Scoprirsi “Genitori Fortunati”. I genitori cristiani davanti al coming out dei loro figli LGTB+
Testimonianze di Dea Santonico e Stefano Toppi e di Salvatore Olmetto e Serenella Longarini sull’incontro «I genitori cristiani davanti al coming out dei loro figli LGTB+» tenutosi nella parrocchia della SS. Trinità di Torre Annunziata (Napoli) il 26 maggio 2023
Un incontro voluto da don Ciro Cozzolino, parroco della parrocchia SS. Trinità di Torre Annunziata. Andiamo in quattro, Serenella Longarini, Salvatore Olmetto, Stefano Toppi ed io, per portare le nostre testimonianze come coppie di genitori cristiani di figli e figlie LGBT+ e parlare del libro “Genitori fortunati”. Tutto organizzato da don Ciro: pranzo e cena ottimi in un ristorante e un’accogliente ospitalità in una casa di suore.
Don Ciro ci racconta delle difficoltà in quella realtà ad affrontare questi temi, tra chi si chiama fuori perché il problema non lo riguarda e chi pensa sia superato, perché oggigiorno, soprattutto tra i giovani, non ci sono più discriminazioni rispetto ad orientamento sessuale e identità di genere: indifferenza da un lato e negazione del problema dall’altro. Non facile, ma don Ciro seguita a provarci con tenacia e così nasce questo incontro. Si è svolto in chiesa, fuori un grande cartellone che lo pubblicizzava: l’immagine di una coppia di ragazzi con sotto la scritta: “I genitori cristiani davanti al coming out dei loro figli LGBT+. Si uniranno a noi alcuni genitori che ci racconteranno il loro percorso, iniziato quando il loro figli hanno trovato il coraggio di aprirsi e rivelare la loro identità. Un percorso difficile e insieme costellato di luci e di speranza”.
E lo raccontiamo quel percorso, con le sue difficoltà e le sue luci. Parliamo prima Stefano ed io e poi Serenella e Salvatore. Le nostre storie si intrecciano con la presentazione del libro, a sottolineare un cammino che non è più individuale, ma che si va facendo sempre più collettivo, dove l’”io” è diventato un “noi”. Circa 25 i partecipanti, tra i quali alcuni membri del gruppo Ponti da costruire. Buono e partecipato il dibattito che ne è seguito, in cui ci sono stati parecchi interventi (più che domande). Direi che siamo stati bravi e brave anche nel proporre interventi che coglievano aspetti diversi, e che riportiamo di seguito.
Don Ciro, a conclusione dell’incontro, ha parlato tra l’altro delle responsabilità che la Chiesa ha ed ha avuto nella discriminazione delle persone LGBT+. Tanto per parlar chiaro. E ci vuole… Ci siamo salutati con la promessa di continuare a lavorare insieme. Nel Sud d’Italia è più difficile? Beh, allora dobbiamo lavorarci di più. Noi ci siamo!
Intervento tenuto all’incontro da Stefano Toppi*
“Genitori fortunati”, il libro di cui parliamo questa sera è nato intorno alle testimonianze di alcuni genitori, che hanno avuto la sorte di avere un figlio o una figlia LGBT+.
Queste testimonianze sono prima state pubblicate sul sito de “La Tenda di Gionata”, che è una associazione di persone LGBT+ cattoliche, e poi ne è nato un libro, edito da Effatà, che si è arricchito con alcuni interventi, quelli sul coming out in famiglia, di Alessandra Bialetti e di Gianni Geraci, e quelli di due esperti, don Gian Luca Carrega per l’aspetto biblico e Damiano Migliorini per l’aspetto antropologico. Interessanti anche la prefazione, di Luciano Moia, giornalista di Avvenire, e la presentazione, anche questa di don Gian Luca Carrega, incaricato per la pastorale con le persone LGBT+ per la diocesi di Torino. Completano il libro alcune appendici.
