Sacerdozio, omosessualità e chiesa cattolica
Testo di Luc Moës* osb, pubblicato sul sito della Communauté du Christ Libérateur, gruppo di cattolici LGBT (Belgio), il 21 marzo 2006, liberamente tradotto da Rita
Nessuno si rammaricherebbe anzi, al contrario, nel vedere la chiesa cattolica romana attualizzare e modificare la formazione del suo clero. Non sarebbe quindi il caso di interrogarsi su quale opzione, quale misura preconizzare, per frenare un’eventuale devianza e per favorire a colpo sicuro l’avvento del Regno di Dio nelle nostre città?.
Alle origini
È di Pio XII l’enciclica « Divino afflante Spiritu » (30 settembre 1943) in cui tutto il popolo di Dio fu incoraggiato a leggere le Sacre Scritture. Con gli occhi della fede, certo, ma anche con un ovvio ricorso alle discipline contemporanee, della critica letteraria, ecc. A tal proposito, si potrebbe pensare, che la creazione dell’uomo e della donna, sia stata descritta nella Bibbia non come una realtà storica ma come un’immagine ancor più significativa di quanto lo sarebbe un contesto storico (Gn. 1, 1 – 2, 4). Essa permette di comprendere bene che Dio è il solo creatore; l’Uomo non è mai stato padrone dei suoi giorni né il costruttore del proprio destino.
La sessualità presuppone che gli umani vivano in interdipendenza, si moltiplichino, costruiscano relazioni feconde, se vogliono essere in armonia col piano di Dio per il mondo. In base a questo approccio delle Scritture, nuovo per l’epoca, si è potuto addivenire a valutare la possibilità di un poligenismo, al fine di esplicare le origini dell’uomo, senza per questo mancare di fedeltà alla storia della creazione della Genesi. Analogamente potremmo non riconoscere anche nell’omosessualità, uno dono di Dio Creatore, e considerarla invece una disgraziata conseguenza del peccato originale!
Inoltre, in seguito a questa enciclica, eminenti studiosi di scienze umanistiche, hanno potuto, da parte loro, approfondire ancor più l’analisi delle origini dell’uomo. D’altro canto, filosofi e moralisti hanno messo in luce i grandi sentieri di saggezza, strade e possibilità che conducono all’armonia ed alla pace.
« La legge inscritta nella natura umana, nella sua insita umanità, gli permette di discernere il bene dal male. Questa norma, noi la chiamiamo la legge naturale. Essa, però, non è statica, è sempre sottoposta a ragionamento e, quindi, suscettibile ad evolvere. » (R. Minnerath, vescovo di Dijon, in « La Vie », n° 3147-48, p. 13)
In questo modo ha avuto l’opportunità di dare un’occhiata più da vicino, alla sessualità, oggi riconosciuta come multiforme. Certo, l’eterosessualità è il modo più frequente, per la maggior parte degli esseri umani. Caratteristica essenziale: permette la trasmissione della vita. Ci fu, infatti, un tempo in cui l’umanità doveva moltiplicarsi per popolare la terra. Ma l’omosessualità è un’altra modalità di relazionarsi con gli altri, minoritaria ma comunque umana, e non c’è bisogno di fare un confronto qualitativo o morale con l’eterosessualità.
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Crescita e obiettivo
Si nasce omosessuali senza averlo chiesto. Per ragioni che sono al di là della nostra comprensione cosciente ed anche prima della nostra stessa nascita. In effetti la generazione non è che fisiologica. La concezione di un bambino ha il suo ambiente psicologico proprio nell’evoluzione psicologica stessa dei genitori. D’altronde si può nascere sia omo che etero, ed essere inconsciamente incoraggiati a preferire una orientazione piuttosto che un’altra, in funzione del tipo di educazione di cui l’infante o il suo tutore, nemmeno immaginano l’evoluzione. Ma lo stesso volerlo divenire presuppone che già lo si è. In ogni caso, l’orientazione affettiva, omo o bisessuale, sfugge totalmente alla responsabilità morale del soggetto.
