Scoprirsi gay e cattolico. La mia caccia al leone
Testimonianza inviataci da Luca
Non capita spesso di pensare a dove ha inizio un percorso, ai suoi bivi, i suoi momenti grigi e colorati. Per molti inizia in sordina, per altri prosegue com’è cominciato, per alcuni resterà per sempre un segreto, un cammino che non è ancora iniziato forse. Ricordo precisamente il primo giorno in cui capii di essere “diverso”, avevo 12 anni, ancora un ragazzino di un paese di 800 anime, sereno ma già profondamente solo, ero con mio fratello maggiore e assieme guardavamo le nostre prime immagini erotiche, ricordo come fosse ieri due ragazze che si baciavano e la mia domanda sciocca (ma col senno di poi neanche tanto):
– “Ma perché non ne fanno anche coi ragazzi che si baciano?”
– “Quelli sono i gay, una cosa che non augurerei proprio a nessuno, dev’essere una cosa bruttissima da vivere” disse mio fratello.
Così essere gay da quel giorno fu una cosa brutta, bruttissima, che colpa possono avere due adolescenti di periferia che nulla ne sanno se non per sentito dire? Ma da quel giorno iniziarono i sospetti, dapprima gli scherzi dei compagni di scuola si fecero poco divertenti per me, e cominciai a poco a poco a vivere nel terrore di essere gay, non volevo una vita da pervertito. Iniziai ad evitare ogni pensiero al riguardo, e la parola gay divenne un’ombra scura e profonda nella mia adolescenza, finalmente a 16 anni riuscii ad associare il concetto alla mia persona, e ora dovevo fare i conti con quella parola e con me stesso. Nei quattro anni precedenti mi ero fortemente chiuso come carattere, avevo studiato “alla lettera” i comportamenti dei ragazzi intorno a me, li imitavo per non sembrare gay, per salvare il mio alibi, per sopravvivere in un luogo che sembrava fatto solo di ostilità, ogni gesto, ogni parola dovevano essere filtrati.
Di questo devo essere davvero grato ai miei corsi di teatro dove ho potuto imparare a comportarmi come una persona solare, allegra e spiritosa, ed il filtro divenne una maschera, poi un ruolo ed infine un personaggio vero e proprio che nulla pareva avesse da nascondere, un fantoccio confezionato su misura. Chi mai avrebbe sospettato di me? Nessuno credo, nemmeno la mia migliore amica quando purtroppo mi confessò i suoi sentimenti per me, credo che quello fu uno dei giorni più strani di tutti, non fui mai così dispiaciuto di essere me stesso, ma per fortuna mi trovai davanti a una persona intelligente in grado di capirmi, e la nostra amicizia proseguì fino ad oggi, dopo 6 anni da allora.
Se gli anni del liceo furono anni di catacombe per i miei pensieri e desideri più profondi, con il diploma e l’università si capovolse tutto, dopo 5 anni di repressione tornai nella profondità più oscura dove avevo lasciato il mio cuore, là era ancora, piccolo come lo avevo lasciato e freddo come un sasso: quella che erano ombre ed il rancori dell’adolescenza uscirono allo scoperto, mi rivelarono giorno per giorno che è la mia miseria più grande: non avevo amato da attore nessuno, né imparai negli anni a venire.
All’università per tre anni di fila mi sono mosso da un ragazzo all’altro senza meta, per non fare i conti con tutto ciò che sono: gay, cattolico, di Azione Cattolica, con amici omofobi, una famiglia molto credente e orgogliosa.
Nascondersi è molto più facile, due vite che coesistono, due vite a metà, una relazione di due anni ancora nascosta, un periodo di forte tristezza e salti mortali per recuperare quel cuore gelido che fatica ancora a scongelarsi. Nascondersi serve solo ad imparare a scappare, ma il migliore dei ladri non è il più nobile degli uomini (neanche un po’ a dire il vero).
Non ho voluto fare disastri in questi 12 anni di silenzio nella mia famiglia, ho ferito molti però senza motivo per la mia sofferenza, per sfogarmi e basta, se sono arrivato fino a qui è solamente perché Dio mi ha donato una gioventù così intensa, così straordinaria, che mi ha fatto apprezzare la preziosità dei sentimenti, il valore del pianto, la grandezza dell’umiltà che non possiedo.
Cose che sembrano scontate ai più sono fondamentali quando non le hai, tutti prima o poi finiamo per sentirci poveri sotto qualche punto di vista e tutti gioiamo della ricchezza dei tesori che Dio ci dona quando capiamo che non ci vengono tolte le sofferenze da cristiani, viene modificato solo il modo in cui si soffre, con speranza, con prospettive e orizzonti diversi, con qualcuno accanto che dopo 2000 anni ha ancora qualcosa da dire a chi vuole ascoltarle.
Come potrei desiderare una vita ordinaria quando forse non avrei avuto orecchie per ascoltare tutto ciò? Quando non avrei avuto forse la sensibilità di vedere le profonde ferite che un uomo può avere dentro di sé? Quando non mi sarei mai messo in cammino per cercare una risposta probabilmente? Come rifiutare quel dono che è la vita?
Non c’è niente di più straordinario di un Dio che svela la sua e la nostra verità di uomini. Per questo devo ringraziare anche il Progetto Gionata che mi ha evitato il tracollo nei momenti più intensi e meno lucidi della mia vita da universitario.
Un abbraccio forte
Luca