Ma io vorrei soffermarmi sul titolo: “Genitori fortunati”, nel quale, all’inizio, non mi riconoscevo molto. Avrei capito di più genitori accoglienti, o genitori comprensivi o che so io… ma su genitori fortunati avevo qualcosa da ridire. Perché io in quegli anni, prima che mio figlio Emanuele facesse il suo coming out con noi, con tutta la nostra famiglia ristretta, pensavo tra me e me di trovarmi proprio in una famiglia fortunata: avevo un rapporto felice con mia moglie da più di quaranta anni; avevamo due figli bravissimi, sia nel loro comportamento che negli studi, e che ci volevano bene; io ero felicemente pensionato, dopo aver avuto la fortuna di avere un lavoro a Roma, la nostra città, così come mia moglie; avevamo una bella casa, nostro figlio Marco si stava per sposare con una bravissima ragazza… insomma mi ritenevo proprio fortunato.
Ecco, dopo il coming out di Emanuele, dopo tutte le paure che mi hanno assalito, pensando ai pericoli che avrebbe potuto correre a causa di questa sua nuova, per me, condizione, dopo tutti i dubbi che mi hanno assalito sul parlarne o meno con parenti, amici, condomini… un pensiero mi si è insinuato: la mia condizione fortunata aveva avuto almeno una incrinatura.
C’è voluto tempo e anche una buona psicoterapia, a cui dopo pochi giorni ho pensato di sottopormi, proprio io che fino al giorno prima pensavo che con me psicologi e psicoterapeuti sarebbero potuti andare tutti falliti, per farmi mettere da parte questo pensiero.
C’è una cosa che accomuna tutte le testimonianze che potrete leggere in questo libro e le tante altre dei genitori della Rete 3VolteGenitori, la rete di genitori cristiani di figli LGBT+ di cui facciamo parte: tutti i genitori, prima o poi, si sono sentiti chiamati ad un compito, quello di rivendicare pari dignità e una piena accoglienza non solo nella società, ma anche nella Chiesa, per i propri figli e figlie e per tutte le persone LGBT+, facendosi carico anche di quelli che non hanno avuto la fortuna di sentirsi accolti nella propria famiglia.
Il nome della rete, “3VolteGenitori”, vuole dire questo: la prima volta si diventa genitori quando mettiamo al mondo i nostri figli; la seconda quando li accogliamo così come sono nella loro ricchezza, bellezza e diversità; la terza quando noi stessi genitori facciamo coming out nella Società e nella Chiesa, per condividere pubblicamente con i nostri figl* sfide, passioni, gioie e delusioni.
Per quello che mi riguarda personalmente, una cosa devo dire: anche quando non mi sentivo fortunato non sono mai venuti meno l’affetto, la stima, il voler stare accanto ad Emanuele che ho abbracciato subito dopo la sua rivelazione, di cui né io, né mia moglie, né il fratello avevamo mai avuto un sospetto.
Mi è venuto da dirgli subito dopo, io che non sapevo niente, come lui del resto, del mondo degli omosessuali: “Su questa cosa ci cresceremo insieme”.
E devo dire che questa crescita c’è stata. Io dopo il percorso psicoterapeutico e il cammino con altri genitori credo di essere tornato a considerarmi fortunato, almeno per questo aspetto. Nostro figlio, dopo quattro anni di convivenza con il suo compagno, adesso è felicemente sposato. A settembre scorso infatti hanno fatto l’unione civile in Campidoglio e non una, ma tre grandi feste con parenti e amici. Il loro scambio di promesse è rimasto nel cuore di tutti quelli che hanno condiviso con loro quel momento.
Intervento tenuto all’incontro da Dea Santonico*
La storia della nostra famiglia di fronte al coming out di Emanuele, il più piccolo dei nostri due figli, l’avete ascoltata da Stefano ed è raccontata nel libro “Genitori fortunati”. Qui voglio raccontarvela in un altro modo, attraverso il filtro del cammino di fede che ne è seguito. Tutte le storie di genitori cristiani riportate nel libro e le molte altre che nel libro non ci sono raccontano un percorso di fede cambiato dopo il coming out dei loro figli e delle loro figlie.