Di conseguenza, ogni persona avrà per missione quella di riconoscersi francamente in ciò che Dio ha permesso che sia, per potere, con questa sua vocazione, opportunamente inserirsi nella famiglia umana. Senza complessi o sensi di colpa, qualsiasi sia l’orientazione ricevuta. Con i rispettivi comportamenti, con i diritti ed i doveri della sua condizione, in definitiva con una fecondità relativa alla propria sessualità, in un contesto societario giusto e rispettoso di tutti.
L’umanità evolve verso un riconoscimento sempre più vario e complesso. Se gli uni si occupano della generazione di bambini, diventa più probabile che per il passato, di affidare eventualmente ad altri la crescita, l’educazione, la promozione di coloro che hanno messo al mondo. Compiti, mestieri, responsabilità, diventano appannaggio di chiunque, indipendentemente dalla sessualità. La creatività, ivi compresa quella della sublimazione, come la si preconizza per la vita religiosa, è, più generalmente un metodo di fecondità perfettamente asservito alla trasmissione della vita umana. Per tutte le orientazioni sessuali, omosessuali ed eterosessuali, ci sono sodalizi, alleanze, consacrazioni possibili, oggi riconosciute come eminentemente giustificanti e qualificanti la vita umana.
L’uomo contemporaneo è il cammino che la chiesa, secondo la voce di Giovanni Paolo II, impronterà per quello che essa ha da offrirgli, per autenticare una salvezza cui quest’uomo, con tutte le sue forze, aspira. Con umile e fedele rispetto dei tratti peculiari delle diverse personalità, essa incoraggerà tutti a conformarsi al Cristo, ad assumerne i sentimenti, gli impegni, fino alla fine, indipendentemente dalle scelte affettive e sessuali del discepolo. Qualsiasi sia la situazione umana, è un opportunità per tutti. « Non c’è più giudeo né greco, né uomo né donna » (gal. 3, 27-29).
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Capri espiatori?
Quindi non c’è motivo per il quale solo eterosessuali possano candidarsi al sacerdozio, con la pretesa che essi sarebbero maggiormente inclini a questa consacrazione. Asserire che un omosessuale sia necessariamente e per definizione « immaturo, narcisista, manipolatore…» (T. Anatrella) costituisce violazione sia della dignità personale che della più basilare giustizia evangelica. ‘ Non dite degli altri ciò che non gradireste fosse detto di voi !’
Inoltre, la storia della chiesa riporta a iosa degli esempi, delle statistiche stesse, di comportamenti devianti tra le file del clero, dai papi fino all’ultimo infimo curato di campagna, e con un orientamento affettivo perfettamente eterosessuale. Il celibato è una scelta pratica di coscienza, sia per i gay che per gli etero. Perché quindi, il clero gay più di quello etero dovrebbe essere il capro espiatorio dei peccati di tutto il corpo ecclesiastico?
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Facciamo un po’ di chiarezza
È sicuramente un grave danno non caratterizzare sufficientemente i tratti dell’omosessualità, né determinarne cosa la induce. Si fa confusione. Mentre alcuni censori godono nel dire peste e corna, altri, gli omosessuali, sono profondamente addolorati per essere comparati o associati a comportamenti che riprovano e, a buon diritto, non considerano loro appartenente. Pensiamo alla pederastia.
