San Giuseppe, essere padre, essere uomo
Riflessioni di Loris Cozzolino* autore della Pagina Facebook Ogni santo giorno
Il 19 marzo, si celebra la festività di San Giuseppe, padre putativo del Redentore, Custode della Vergine, Protettore della Chiesa.
Nonostante questa titolatura altisonante, la figura di Giuseppe è stata a lungo tenuta in penombra, quasi dimenticato dalla Chiesa che solo negli ultimi decenni ne ha riscoperto il ruolo essenziale e particolarissimo che il santo riveste nella storia della Salvezza.
Nei Vangeli gli sono dedicati pochi e stringati versetti e dopo le prime pagine Giuseppe sparisce per non comparire più.
Tutte le informazioni “extra”, l’iconografia, leggende sulla sua vita e sulla sua morte sono tratte dai Vangeli apocrifi: a loro dobbiamo la diffusa idea che Giuseppe fosse un ottantenne, la storia del bastone fiorito, più un nonno che un padre.
Ma oggi voglio concentrarmi su quelle poche frasi che gli evangelisti gli hanno dedicato, pochi versetti ma pregni di significato che tracciano la grandezza e l’umanità vissuta fino in fondo del padre di Gesù.
Sicuramente Giuseppe non era vecchio e quando fu promesso a Maria, secondo la legge ebraica, non doveva avere più di diciotto anni. Il giovane Giuseppe è detto da Matteo “uomo giusto”; la sua giustizia consisteva nel seguire i precetti e le norme della religione ebraica e nel perseguire quell’ideale di “purezza” che solo il pedissequo rispetto della Legge di Mosè poteva procurare.
Ma ecco che succede l’irreparabile: la sua sposa, colei che gli è stata promessa, prima della celebrazione del matrimonio, gli confessa che è incinta. Giuseppe sa che con quel concepimento non c’entra nulla: cosa fare? La Legge lo obbligherebbe a denunciare la sposa infedele affinché sia lapidata. Ma Giuseppe dubita, si dispera, nei Vangeli apocrifi è riportato il pianto, l’amarezza di Giuseppe, il suo atroce dubbio; inizia però il cambiamento, la giustizia e il rispetto della Legge di Dio cedono il passo alla tenerezza e all’Essenza di Dio. Giuseppe decide di rimandare a casa Maria in segreto, affinché non le sia fatto del male. Non rispetta la legge perché nella vita di Maria e nell’amore che prova, ora forse più che prima, riconosce un qualcosa di superiore.
Giuseppe è tormentato, pieno di dubbi e di domande cerca di riposare affinché la notte porti consiglio: sogna l’Angelo di Dio che gli rivela il grande mistero che si è compiuto e gli viene chiesto sostegno, collaborazione affinché il mondo sia salvo e l’amore prenda il posto della legge.
Giuseppe incarna tutto quello che le nostre società fieramente maschiliste e meschine non vorrebbero che un “vero maschio” diventasse e provasse.
Giuseppe dubita, l’uomo vero non dubita mai e sa sempre cosa deve fare; Giuseppe piange, i maschi non piangono, il pianto è cosa da deboli e da femmine; Giuseppe crede ai sogni, i maschi sono realisti e pratici e credono solo in se stessi.
Giuseppe prende con sé Maria: non parlerà mai più ma le sarà vicino nella gestazione, nel parto, si affretterà a trovarle un posto sicuro dove dare alla luce il bambino. Giuseppe nel timore di Erode lascerà casa e lavoro per migrare in Egitto, affinché suo figlio sia salvo.
Nemmeno una parola, ma solo l’amore di un Padre: Dio gli si è affidato.
Giuseppe forse non lo sa, non lo ha capito fino in fondo il Mistero di quella gravidanza e di quel Figlio. Ma Giuseppe sa bene che la vita di quel Figlio non ha prezzo e non c’è Legge o paura che tenga. Non gli importa la paternità biologica; il bimbo appena nato gli ha stretto le mani e l’onore, la Legge di Mosè, il Tempio sono spariti per far posto all’amore di Padre. È suo Figlio.
Non sappiamo altro. I Vangeli dopo qualche accenno all’infanzia di Gesù, passano direttamente alla sua fase adulta, “pubblica”.
Giuseppe non c’è più. Si ipotizza che sia morto.
La tradizione lo vuole come santo patrono della “buona morte” siccome ha lasciato questo mondo tra le braccia di Maria e di Gesù, quasi un assaggio di Paradiso in terra.
Siamo certi che sia andata così; il pianto e l’amore immenso di quel Figlio gli avranno ricordato quanto accaduto alla mangiatoia di Betlemme anni prima: sono veramente tuo Padre e tu sei veramente mio Figlio.
* Loris Cozzolino, classe 1986, archeologo paleocristiano, passione smodata per l’agiografia, l’esegesi biblica e la teologia di genere. Non rassegnato ad un’immagine di Chiesa legalistica e respingente, nella marginalità e nello “scarto” vede il Volto del Cristo di Dio. Il suo blog di agiografie lo trovate al link https://www.gionata.org/tag/ogni-santo-giorno/
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