Scrive Anna Battaglia: “Dopo il coming out di mio figlio cominciò un cammino, che io ho vissuto come una conversione, un disimparare per imparare con occhi nuovi”. E Mara e Agostino parlano del coming out del figlio come di una benedizione che ha cambiato le loro vite.
E succede che testi biblici, letti tante volte in passato, ora ci dicano altro. Abbiamo imparato a leggere la Bibbia dalla parte delle persone LGBT+ e dei loro genitori. Non si tratta di tirare la Bibbia da una parte o dall’altra. Si tratta di leggerla con i nostri occhi, cambiati rispetto a prima. D’altra parte, se la Bibbia seguita a sopravvivere dopo tanti secoli è perché riesce a dire cose diverse in momenti storici diversi e a persone diverse. Leggerla, calandoci dentro le nostre vite, fa sì che possa parlare a noi.
Così mi è successo di sentire che il Dio di Emanuele era il Dio dell’Esodo. Quel Dio che, un giorno, ascoltò il grido di dolore di un popolo di schiavi. Non era una preghiera, era un grido e non era rivolto a Dio, ma Dio lo ascoltò e si mise al loro fianco perché rompessero le catene della schiavitù e iniziassero il loro viaggio verso la libertà. Ma la libertà non arriva gratis, è una conquista. Quando gli israeliti partirono dall’Egitto non erano più schiavi, ma non erano ancora liberi: tante volte durante il loro lungo viaggio nel deserto rimpiansero la schiavitù d’Egitto. È un rischio la libertà.
Anche Emanuele aveva un grido di dolore, che gli rimaneva soffocato in gola, e una catena da spezzare: quella che gli impediva di essere se stesso fino in fondo, di esprimere la sua identità alla luce del sole. Ma anche per lui spezzare quella catena era un rischio, una scommessa sul dopo: su come l’avrebbe presa la sua famiglia, i suoi amici, e più tardi i suoi colleghi di lavoro. Su quali sguardi si sarebbe sentito addosso… Nei ringraziamenti sulla sua tesi di laurea, due mesi dopo il suo coming out, ha scritto: “Grazie a tutti quelli che mi hanno visto dentro e hanno continuato a guardarmi con gli stessi occhi”. Parole che dicono molto sul suo sentire: il coming out era un punto di non ritorno.
L’altro brano che sento vicino è quello del Vangelo di Matteo in cui Gesù, camminando sulle acque, invita Pietro a scendere dalla barca e ad andargli incontro.
In questo brano io vedo il nostro cammino di genitori. Investiti da una tempesta imprevista e improvvisa con il coming out dei nostri figli, abbiamo sperimentato la paura, il dubbio, il senso di smarrimento.
Abbiamo sentito il terreno mancarci sotto i piedi e la voglia di ancorarci alla barca e alle sicurezze che la barca da. Prima del coming out dei nostri figli, ci sembrava di conoscere la strada da seguire, di poter immaginare il loro e il nostro futuro. Poi dalla barca siamo stati scaraventati fuori, un salto nel buio in una realtà per molti di noi sconosciuta.
Anche noi, come Gesù con Pietro, ci siamo presi per mano, per sorreggerci l’un l’altra e vincere la paura, per riuscire a camminare dove mai avremmo pensato di poter camminare e scoprire che era possibile non affondare.
In questo percorso abbiamo vissuto una fede nuova. In quel Gesù di Nazareth che un giorno camminò sulle acque, per insegnarci a fare lo stesso. E che seguita ad attenderci lì, nel mare, insieme alla Chiesa tutta.
L’ultimo degli accostamenti ad un testo biblico che voglio fare è forse il più audace. Penso al cap. 11 della lettera di Paolo ai Corinzi, dove c’è il più antico racconto dell’ultima cena di Gesù. Scrive Paolo: «Gesù prese del pane, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi. Fate questo in memoria di me”».