C’è gente che crede, a questo riguardo e con pensieri da ottentotti, che un omosessuale sia più che altro un pedofilo! Questo è misconoscere, ignorare quanto un omosessuale abbia sofferto fin dalla sua prima infanzia. Si è sentito rifiutato dal suo ambiente dove ci si aspettava che si integrasse seguendo regole che non gli erano consone. Egli rivede sempre nella sua infanzia la sua fragilità e la sua vulnerabilità. Verso il bambino proverà sempre un gran bisogno di assistenza. Non a caso se a volte aspira all’adozione di un figlio, è per di onorare quell’infanzia di cui, in qualche modo, è stato defraudato. In ogni caso nell’adozione, ricercherà sempre e soprattutto delle immagini protettive, possibili modelli di un futuro se stesso, …
Conviene menzionare anche l’efebofilia, in relazione alla contigua fascia di età tra il ragazzino ed il giovane uomo. Questa è un’altra cosa ancora. Nell’incontro personale che l’omosessuale è portato a vivere con un efebo, si parla di una relazione chiara e cosciente. L’efebofilo non abusa di un fanciullo innocente. L’adolescente, il o la giovane, che attraggono persone più grandi, sperimentano la loro libertà ed autonomia, senza timore di commisurarsi con un modello di adulto, per stimolare la propria crescita personale ed intellettuale.
D’altronde psicologi e psichiatri hanno ben osservato il fenomeno. La pedofilia è stata osservata, nelle famiglie del passato per molte generazioni e nelle attuali famiglie ricomposte. Additare gli omosessuali come corruttori di bambini è, non solo sbagliare il bersaglio, ma, ancora una volta, accusare solo loro indebitamente. I preti etero, sociologicamente in maggioranza, sono anch’essi suscettibili a divenire autentici pedofili, senza per questo essere mai effettivamente omosessuali. Quindi, se ci sono sacerdoti gay dediti alla pedofilia, questo non necessariamente è dovuto alla loro omosessualità.
Resta il fatto che la privacy privilegiata della chiesa, confina gli aspiranti ad una vita religiosa o sacerdotale, al rifiuto della pulsione sessuale. Molti senza dubbio, innumerevoli anzi, rifuggono o nemmeno sono sfiorati da questi “problemucci”. Essi hanno ricevuto la grazia di vivere una serena e feconda sublimazione. Sono generosi, anzi, sono umili, pacifici e benevolenti verso tutti. Hanno un carattere delicato che edifica. Sono in simbiosi con le speranze del mondo. Contribuiscono eccellentemente alla salvezza di tutti.
Alcuni invece, si reprimono e possono divenire maniaci, ipocondriaci, nevrastenici o sardonici…
Altri coscienti di questi rischi, mantengono il massimo livello di self control. Dotati di un senso profondo della loro consacrazione evangelica, senza allontanarsi da una ferma e chiara preoccupazione per il loro temperamento, scelgono di vivere e sviluppare una relazione affettiva privilegiata. Essi pensano che, per amare davvero tutti, e quindi accedere all’amore universale, debbano passare per quello individuale. Il loro apostolato, sotto ogni punto di vista, ne viene rafforzato, il loro talento maggiormente apprezzato.
Alcuni invece, sublimano la loro vitalità nell’esercitare un’autorità od un potere. Lo ritengono un utile strumento. Più si dichiarano appartenenti a Dio ed alla sua chiesa, più credono di aver il diritto di esigere dagli altri ciò che loro stessi non farebbero mai. Altri ancora, dimenticano se stessi dentro i propri doveri, considerandoli mai sufficienti a distrarli dal «male» che alberga in loro. Loro annullano se stessi in funzione dell’avvento del nuovo mondo, il Regno di Dio!
In realtà, nei giorni oscuri di qualche fallimento emotivo più doloroso, la disperazione diviene maggiore. Hanno bisogno di consolazione, di una compensazione per sopravvivere. Essi la cercano, così come videro fare prima di loro, con percorsi tortuosi ed oscuri, …
Dopo l’enumerazione dei vari impegni personali, semmai, si vuole un chiarimento maggiore su coscienza e affetti da parte di tutti, che possa mostrare, a tutti, ciò che è, da sempre chiuso nel buio del “non si dice”, e prima della formazione o del sacerdozio, ecco di cosa hanno bisogno tutti sia etero che omosessuali!
