l’opportunità di condurre una vita relativamente felice. Decise di vivere nell’anonimato insieme al suo compagno Edouard Mayer, e lo fece per 50 anni. Essendo uno svevo (tedesco dell’Ungheria), fu anche un apolide. Andarono a vivere in Alsazia, dove le relazioni omosessuali erano meno perseguitate e maggiormente tollerate.
Nel 2008 uscì dall’anonimato in occasione dell’inaugurazione del Memoriale agli omosessuali perseguitati sotto il nazismo. Al tempo, si pensava che i sopravvissuti omosessuali fossero tutti deceduti.
Nel 2011, l’anno in cui morì, venne nominato Cavaliere della Legione d‘Onore e pubblicò la sua biografia Das Glück kam immer zu mir. Rudolf Brazda: Das Überleben eines Homosexuellen im Dritten Reich (La fortuna mi assisteva sempre. Rudolf Brazda: la sopravvivenza di un omosessuale nel Terzo Reich). Il 3 agosto 2011 morì nella sua stessa abitazione mentre dormiva: aveva 98 anni.
Testo originale: MEMORIA DEL HOLOCAUSTO