Quando Gesù pronuncia quelle parole non ha in mano un pane, ma un pane spezzato. Il corpo di Gesù quindi non è il pane, è il pane spezzato, dove c’è la sua vita condivisa con gli scartati e le scartate, il suo corpo che sarà spezzato sulla croce dalla violenza del potere.
“Fate questo in memoria di me”. Così Gesù ci ha chiesto di fare memoria di lui: spezzando e condividendo il pane, nell’Eucarestia e nella vita, perché il gesto eucaristico non sia una finta.
Se è così che Gesù vuole essere ricordato, forse in quella notte in cui Emanuele ci ha rivelato il suo segreto, la parte più intima di sé, in quel momento di condivisione così piena, come mai la nostra famiglia aveva vissuto prima, abbiamo fatto memoria di Gesù.
Non c’era il pane, ma il pane spezzato sì: erano i nostri corpi. Tutto di noi c’era dentro: ogni pezzetto del nostro corpo. Le menti erano confuse, ma i corpi avevano una comunicazione piena, erano attraversati da quello che gli altri sentivano. Quello che sentivo io nella pancia aveva qualcosa a che fare con i movimenti e le doglie del parto: ciò che partorivo, nel dolore, era vita nuova, per Emanuele e per tutti noi.
Testimonianza sull’incontro di Salvatore Olmetto e Serenella Longarini**
La testimonianza mia e di Salvatore segue quella di Stefano e Dea, noi abbiamo prevalentemente raccontato (nell’incontro) quello che è avvenuto e che è seguito nei giorni del coming out di nostra figlia tra emozioni contrastanti fatte di paura, ansia e nello stesso tempo la gioia per aver conosciuto nostra figlia nella sua vera identità.
Abbiamo testimoniato di come il nostro corso di fede sia cambiato diventando più autentico e meno farisaico, meno moralistico e ideologico.
La scoperta dell’omosessualità di nostra figlia Martina si è abbattuta come un fulmine nelle nostre vite “costringendoci” come ha ben spiegato Salvatore a compiere un inversione ad U, un cambio di passo, un po’ come accaduto a San Paolo sulla via di Damasco.
Se in un primo momento abbiamo trovato una chiesa chiusa che ha ferito profondamente Martina e noi poi abbiamo incontrato il volto di una chiesa che sa ascoltare accogliere ed amare i suoi figli.
Da diversi anni mio marito ed io siamo l’unica coppia di laici a far parte ufficialmente della Pastorale per il servizio alla famiglia con il compito di accogliere e accompagnare i genitori che vivono con sofferenza e in alcuni casi rifiuto, il coming out dei propri figli.
Purtroppo nella nostra realtà cittadina molte sono ancora le riserve sul tema dell’omosessualità e molti genitori faticano ad “uscire allo scoperto” nonostante siamo andati in tutte le parrocchie con incontri di preghiera mensile presiedute dal vescovo e da anni ripetiamo la veglia contro ogni forma di discriminazione.
Purtroppo la non conoscenza genera ancora tanti pregiudizi e stereotipi di cui anche noi eravamo vittime, il cammino con altri genitori ci ha molto sostenuto ed aiutato.
La strada è ancora lunga e in salita ma l’amore per i nostri figli mantiene viva in noi la tenacia e la forza nella speranza che le cose cambieranno in una chiesa che saprà essere più inclusiva ed aperta.
* Stefano Toppi e Dea Santonico sono una coppia di genitori cristiani di Roma, sono soci de La tenda di Gionata ed animatori della rete 3volteGenitori. Una loro testimonianza è raccolta in “Genitori Fortunati. Vivere da credenti il coming out dei figli LGBT+” (Effatà, 2022, 144 pagine)
** Salvatore Olmetto e Serenella Longarini sono una coppia di genitori cristiani di Civitavecchia, da sempre impegnati nelle attività parrocchiali e diocesane, sono soci de La tenda di Gionata ed animatori della rete 3volteGenitori. Una loro testimonianza è raccolta in “Genitori Fortunati. Vivere da credenti il coming out dei figli LGBT+” (Effatà, 2022, 144 pagine)