Infine, come si può ragionevolmente pensare che un candidato, che sia omo od etero, dia prova del suo celibato per tre anni, come garanzia della sua fedeltà al giuramento di castità, per tutta la sua vita? Come tutti sanno l’orientamento emotivo non si deduce affatto né dal carattere, né dai comportamenti.
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Il sacerdozio ministeriale
L’istruzione romana (Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, 4 novembre 2005), dicono, non riguarda che i candidati al sacerdozio. Non riguarda i preti omosessuali già ordinati. Ci si rende conto di cosa, questa istruzione, causa nell’animo e nella personalità dei preti incriminati ? La chiesa decreta, d’autorità, una misura disciplinare senza per nulla considerare che incoraggia, così facendo, a considerare i preti omosessuali ordinati, un omaggio per i membri «speciali» del clero, moralmente è ovvio e sempre discretamente, in una sorta di triangolo rosa di sinistra memoria, inflitta dai nazisti.
Da secoli, la chiesa, elabora, affina, perpetua una teologia dogmatica e sacramentale, assolutistica nelle sue implicazioni nel dialogo ecumenico, … Il sacramento dell’Ordine, l’ordinazione data a vescovi, preti, diaconi ha la sua ragion d’essere nel sacerdozio di Cristo: « Tu es Sacerdos in aeternum, secundum ordinem Melchisedech » (Tu sei sacerdote per l’eternità secondo l’ordine di Melchisedec). Non si comprende quindi perché il Magistero abbia all’improvviso stabilito, con una direttiva, che ci sono gli autentici battezzati e gli altri che, per ragioni oscure, parziali, ambigue, praticamente meschine, vengono esclusi.
Nella comunità gay, si è ipotizzato, per qualche anno, una possibile dichiarazione ufficiale con la quale la chiesa avrebbe allontanato da tutti gli ordinati, vescovi, preti, diaconi, coloro che avessero dimostrato tendenze omosessuali. Se fosse accaduto, avremmo immediatamente chiesto spiegazioni in merito a questa « epurazione». A questa legittima domanda, avrebbero dovuto rispondere che c’era stato un errore al momento dell’ordinazione.
Adesso i precetti sono meno drastici, grazie a Dio ! Per la chiesa sarebbe stata una figura barbina il privarsi di una moltitudine di santi testimoni. I chierici gay, possono e desiderano con tutte le loro forze, e alcuni precipuamente, espandere il loro carisma, la loro vovazione, il loro apostolato, in nome di Cristo, esattamente come tutti gli altri preti eterosessuali, né più né meno. ( Ef. 4, 11-16).
La misura è ingiustamente vessatoria per i battezzati aspiranti alla propria consacrazione secondo il vangelo. Non si arriverà mica a negare un bel dì, il diritto stesso al battesimo che, insieme all’ordine sacro ed all’eucaristia, è uno dei sacramenti della fede? La disposizione è già sufficientemente vessatoria per i sacerdoti, debitamente offertisi all’altare del celibato, qualsivoglia sia lo sviluppo futuro.
Prendiamo atto delle direttive delle Conferenze Episcopali. Esse hanno già predisposto l’istruzione delle direttive e le sfumature di riserva di cui mantengono il segreto, a partire dal Vaticano II. Si ricordi, a questo proposito, gli echi di tutte le chiese, alla promulgazione dell’eciclica « Humanae Vitae ».
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Un po’ di storia
Un po’ di storia potrebbe consentire, se non di scusare, almeno di capire. Sappiamo quanto la Chiesa cattolica romana sia viva negli USA. Conosciamo anche le ripercussioni internazionali delle sue scelte in tanti modi. Essa ha tra le sue fila una parte della società importante ed influente, sapendo bene che in una sorta di emulazione, l’altra parte protestante popolata di chiese evangeliche, le ricorda i suoi doveri nei momenti di crisi,specialmente in caso di pubblica moralità.
