Salta la presentazione in parlamento ma non la legge Zan contro l’omofobia
Riflessione di Massimo Battaglio
Quand’ero giovane, alle manifestazioni studentesche si gridava: “salta uno, salta due, salta tre”. Poi si diceva il nome del parlamentare di turno che aveva lasciato saltare la riforma scolastica e quindi: “sta’ attento che salti pure te!”.
In queste ore, ho avuto più volte la sensazione che il deputato in questione potesse essere Zan, e la legge, quella contro l’omofobia.
Si comincia mercoledì 22 pomeriggio. Il gruppo dei cattodem (parlamentari del PD che si dichiarano cattolici) esce allo scoperto. Propongono un emendamento in cui, dicono, si tenta di blindare la legge rispetto all’accusa di liberticidio delle opinioni.
“Non costituiscono discriminazione nè istigazione alla discrimanzione […] la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza e siano conformi ai principi costituzionali, laddove esse siano espressione di finalità accademiche, artistiche o scientifiche o di interesse pubblico, nonché integrino commenti, su questioni di interesse pubblico, espressione del genuino convincimento della persona che li esprime”.
Succede un finimondo, ed è comprensibile, sia per il contenuto dell’emendamento, sia per come è scritto. Cosa significa infatti che la liberà espressione non costituisce istigazione alla discriminazione purché non istighi all’odio? Di solito, se una cosa non è discriminatoria, non si può considerare tale, no? E’ il caso di dirlo? Perché? E poi: cosa significano tutte quelle “finalità”? Che si potrà continuare a fare ricerca scientifica per trovare le terapie riparative giuste? Che le università – e particolarmente le facoltà teologiche – sono un porto franco in cui è possibile fare discorsi omofobi? Peggio: per sparare le peggio cose contro le persone omosessuali, basta dimostrare di essere mossi da “genuino convincimento”, e cioè crederci proprio?
Immediatamente parte l’agitazione all’interno del PD: telefonate, brevi incontri, verifiche. Ma i cattodem lasciano intendere tre cose. La prima è che non intendono mollare. Il boccone è troppo appetitoso per non approfittarne per marcare il territorio; per far notare il proprio peso all’interno del partito. La seconda è che l’interesse cattodem per la materia è relativamente scarso. Sicuramente è meno pressante del bisogno di non contraddire il proprio elettorato: quello cattolico.
Nel trambusto, salta la calendarizzazione per il 27 luglio. La legge verrà discussa a partire dal 3 agosto. Sembra un copione già visto.
Contemporaneamente, all’interno della maggioranza parte quindi il piano B: coinvolgere una parte dell’opposizione per assicurarsi i voti.
Si tratta con Forza Italia. Si rispolvera un altro emendamento proposto da quest’ultimo partito, molto simile nei contenuti ma più sfumato e meglio scritto, e si propone di inserirlo nel testo base. E’ la “clausola salva idee”.
“Sono consentite la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio e alla violenza”.
In realtà, non c’è nulla che non fosse già implicitamente riconosciuto nel testo originario. E’ giusto una cosetta da sbattere in faccia a chi continua a credere agli anatemi dei vescovi senza aver mai letto i documenti. E così reagiscono le realtà del movimento lgbt: non si polemizza, si constata che, non cambiando niente nella sostanza, si può sopportare l’umiliazione.
Umiliazione che però c’è. Infatti, ai tempi della legge Mancino, nessuno aveva sentito il bisogno di aggiungere specifiche quando si parlava di razze o di religioni. Perché bisogna farlo quando si parla di gay? Forse perché l’odio verso i gay, le lesbiche, i trans (e soprattutto le trans) è davvero diffuso? Ma allora, non sarebbe meglio combatterlo senza tante moine? E poi: quando la presentazione di una legge salta, gli animi non possono restare tranquilli.
I risultati della mossa restano comunque un po’ meschini. Forza Italia non promette di votare a favore ma solo di lasciare libertà di coscienza. Scende in campo Berlusconi che, forse forte della sua canizie, ribadisce che la legge è comunque “un passo indietro sul piano della libertà d’espressione”. Gli fanno eco i pro-vita delle diverse specie. Secondo loro, “è caduta la maschera. Il relatore ha dovuto ammettere che si tratta di una legge liberticida”. (Non dico l’autore di questo twitt perché poi, se no, torna a sguinzagliarmi dietro l’esercito dei suoi follower. E va finire che, in parlamento, più che parlare di omofobia, si citano i post del sottoscritto. Il che non è un bel servizio alla causa, nemmeno da parte mia).
Sembra comunque che il temporale sia finito e che si arriverà in parlamento prima delle vacanze estive. Vacanze che, tra l’altro, molti mettono in discussione, visto che ci sono veramente tante cose urgenti da discutere ed approvare.
Una riflessione però, sarebbe giusto farla. E il tema non è l’omofobia ma il rapporto con la politica da parte del “mondo cattolico”.
Siamo sicuri che tutta la cattolicità stia condividendo i mal di pancia della presidenza della CEI? Siamo certi che le parrocchie e le associazioni abbiano riflettuto sul provvedimento fino a pretenderne la rimessa in discussione sine die? Io sono sicuro del contrario.
In questi giorni, sto svolgendo incontri continui, con gruppi o persone, che mi assicurano il loro pieno sostegno. Riconoscono la necessità della legge e condividono le nostre preoccupazioni. Non ravvisano alcun limite alla libertà di parola e, anzi, a volte mi dicono che, di fronte a un urgenza così devastante come l’omofobia, qualche limitazione sarebbe addirittura accettabile.
Tuttavia, questi gruppi e queste persone, pure nella loro autorevolezza, non si fanno ancora sentire. Chiedono tempo; vogliono riflettere, coinvolgendo democraticamente tutti i loro soci.
Al contrario delle associazioni reazionarie e oltranziste, quelle a noi amiche sono davvero democratiche. I loro presidenti non se la sentono di fare balzi in avanti senza passare dalla consultazione della base. D’altra parte, mi fanno notare, sarebbe ripetere in piccolo la strategia dei vescovi.
Io ribatto: ma siete stati eletti perché ci si fidava di voi, no? Rappresentate un sentire comune, no? Perché allora bisognerebbe attendere questo esercizio aggiuntivo di partecipazione quando, dall’altra parte, non ci si pone alcun problema e si va come elefanti, ben oltre la “libera espressione”, alimentando ulteriore odio e ulteriori botte?
Attenzione amici. La politica va avanti più veloce di noi. E il nostro ritardo si traduce in colpevole silenzio. Si sta affermando l’idea, non rispondente al vero, di una Chiesa arroccata su posizioni odiose e anacronistiche. E’ un’idea che finirà per svuotare completamente le nostre chiese – già piuttosto vuote – e i nostri stessi gruppi.
Un ragazzo omosessuale non continuerà all’infinito a impegnarsi con noi, se non abbiamo detto nulla in pubblico per difenderlo. E con lui se ne andranno i suoi amici. E, tra chi resta, saranno litigi e regolamenti di conti.
Io difenderei un po’ meno i principi della democrazia formale. Essa è importante ma i valori del rispetto e della pace lo sono ancora di più.
L’altra sera, in un incontro, un amico è intervenuto così: “Gesù dice che non basta non uccidere, perché chiunque dà dello stupido al proprio fratello, è come se lo uccidesse. Quindi, questa legge è indispensabile“. Ecco, caro amico: salta fuori. Attendo che tu lo dica in pubblico.
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