Se non sai cosa mi fa male come puoi dire di amarmi?
Intervento letto da Rosa Salamone Rodrìguez del gruppo Varco-Refo di Milano all’Assemblea-sinodo tenutasi a Ciampino (Roma) dal 2 al 4 novembre 2007
La discussione sull’omosessualità che si è tenuta all’assemblea-Sinodo 2007 è stata molto accesa, tra parole di condanna (lanciate da alcuni delegati) e di accoglienza (chiesta a gran voce dalla maggioranza), perchè “chi può arrogarsi il diritto in nome di un etica cristiana di non chiamare amore la cura verso l’altra, il rispetto, il sostegno, la comprensione … nascondendosi dietro il termine omosessuale usato come una spada?”
Mi chiamo Rosa. Sono una delle responsabili del gruppo Varco, gruppo valdese di valorizzazione e riconoscimento della comunità omosessuale appartenente al 6° Circuito lombardo-piemontese.
Il VARCO è sede lombarda dell’associazione italiana REFO, Rete Evangelica Fede e Omosessualità di Roma. Il nostro gruppo è nato il 23 maggio del 2006.
Nella sua breve, ma intensa vita, il Varco ha cercato di opporsi a tutto ciò che è vana ideologia, adoperandosi nel concreto della vita di uomini e donne omosessuali, creando occasioni di incontro e dialogo.
Tra le nostre attività ricordo il convegno “Nessuno è uguale a me” in collaborazione con l’Agedo e le Famiglie Arcobaleno, gli incontri con le comunità del circuito, tra cui la chiesa valdese di Torre Pellice, e l’incontro con la comunità di base di Pinerolo. Inoltre, insieme a gruppi cattolici abbiamo organizzato una veglia di preghiera, il 28 giugno scorso, per le vittime dell’omofobia.
Prima di tutto vorrei chiarire cosa intendiamo per ideologia. Per ideologia intendiamo tutto ciò che è teoria, argomentazioni di tipo astratto che rischiano di impedire il dialogo tra le persone o per lo meno di renderlo difficoltoso. In questo senso è stato sempre molto istruttivo per noi un racconto della tradizione rabbinica, che vorrei raccontarvi.
Un discepolo proclamò un giorno al suo maestro di amarlo sopra ogni cosa. Il maestro gli chiese: sai dirmi che cosa mi fa male? Il discepolo ammise di non saperlo. Al che il rabbi aggiunse: SE NON SAI COSA MI FA MALE COME PUOI DIRE DI AMARMI?
Dobbiamo sapere che cosa fa male e che cosa fa bene ad una persona, se davvero diciamo di amarla.
Questa modalità di vero incontro e conoscenza concreta del prossimo viene praticata anche da Gesù.
Gesù invita anche noi ad essere disposti all’incontro, ad avere orecchie per sentire ed occhi per vedere il nostro prossimo.
Questo per dire che i nostri sì o no – per esempio sì, è giusto estendere la benedizione delle coppie anche agli omosex o no, non è giusto – non cadono nel vuoto, ma si applicano sempre a situazioni concrete, a persone in carne e ossa, che hanno un nome, un cognome, un indirizzo, una storia.
Le discussioni puramente dottrinali invece sono impostate in modo da obbligare ad una risposta schematica: o sì o no. Impongono un aut aut, insomma, al quale non sembra esserci alternativa. Gesù sfugge a questa dinamica, invitandoci a metterci concretamente nei panni del prossimo, ad appropriarci della condizione di chi soffre.
Se in questa occasione ci limitassimo a un dibattito puramente teorico sull’omosentimentalità, non ci incammineremmo sulla strada che ci ha indicato Gesù.
Vi citerò dunque degli esempi concreti di cui, purtroppo, è costellata la nostra vita di omosessuali. Il nostro gruppo è venuto in contatto con due donne: Piera e Carla.
Sono due donne che si amano e che non possono vivere insieme, nella stessa casa, perché fortemente osteggiate dalle loro famiglie che sanno della loro relazione ma non vogliono che si renda pubblica.
Il marito di Carla ha inoltre minacciato di non farle più vedere la figlia se mai dovessero andare a vivere sotto lo stesso tetto. Così hanno comprato casa, una di fronte all’altra, due case separate appena da una strada. E’ da undici anni che vivono in queste condizioni, in attesa che la figlia di Carla compia la maggiore età.
Mi domando quanto farebbe bene a certe famiglie che tollerano ma non accettano, che amano ma non accolgono sapere che la relazione di Piera e Carla è stata benedetta dalla loro comunità.
Così come benediciamo ogni altra relazione fondata sulla cura, sulla condivisione delle gioie e delle sofferenze di chi abbiamo scelto per compagno Ad un’etica fondata su delle presunte verità, cioè delle ideologie, dovremmo opporre un etica fondata sull’amore.
Una cultura che pone il servizio, il rispetto e l’affetto alla base della mia capacità di confrontarmi con gli altri. Così, io non mi confronto più con un’altra persona in base ad un dogma, ma in base all’amore che esiste nella mia vita.
Questa modalità ci fa anche comprendere qual è il modo più adeguato per capire e giudicare le situazioni altrui.
Nel caso specifico chiedo: chi può arrogarsi il diritto in nome di un etica cristiana di non chiamare amore la cura verso l’altra, il rispetto, il sostegno, la comprensione di Piera e Carla che vivono così da undici anni, nascondendosi dietro il termine omosessuale usato come una spada?
Omosessuale è un termine vuoto che rischia di non farci vedere la realtà. E’ già accaduto nella storia con l’uso improprio di termini quali negro, comunista, ebreo e zingaro. Omosessuale non ci fa comprendere l’anima di Piera e Carla.
Quando il centurione andò a chiedere a Gesù la guarigione per il suo servo, forse Gesù gli chiese che tipo di relazione lo legasse a costui? E quando parlò con la samaritana, non avrebbe neppure dovuto rivolgerle parola se si fosse lasciato sedurre dalla tirannia delle parole vuote.
Termino dicendo che l’amore di queste due sorelle, dal mio punto di vista, è già benedetto dal Signore. Dio sa bene quanto amore e comprensione esiste nella loro vita, sono coloro che rimangono arroccati nella loro ideologia a non comprenderlo
Ma alla mia comunità chiedo di valorizzare e riconoscere ogni legame fondato sull’affetto e sull’amore reciproco. Io credo che quando due persone si amano veramente, l’intero universo dovrebbe fermarsi e stupirsi per questo miracolo.
Infine, vorrei dire che sono certa del fatto che un giorno anche noi omosessuali avremo gli stessi diritti delle altre persone, perché Dio è sempre stato dalla parte dei deboli, degli indifesi e di coloro che sono orfani di ogni giustizia. Quale battaglia è mai stata persa avendo Dio al proprio fianco?
Il dibattito attuale è già la prova che ci siamo incamminati verso la cultura dell’amore. Per questo vi ringrazio, sono certa che proseguendo sulla via tracciata da Gesù la nostra comunità non potrà che trovarsi dalla parte dei giusti.