I fatti di pedofilia riferiti agli ecclesiastici, preti e religiosi cattolici romani, – Non ce ne sarà qualcuno tra loro? – hanno indotto le loro autorità a comprare momentaneamente il silenzio invece di dire la verità, di acclarare o di trattare appropriatamente a seconda dei casi. Di qualsiasi cosa si tratti, si sa, l’oscurantismo, il non-detto, il mutismo, la rimozione, finiscono di solito con il « lasciarsi andare ». Alcune diocesi sono state spinte sull’orlo del fallimento.
Quando si evidenziarono i risultati economici, le reazioni non si fecero attendere. E furono dure e senza appello. Roma agì. Per evitare di prenderne altre dello stesso tipo, fu necessario agire a livello strutturale ed istitutivo religioso. Che l’istruzione romana abbia avuto vari aggiustamenti nel tempo, alla Congregazione della dottrina e della fede od alla congregazione suffragante per l’educazione, lo si può ben supporre.
In più, con il nuovo pontificato, tramite l’ex prefetto, papa Benedetto XVI, è molto probabile che, la nomina a prefetto della congregazione della dottrina e della fede, di un grande arcivescovo americano, sia in relazione con la situazione in atto negli USA. Un Pastore di lungo corso, e impegnato sul tema, di una diocesi o di città di fama e cultura internazionali, hanno una importante percentuale di cittadini gay, l’arcivescovo era l’uomo più indicato per gestire e prevenire questo tipo di crisi. Si doveva reagire affinché le cose, a livello mondiale, non peggiorassero ulteriormente.
Rispetto alla dottrina della fede, il nuovo prefetto avrà sicuramente avuto parole affinché la congregazione coinvolta, quella che veglia sulla formazione nei seminari, redigesse, senza troppi ritardi, un documento, una misura disciplinare, firmata, il 31 agosto 2005, prima ancora che fosse resa nota la prima enciclica del Santo Padre, « Deus Caritas est ».
In ogni caso, alcuni avrebbero gradito meno generalizzazioni oltraggiose. Conosciamo l’inclinazione degli USA per le crociate morali, la loro certezza di aver Dio al loro fianco, convinti, come altri in Europa nei secoli passati, dal fatto di avere potere e forza. Sappiamo tutti della loro mortale lotta finale contro le potenze e l’impero del male, della loro propensione al puritanesimo, del rifiuto e dell’esclusione delle umili minoranze che non possono contribuire alla glorificazione del capitale, di qualsiasi natura esso sia.
All’inizio del suo pontificato, il Santo Padre enunciò la sua preoccupazione di dare al Collegio ed alla Conferenza Episcopale un’autorità condivisa, maggiore e riconosciuta. Di conseguenza, se le chiese statunitensi devono confrontarsi con quelle emergenti che rivendicano il carattere esclusivamente omosessuale dei loro adepti, alle comunità religiose chiaramente improntate al profitto di tale o tal altra scelta affettiva dei fedeli, l’elaborazione di una cultura totalmente gay, … , che le autorità religiose locali facciano giustizia! È proprio questo il problema, il dramma ed il peccato! L’esclusione, nella chiesa, di tutto ciò che potrebbe non essere evangelico, attenta formalmente e gravemente al precetto della carità, all’onore di Dio.
È necessario indirizzare alla chiesa universale una solenne dichiarazione che susciti il disturbo delle coscienze, invece di apportare incoraggiamento e pace visto che sono carenti? Basterebbe prendersela con le chiese ove è stato riscontrato questo oltraggio, dal centro nevralgico dell’occidente agli Usa.
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Il sensus fidelium
Si cerca quindi un ulteriore testimonianza dai fedeli, il cosiddetto «sensus fidelium », visto che la chiesa ricorre, come da tradizione, alle Sacre scritture, alla Curia, come fossero le tre sorgenti di fede? Giovanna d’arco, rispose, al suo processo presidiato de eminenti ecclesiastici, che se lei non fosse stata nella Grazia, allora che Dio ce la mettesse; se l’avesse avuta che ve la mantenesse. La sua maggior preoccupazione per lei era il combattimento per rendere giustizia in terra al suo Maestro e Signore dei cieli.
Jean-Marie Vianney, d’Ars, Benoît-Joseph Labre, Charles de Foucauld, Martin Luther King, le Père Men, Jerzy Popielusko, Frère Roger de Taizé, … Oggi degli Abbé Pierre, dei Vanier, con le comunità di l’Arche, con Sant’Egidio, le Sœur Emmanuelle, … e i semplici fedeli, per la maggior parte laici, anche se non dispongono di gran potere o tecnologie, hanno un alto senso della dignità della persona umana alla quale hanno d’altronde « sacer-fieri » dedicato la loro vita. A questo proposito, hanno gestito l’etica, pratica e più feconda, della fiducia, della comunione.
Ognuno di loro, secondo la sua personale conversione, certo, secondo l’approfondimento della sua fede e l’affinamento della sua sensiblità verso il prossimo, ha distinto ciò che è essenziale per il cuore della personalità: la sua presenza in Dio. Egli ha capito che ogni essere umano è incondizionatamente amato da Lui al punto da esserne trasfigurato. La vita è un dono più che un diritto.
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Speranze
Cosa augurare ai gay cristiani che gli dia piena coscienza di essere membri effettivi della chiesa? Sicuramente gli si augura di evitare al massimo comparazioni oziose e funeste con gli etero, come il parodiare il simbolismo della loro vita, o l’utilizzo per se stessi d’un vocabolario decisamente inadeguato. Gli si augura poi, di affinare la loro coscienza fino a dar prova di libertà d’anima tale da aprirsi al mondo, lontano dai ghetti, di lanciare dei ponti, proporre la concordia invece che l’avversione e l’intolleranza: « Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te ! » perché timore e paura viaggiano sempre in coppia.
Gli si augura ancora, l’intelligenza molto sottile del cuore per creare modi di vita coi quali ciascuno possa espandere i doni della sensibilità, i valori universali, nuove discipline, nelle quali l’uomo sia riconosciuto non per il suo potere economico, per la sua « produttività », ma per le sue aspirazioni alle relazioni, alla gratitudine, all’interiorità come una festa. Gesù, vicino al termine della sua vita, si riassunse e disse: « Ho desiderato ardentemente di condividere questo pasto con voi, prima della mia passione » (Luca 22, 15). Creare l’eucaristia.
Infine, si può augurare ai cristiani gay di dare alla società una parabola vivente, eloquente e, si spera, decisiva, dell’importanza della generosità che qualifica al meglio il genere umano. Possano loro contribuire alla riduzione delle fratture di ogni tipo che dividono l’umanità. La loro particolare condizione di vita rende più facile consacrare le proprie energie in impegni personali di cui sono gli unici a supportarne la responsabilità.
La storia pullula di esempi di eroi che, coscienti della loro autonomia, senza che siano state rivelate le loro orientazioni affettive, si sono sacrificati, per essa, a cause umanitarie di cui la società si fa onore e tutt’oggi si fregia. Cos’altro ancora se il fermento evangelico potesse coniugarsi con il loro desiderio di essere veri discepoli di Gesù?
Insomma, se tutti i credenti potessero far propria la profezia dell’AT, vivendo in vita ed in morte come il Profeta, l’inizio delle beatitudini : « Uomo, che richiede il Signore da te? Praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio. (Michea 6,8)
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* Luc Moës è un monaco di Maredsous (5 ottobre 1959). Ha vissuto per molto tempo nel monastero di Gihindamuyaga (Rwanda), come incaricato dell’ecumenismo, del dialogo inter-religioso e della salute mentale. È membro dell’AEB (Association des Ecrivains Belges)
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Testo originale: Autour d’une Instruction Romaine